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Tutti contro tutti nella guerra del vaccino

Tutti contro tutti nella guerra del vaccino

«L’antidoto» contro il virus sarà l’arma geopolitica e sanitaria più potente del futuro. Così, fra Stati Uniti, Russia, Cina ed Europa si è acceso un conflitto feroce, a colpi di attacchi informatici e spionaggio nei laboratori e negli ospedali. Perché la posta in palio è altissima: guarire il mondo. E dominarlo.


Li Xiaoyu e Dong Jiazhi, due ex studenti cinesi di ingegneria elettronica, sono ricercati dal 21 luglio dagli Stati Uniti per spionaggio ai danni di una società biotecnologica del Massachusetts e di un’azienda del Maryland impegnate nella ricerca di una cura al coronavirus.

Gli inquirenti accusano la coppia di pirati informatici di avere attaccato «la vulnerabilità delle reti di aziende biotecnologiche che lavorano sui vaccini del Covid-19» per impossessarsi dei dati «sui trattamenti e la tecnologia dei test». E lo facevano da gennaio, prima che la pandemia si allargasse a macchia d’olio, ricevendo «supporto da agenti cinesi dell’intelligence compreso un ufficiale del ministero della Sicurezza di Stato».

È la punta dell’iceberg di una guerra segreta per la corsa al vaccino, l’«arma» geopolitica e sanitaria che conquisterà il mondo. «La posta in palio è enorme. Non si tratta solo degli effetti sulla propria opinione pubblica, ma della capacità di influenza sui Paesi che hanno bisogno del vaccino: qualcosa che non si vedeva dalla fine della Secondo conflitto mondiale» spiega Agostina Latino, docente di diritto internazionale all’Università di Camerino e alla Luiss di Roma. La nostra inchiesta ricostruisce dunque lo scontro internazionale, senza esclusione di colpi, nella corsa per l’immunità al coronavirus, compresa l’Italia. Da Sputnik, il primo, discusso vaccino annunciato dai russi, al controllo militare cinese sulla ricerca, dall’operazione americana Warp speed alle intrusioni per carpire i segreti del programma di AstraZeneca, che coinvolge il nostro Paese, fino ai piani di manipolazione del popolo no-vax con l’obiettivo di screditare gli sforzi occidentali.

L’Italia in prima linea «Spionaggio? Lo do per scontato. È come ai tempi della prima bandierina da piantare sulla Luna. In questa corsa si somma l’interesse politico globale a quello economico e sanitario. La vaccinazione permetterà alle nazioni di uscire dai guai, facendo tornare a crescere il Prodotto interno lordo. Mi meraviglierei se non ci fosse una guerra sotterranea di intelligence» dichiara a Panorama Piero Di Lorenzo, l’amministratore delegato della società di Pomezia Irbm, che ha messo a punto il progetto del candidato vaccino Azd1222, ideato dallo Jenner Institute dell’Università di Oxford e poi lanciato dalla multinazionale britannico svedese AstraZeneca.

Il 17 luglio, il G.C.H.Q – quartier generale dell’intelligence inglese per la sorveglianza elettronica – ha lanciato l’allarme sullo spionaggio russo sui progressi del vaccino in cui partecipa il nostro Paese. Grazie al monitoraggio dei cavi di fibra ottica internazionali è stato individuato il tentativo di intrusione del gruppo hacker APT29, conosciuto anche con il nome di «Cozy bear». Stati Uniti, Gran Bretagna e Canada hanno svelato il complotto accusando l’Svr, il servizio segreto russo per l’estero, di utilizzare i pirati informatici per carpire informazioni sui prodotti candidati a fermare il coronavirus. Il Cremlino ha smentito seccamente, ma il ministro della Sicurezza pubblica canadese Bill Blair si è detto «preoccupato non solo per i russi che ci bersagliano, ma anche di altri attori stranieri».

Di Lorenzo conferma che «stiamo attentissimi e siamo attrezzati per evitare incursioni. Sia con un sistema anti-intrusione fisico, che contro chiunque tenti di penetrare tecnologicamente nel nostro lavoro». L’Aisi, il servizio segreto di controspionaggio, è mobilitato per garantire la sicurezza non solo della società di Pomezia, ma di ospedali e laboratori che lavorano al vaccino in Italia. La Difesa ha da poco costituito, senza fare pubblicità, la Task force Covid, che dovrebbe occuparsi anche della sicurezza della corsa all’antivirus per eccellenza. «È come ai tempi della bomba atomica e della deterrenza nucleare. Se hai il vaccino per primo, hai vinto e controlli il mondo, ma presentandoti come salvatore» dice una fonte militare.

Giampiero Massolo, ex direttore del Dis, che a Palazzo Chigi coordina le attività dei servizi segreti, sostiene che «non c’è solo il problema di mettere a punto un vaccino, ma anche la sua produzione, in miliardi di dosi, e la loro distribuzione. L’Italia ha intensificato la sicurezza cibernetica, l’efficacia delle contromisure, il lavoro assiduo per prevenire e blindare, ma la protezione assoluta, il rischio zero, non esiste».

Lo «Sputnik» del Cremlino Il 14 settembre sono state distribuite in Russia le prime dosi di vaccino, secondo il ministro della Sanità, Mikhail Murashko, anche se ci sono dubbi scientifici sui risultati pubblicati (vedere box a pagina 12.). L’11 agosto il presidente Vladimir Putin è stato il primo leader mondiale ad annunciare di avere realizzato il vaccino antivirus. Non a caso ha scelto di battezzarlo Sputnik V, un nome che riecheggia la corsa allo spazio durante la guerra fredda. E con un colpo propagandistico a effetto ha dichiarato di averlo somministrato anche alla figlia maggiore, Maria, medico endocrinologo.

Fra i tre laboratori russi che stavano studiando come fermare la pandemia, alla fine l’ha spuntata il Centro nazionale di ricerca epidemiologica e microbiologica N. F. Gamaleya di Mosca. «I russi sono venuti in Italia, a Bergamo, nel più grande focolaio d’Europa per osservare il virus e portarsi avanti nella corsa al vaccino» dice convinto Arduino Paniccia, esperto di strategia e fondatore della Scuola di guerra economica e competizione internazionale di Venezia.

A fine marzo, quando la pandemia infuriava tra Nembro e Alzano, il Cremlino ha inviato in Italia una missione militare con 19 aerei da trasporto per darci una mano. «E per studiare il virus nell’epicentro in vista del vaccino. Avevano laboratori biologici e la zona infetta, oltre che la popolazione, serviva da campione per raccogliere dati e informazioni fresche» confermano due fonti militari di Panorama.

Il generale Sergey Kikot era al comando della missione che ha sanificato paesi e case di riposo, e curato i contagiati nell’ospedale da campo degli alpini di Bergamo. La task force «ha una grande esperienza nella lotta alla diffusione delle infezioni virali» spiegavano dalla Difesa a Mosca. Il tenente colonnello Vyacheslav Kulish, per esempio, è uno specialista «nell’elaborazione dei mezzi di difesa contro agenti biologici virali e ha partecipato allo sviluppo dei vaccini per Ebola». Fra gli 87 militari russi c’erano due o tre ufficiali dell’intelligence.

Alla prova dei fatti, chi produce per primo un vaccino efficace esportandolo «afferma tutto il suo primato scientifico e tecnologico in un mondo in cui si stanno ridefinendo gli equilibri tra le nazioni, dovremmo dire tra gli imperi che sono rinati» fa notare Adolfo Urso, vicepresidente del Comitato parlamentare di controllo dei servizi segreti. «Chi vince si afferma come Paese guida che peraltro può decidere le modalità con cui “salvare” gli uni o gli altri, amici, alleati o anche nemici. E l’immagine del vincitore può apparire simile a quella del “redentore”».

La via (militare) cinese. Un obiettivo vitale soprattutto per la Cina, che «da sospetto untore della pandemia mondiale cerca di presentarsi come salvatore del mondo con un suo vaccino» sottolinea Agostina Latino. E per farlo non ha remore a utilizzare i servizi segreti e i militari. Il maggiore generale Chen Wei è una scienziata dell’Istituto di biotecnologie di Pechino, a capo della ricerca sul vaccino che comprende università cinesi, altre agenzie governative e la società CanSino Biologics di Tianjin.

Anche l’altro candidato cinese in corsa, prodotto dall’azienda Sinovac, fa parte dei «magnifici nove» entrati nella fase 3 di sperimentazione su migliaia di volontari, come AstraZeneca. Chen Wei e il suo staff si sono iniettati il vaccino e i militari lo stanno testando sui soldati dell’Esercito di liberazione popolare cinese.

Il 10 settembre il Dipartimento di Stato americano ha revocato oltre mille visti a studenti cinesi collegati alle forze armate di Pechino «per motivi di sicurezza nazionale». L’ultima operazione cinese scoperta dall’Fbi aveva come obiettivo l’Università della Carolina del Nord e altri campus, alla ricerca di informazioni sulle sperimentazioni degli americani. Il 22 luglio la Casa Bianca ha ordinato la chiusura del consolato cinese di Houston utilizzato, secondo l’Fbi, come base per agganciare esperti in città che lavorano ai vaccini. Anche le case farmaceutiche coinvolte nella ricerca, come Gilead Sciences, Novavax e Moderna, sono obiettivi dello spionaggio cinese, ma più difficili da attaccare con successo.

Ovviamente la reazione di Pechino è sdegnata, ma rivela i suoi veri scopi nei panni di «salvatore»: «Stiamo guidando il mondo nella ricerca su cura e vaccini» ha spiegato Zhao Lijian, portavoce del ministero degli Esteri. «È immorale colpire la Cina con voci e calunnie in assenza di prove».

Trump alla vigilia delle elezioni

Il 15 settembre il presidente americano Donald Trump ha annunciato che «avremo il vaccino molto presto, in quattro oppure otto settimane». L’obiettivo è propagandistico in vista del voto presidenziale di novembre. «Il vaccino potrebbe essere l’asso nella manica per un secondo mandato alla Casa Bianca. Un’arma elettorale» sottolinea Latino. Gli Stati Uniti hanno già firmato contratti di due miliardi di dollari con BioNTech e Pfizer per avere 600 milioni di dosi, 300 milioni con AstraZeneca e altri 100 milioni con Novavax. L’Italia ha prenotato solo 70 milioni di dosi e l’Inghilterra 340 milioni, cinque volte tanto la sua popolazione. Numeri enormi che serviranno, soprattutto alle super potenze, per giocarsi la partita geopolitica. «Potrebbe capitare che il vaccino diventi oggetto di scambio per alleanze o sfruttamento delle risorse e trattamento preferenziali per gli investimenti nei rapporti con i Paesi più fragili» spiega la docente della Luiss.

Gli Usa hanno lanciato l’operazione Warp speed, un riferimento alla serie tv Star Trek, per arrivare primi a ogni costo. «L’azione degli 007 in questo senso si muove su più direttive» dice Calder Walton, guru del Belfer Center in materia di storia dell’intelligence, geostrategia e relazioni internazionali.

In patria è schierato il National Center for Medical Intelligence (NCMI), con sede a Fort Detrick nel Maryland, che fa parte della difesa nazionale: epidemiologi, virologi e altri esperti che raccolgono da tutto il mondo informazioni sul virus e sui vaccini. La prima linea «è lo spionaggio. Con la pandemia i servizi segreti americani si sono specializzati nello scovare informazioni sui segreti dei paesi stranieri riguardanti il virus» sostiene Walton.

Ufficialmente i servizi statunitensi sostengono di non essere coinvolti in operazioni offensive contro la Cina e la Russia sulle ricerche relative ai vaccini. Però si «difendono» e nella guerra cibernetica o sulla raccolta di informazioni potrebbero danneggiare o rallentare il «nemico».

«Le potenze si spiano come e più di prima perché oggi più di ieri chi “conosce” domina gli altri. La maggiore risorsa sono le informazioni, cioè i dati, che noi dobbiamo proteggere se vogliamo tutelare le nostre libertà. Anche nella corsa al vaccino» osserva il senatore Adolfo Urso di Fratelli d’Italia.

Anche i più piccoli spiano

In maggio spie informatiche iraniane hanno tentato di violare la banca dati clinici della statunitense Gilead Sciences, produttore di un farmaco che potrebbe migliorare le possibilità di sopravvivenza dei pazienti gravi infetti dal Covid-19. Israele, attualmente al suo secondo lockdown, ha adottato un programma di sorveglianza digitale con tecnologia di localizzazione militare del telefono utilizzata dall’antiterrorismo, per mappare il contagio e allertare le persone che potrebbero venire a contatto con il virus. La Nato ha allargato l’intelligence dai «bersagli» militari ai tentativi russi di ottenere informazioni sui vaccini occidentali. E si sta preparando a contrastare un’altra ondata di disinformazione, che punterebbe a manipolare i movimenti no-vax in Europa. In maggio è diventato virale sui social media il documentario Plandemic con le più surreali teorie complottiste sul coronavirus.

Qualcosa del genere sui vaccini occidentali sarebbe devastante e potrebbe fare fallire l’obiettivo dell’immunità. «È in atto uno scontro visibile e un altro, molto più segreto, che ci sfugge, ma dove si combatte la guerra più feroce per ottenere informazioni preziose sulla corsa al vaccino» conclude Latino. «Spionaggio industriale all’ennesima potenza con un risvolto pratico immediato, come la corsa allo spazio per arrivare sulla Luna. Ed è una guerra di tutti contro tutti».

(Ha collaborato da New York Valeria Robecco)

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