Un’isola in ostaggio di clandestini violenti che sovrastano i locali, pronti a lottare. Nel più lontano dipartimento d’oltremare di Parigi – in Africa – domina un pericoloso caos.
Il poliziotto di Emmanuel Macron, quando sostiene che l’Italia per la questione Ocean Viking si è comportata da «Paese nemico», si dimentica di raccontare che con la sua incapacità a fronteggiare l’immigrazione clandestina sta portando la guerra civile in Europa.
Il «poliziotto» in questione è il ministro dell’interno francese Gérald Darmanin, che all’Assemblea nazionale ha puntato il dito contro l’Italia (è toccato poi a Macron e a Sergio Mattarella svelenire il clima con dichiarazioni di circostanza sull’anniversario del «patto del Quirinale», totalmente disatteso dai francesi), a poca distanza da un altro intervento: quello della deputata Estelle Youssouffa, per metà francese continentale e per metà francese del territorio d’oltremare di Mayotte, cioè Africa, che si lanciava in un accorato appello per una mobilitazione «contro i terroristi che stanno mettendo a ferro e a fuoco la nostra isola».
Sì, parrà strano – anche perché certi media si guardano bene dal raccontarlo per non dispiacere né all’Eliseo né a Bruxelles – ma la Francia è in preda a una sorta di guerra civile. Mayotte, il centunesimo dipartimento dell’Esagono costituito da due isole principali (Grande-Terre e Petite-Terre) è una frontiera senza controllo. Masse di clandestini provenienti dalle vicine Comore, da Zanzibar, dal Mozambico, dalla Tanzania e dal Centro Africa si stanno riversando su Mayotte per diventare cittadini europei, intanto seminando morte e saccheggiando tutto ciò che trovano. Gli ospedali sono presi d’assalto: i clandestini ci fanno partorire le donne reclutate riducendole in schiavitù in modo che i neonati acquisiscano, in forza dello ius soli, la cittadinanza francese e per le leggi sul ricongiungimento intere famiglie siano ammesse sul territorio europeo.
Da anni la pressione dei clandestini sta mettendo in crisi questo remoto lembo francese (con ben tre referendum gli abitanti delle due isole hanno rinunciato a riunirsi alle Comore a cui geograficamente appartengono, per restare cittadini della République e pure europei), ma ora l’invasione è diventata un’aggressione a mano armata. La Francia non ne parla, l’Ue fa finta di niente, ma quella frontiera è la più sguarnita d’Europa e ora è diventata una trincea, un campo di battaglia, una linea di fuoco. Mentre Darmanin trattava l’Italia da Stato nemico, Estelle Youssouffa – che da anni insieme con l’altro deputato di Mayotte, Mansour Kamardine, a rischio della vita cerca di ottenere interventi a tutela della popolazione francese – dava questa drammatica testimonianza: «Il 16 novembre siamo stati attaccati: uno scuolabus è stato sequestrato da un gruppo di oltre 200 ragazzi che armati di machete hanno seminato morte e distruzione nella città di Mamoudzou (la «capitale», ndr.) dove si fronteggiano due bande rivali: i Kaweni e i Doujani. Un uomo è stato ucciso, un altro lotta tra la vita e la morte. Questi squadroni sono formati da ragazzini di 12 o 13 anni, sovente anche più piccoli, che si danno ai saccheggi e ai ferimenti. Vengono mandati avanti dai mercanti di schiavi per seminare il caos e far entrare i clandestini».
A Mayotte oggi su 260 mila residenti francesi (di cui la stragrande maggioranza è musulmana) ci sono oltre 400 mila clandestini. Le bande di ragazzini, secondo il locale procuratore della Repubblica Yann Le Bris, sono costituite in parte da minori che arrivano senza famiglia con i barconi dall’isola di Anjouan (Comore, primo porto d’imbarco dei clandestini), in parte da ragazzini che hanno acquisito la cittadinanza francese perché sono stati fatti nascere a Mayotte, in parte figli di clandestini che Nicolas Sarkozy non aveva voluto riconoscere quando era ministro dell’Interno (sostenendo che, data la grave situazione migratoria, la nazionalità non andasse automaticamente concessa ai nati da genitori irregolari). Sono bande di almeno 3 mila ragazzi che hanno conquistato interi quartieri e alimentano la guerriglia. Questo però è solo un aspetto della gravissima crisi di Mayotte.
I mercanti di uomini – quelli che i francesi chiamano passeurs – hanno preso il controllo anche dell’unico aeroporto della Petite-Terre, da dove fanno affluire altri clandestini. Parigi sembra incapace di fare alcunché. Gérald Darmanin, che tre mesi fa è stato chiamato d’urgenza a Mayotte, non ha risposte. Si è limitato a inviare 10 reparti speciali, i Raid, armati di bombe a grappolo anti-uomo che feriscono senza uccidere, cui hanno seguito 10 giorni di disordini continui con case assaltate e incendiate, negozi svuotati, persone ferite a colpi di machete per le strade. L’assalto decisivo è stato quello all’ospedale di Mamoudzou che, sostiene il deputato Kamardine: «è diventato la prima maternità d’Europa. Basti dire che ad Antananarivo, la capitale del Madagascar, pare ci sia un centro di reclutamento di partorienti poi trasportate a Mayotte. L’intento è chiaro: compiere una sorta di sostituzione di popolazione».
Lo stesso Darmanin ha stimato che da qui a 10 anni a Mayotte si potrebbe arrivare a 700 mila abitanti di cui originariamente francesi meno di un quarto. Un quadro preoccupante è quello tratteggiato dal ministro della Giustizia francese Éric Dupond-Moretti, che ha dovuto ammettere il fallimento dell’idea di costruirvi centri accoglienza e di educazione per i minori: in tre mesi c’erano stati 29 mila fermi di clandestini, 23.742 espulsioni, 325 operazioni di polizia, l’arresto di 324 passeurs e lo smantellamento di quattro bande criminali dedite al traffico di esseri umani. Sugli scogli di Mayotte (un tempo chiamata «isola della morte» perché i velieri affondavano all’impatto con la sua barriera corallina) sta naufragando la politica d’immigrazione francese. Mentre a Ventimiglia respinge i migranti invadendo anche il territorio italiano, mentre chiude i porti e accusa l’Italia per l’Ocean Viking parlando di nostra «disumanità», si trova a fronteggiare la rivolta delle banlieu e a subire questa guerra civile che espone l’intera Europa a un’immigrazione senza controllo e violenta.
La Francia paga il prezzo di essere stata potenza coloniale e delle contraddizioni che ne sono scaturite. A Mayotte, il più povero dipartimento francese, il reddito pro capite è di 8 mila euro, cioè quattro volte più basso che nel resto del Paese, ma è 12 volte superiore al reddito medio dell’area, un dato che da solo basterebbe a giustificare la continua aggressione della «Lampedusa dell’oceano Indiano», come ora la chiamano anche i francesi.
I residenti francesi si stanno organizzando attorno alla moschea di Mamoudzou, considerato ormai il punto di raccolta della resistenza dei mahorais (cittadini di Mayotte) che fanno bandiera della loro identità, per quanto variopinta: essere francesi di religione islamica che non hanno rinunciato alla propria lingua, un dialetto swahili. Il 55 per cento di loro – l’età media della popolazione sull’isola non raggiunge i 17 anni – non sa leggere né scrivere in francese, il che è indice di un altro fallimento di Parigi: la scolarizzazione. In definitiva, a fronte dell’aggressione continua dei clandestini e sfiduciati dall’inconsistenza dell’azione del duo Macron-Darmanin, i mahorais hanno deciso di fare da soli: si stanno organizzando in una sorta di Guardia civile pronta a battersi contro le bande coi machete. Così, dal lontano canale del Mozambico e «grazie» a una Francia che vuole indicare la strada per gestire l’immigrazione senza essere capace di difendere neppure sé medesima, l’Europa riscopre – oltre alla guerra ai suoi confini, con l’Ucraina – anche quella civile.
