Ogni anno in Pakistan 2.000 ragazzine cristiane e indù sono rapite, violentate, costrette al matrimonio e alla conversione. La Fondazione «Aiuto alla chiesa che soffre» ha istituito un fondo per dare assistenza legale alle loro famiglie.
Gentile signora Bianca Berlinguer, gentile Lilli Gruber, gentile Maria Latella e Myrta Merlino, mi chiamo Huma Younus sono stato rapita, violentata e data in moglie al mio sequestratore». Queste parole – immaginate – sono l’inizio della lettera che scriverebbe, se fosse libera di farlo, la ragazzina di 15 anni pachistana costretta a sposarsi e a convertirsi all’Islam. Il testo lo ha scritto e pubblicato la Fondazione pontificia «Aiuto alla chiesa che soffre» (Acs), su un’intera pagina di due quotidiani nazionali all’inizio di novembre per sollevare gli animi sulla piaga delle spose bambine.
L’appello era rivolto non solo alle giornaliste di successo, ma anche a conduttori televisivi come Bruno Vespa, Massimo Giletti, Paolo Del Debbio e Nicola Porro. Purtroppo è caduto nel vuoto. «Auspicavamo che la lettera-provocazione di Huma destasse una minima reazione nel mondo dell’informazione italiana» dice a Panorama il direttore di Acs, Alessandro Monteduro. «Il movimento #MeToo aveva lasciato ben sperare. Evidentemente era per tutte, tranne che per le donne cristiane oppresse dall’odio per la loro fede». In Pakistan, ogni anno, un migliaio di adolescenti cristiane, ma pure indù, vengono rapite e convertite a forza all’Islam per un matrimonio imposto a delle bambine.
Tabassoum Yousaf, donna avvocato di Karachi che rappresenta le giovani cristiane nel tentativo (non facile) di liberarle, sostiene: «In base alla mia esperienza, i casi del genere, compresi quelli non denunciati, sono circa 2.000 l’anno». La regione del Punjab è l’epicentro pachistano dei rapimenti di ragazze cristiane o indù forzate al matrimonio islamico. Huma è stata rapita nell’ottobre 2019 e costretta alla conversione all’Islam per sposare a forza il suo sequestratore musulmano, Abdul Jabbar.
«La ragazzina ha chiamato i genitori informandoli che è rimasta incinta a causa della violenza. Il padre le ha chiesto di tornare a casa, ma lei ha risposto che non può uscire. È imprigionata fra le quattro mura di una camera» ha spiegato Yousaf, la sua legale. Mukhtiar, il fratello del rapitore è nei Rangers, un’unità di sicurezza pachistana. «Ha chiamato la madre e il padre di Huma con videotelefonate mostrando loro delle armi e minacciandoli di morte se avessero continuato a cercare la figlia» rivela l’avvocato cattolico. «E sostenuto che se tutti i cristiani si coalizzassero per riavere Huma li ucciderebbe assieme ai genitori».
Sul piano giudiziario il tribunale di primo grado ha inizialmente chiuso il caso per mancanza di prove. Grazie all’appello, il 21 settembre è stato finalmente emesso un mandato di arresto nei confronti di Jabbar e relativi complici. Poi, però, la polizia ha cominciato a fare melina. Il cavillo di questa assurda storia è la competenza territoriale a causa del trasferimento di Jabbar e la sposa forzata dal distretto di Karachi a quello di Lahore.
«”Aiuto alla chiesa che soffre” ha istituito un fondo per l’assistenza legale alle famiglie delle adolescenti rapite» annuncia Monteduro. «Nove volte su dieci sono talmente povere da non poter neppure presentare denuncia alla polizia». Il progetto è realizzato in collaborazione con la Commissione cattolica per la giustizia e la pace del Pakistan. La raccolta fondi di Acs servirà a combattere la pressione esercitata dai gruppi islamici estremisti sui tribunali e l’atteggiamento fazioso della polizia, oltre ad aiutare psicologicamente le cristiane rapite e convertite a forza.
Una storia a lieto fine è quella di Arzoo Raja, sposa-bambina cristiana di Karachi, liberata il 4 novembre. A metà ottobre era stata sequestrata da Ali Azhar e costretta a convertirsi per il matrimonio forzato. Anche Maria Shahbaz, 14 anni, rapita e violentata, è riuscita alla fine a scappare dalla casa del marito imposto Mohamad Nakash Tariq. Che, secondo l’Alta corte di Lahore, sarebbe il legittimo sposo perché l’adolescente si era convertita all’Islam. Il clan del marito la considera un’apostata e invoca la sua uccisione.
Ancora: il 9 giugno 2019 la quindicenne cristiana Maria Masih è stata rapita e violentata da cinque musulmani, e le autorità all’inizio si erano rifiutate di aprire un’inchiesta. Asma Yaqoob è morta in seguito all’acido gettato in faccia dopo aver rifiutato di sposare un musulmano. E Razia Bibi a soli 12 anni è stata costretta a convertirsi per sposare un disabile islamico contro la sua volontà. La punta di un iceberg, che non interessa all’Occidente politicamente corretto.
