Home » Attualità » Esteri » Quell’inaccettabile segreto sulle nostre armi all’Ucraina

Quell’inaccettabile segreto sulle nostre armi all’Ucraina

Quell’inaccettabile segreto sulle nostre armi all’Ucraina

Mentre Europa e Usa sono trasparenti su quali e quante munizioni forniscono a Kiev, l’Italia è reticente rispetto ai suoi invii (per non creare «malumori» politici). Ma è un silenzio che ci può tagliare fuori dalla ricostruzione del Paese.


Video e foto ufficiali dei militari ucraini mostrano all’opera un cannone FH-70 che lancia proiettili di 155 millimetri sulle linee russe. E si soffermano sul camion Iveco che traina il pezzo d’artiglieria italiano. Nel nostro Paese le forniture di armi all’Ucraina sono coperte da un assurdo segreto di Stato, come se fossimo ai tempi del generale Cadorna.

Il 17 gennaio scorso il ministro della Difesa britannico, Ben Wallace, ha annunciato in Parlamento che Londra invierà a Kiev centinaia di veicoli blindati per il trasporto truppe Bulldog. Il primo ministro, Rishi Sunak, aveva da poche ore dichiarato che in Ucraina farà arrivare anche 14 carri armati Challenger 2, rompendo per la prima volta il tabù di fornire a Kiev mezzi corazzati occidentali e moderni. Il Pentagono pubblica addirittura tabelle e grafici con la lista delle armi spedite in Ucraina. Sempre il 17 gennaio il primo ministro olandese, Mark Rutte, ha rivelato che manderà il sistema antimissile Patriot. E il presidente francese, Emmanuel Macron ha annunciato più volte l’invio di armi come gli obici semoventi Caeser. I paesi Baltici e la Polonia vanno orgogliosi dell’aiuto militare a Kiev e pure le nazioni del Nord Europa non nascondono il tipo di forniture.

«Un governo che ha vinto le elezioni dovrebbe avere il dovere politico della trasparenza informando l’opinione pubblica su qualità, quantità e costo delle armi per l’Ucraina» afferma Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa. «Oltretutto è ridicolo e imbarazzante che la propaganda ucraina mostri le nostre armi, coperte da segreto, in azione, o che quella russa faccia vedere quelle catturate in battaglia».

In vista del sesto pacchetto di aiuti bellici l’Italia è uno dei pochi Stati che tiene nascosta la lista degli armamenti. Una scelta anacronistica decisa dal precedente esecutivo. E, secondo una fonte militare, dettata dalla solita «paura» di provocare malumori politici. In pratica, tiriamo il sasso nello stagno della guerra, ma nascondiamo il braccio. «In realtà è un segreto di Pulcinella perchè fin dall’inizio sono circolate indiscrezioni, foto e video girati sul campo» spiega Gaiani. «Penso che i cittadini contribuenti, anche se parte dei costi è finanziata dall’Unione europea, abbiano il diritto di sapere che cosa inviamo agli ucraini».

L’ultimo segreto di Pulcinella, come lo chiama Gaiani, è il possibile invio di una batteria Samp/T, Aster, che ha «capacità di avanguardia nel contrasto delle minacce aeree e dei missili balistici tattici a corto raggio», si legge sul sito della Difesa, con un raggio d’azione di un centinaio di chilometri. Uno scudo del cielo per aiutare Kiev nell’arginare l’offensiva missilistica russa che punta ad annichilire le potenzialità elettriche e termiche del Paese, costringendo gli ucraini al freddo e al buio.

Il precedente premier Mario Draghi e il presidente francese Emmanuel Macron avevano ipotizzato un’iniziativa congiunta per fornire almeno una batteria così avanzata. L’Italia possiede solo cinque unità del genere, presso il 4° Reggimento artiglieria contraerea di Mantova. Il Samp/T è stato utilizzato per garantire la sicurezza del Giubileo a Roma e dispiegato in Turchia, non lontano dal confine siriano, durante la guerra all’Isis. La batteria può intercettare missili, caccia e droni, ma costa 500 milioni di euro oltre ai 32 missili Aster, 2 milioni ciascuno.

Fino a oggi abbiamo consegnato armi all’Ucraina che non superano il valore totale di mezzo miliardo. «Il problema è quanti missili abbiniamo al lanciatore» osserva Gaiani. «Se ne mandiamo pochi l’autonomia è di qualche settimana». Non solo: un Samp/T diventerebbe subito obiettivo prioritario dei russi e, se non ci saranno contractor italiani o francesi a farlo funzionare, ci vorranno mesi per addestrare gli ucraini. «Sulla segretezza c’è un precedente in direzione opposta» prosegue Gaiani. «Durante la guerra all’Isis in Iraq, abbiamo equipaggiato i curdi con i controcarro Folgore, un po’ vetusti, mitragliatrici e munizioni. Allora il ministro della Difesa era Roberta Pinotti del Pd e la lista è stata resa pubblica».

La corsa a rifornire di armi l’Ucraina sta accelerando, in vista del primo anno di guerra, il 24 febbraio, con nessun spiraglio di pace, almeno per ora. «Siamo in una fase decisiva. I recenti impegni per attrezzature da guerra pesanti sono importanti e mi aspetto di più nel prossimo futuro» ha dichiarato ai media tedeschi il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg.

Gli Stati Uniti sono i maggiori fornitori di armi a Kiev, con un esborso fino al 7 dicembre 2022 di 22,9 miliardi di dollari. L’ultimo pacchetto di aiuti annunciato da Washington (2,5 miliardi di dollari) prevede, per la prima volta, i veicoli da combattimento Stryker e probabilmente i mezzi corazzati Bradley. Il 15 gennaio scorso è iniziato in Germania l’addestramento di unità ucraine con personale americano. A Fort Sill, in Oklahoma, soldati di Kiev seguiranno per mesi un corso sull’utilizzo dei Patriot. Il generale Valery Zaluzhny, comandante in capo delle forze armate ucraine, ha reso noto che c’è bisogno di almeno 300 carri armati occidentali moderni. Il governo di Berlino fornirebbe i carri di fabbricazione tedesca, Leopard 2, se gli Stati Uniti accettassero di fare lo stesso con i loro M1 Abrams; Washington, però, ha escluso di inviarli per problemi logistici e di manutenzione.

Dallo scorso febbraio sono una trentina i Paesi che hanno aiutato militarmente l’Ucraina e l’Italia risulta il fanalino di coda fra le grandi nazioni Ue. Il presidente Volodymyr Zelensky ha ammesso che il suo Paese ha bisogno di 5 miliardi di dollari al mese per la difesa dall’invasione russa; l’Occidente lo ha appoggiato spendendo in un anno di guerra 100 miliardi di euro in armi, aiuti finanziari e umanitari. Intanto il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e il presidente di Confindustria Carlo Bonomi sono arrivati a Kiev il 12 gennaio per offrire «il nostro supporto alla ricostruzione delle infrastrutture e all’economia ucraina» ha dichiarato il capo degli industriali. La sua associazione ha aperto una sede nella capitale ucraina presso l’ambasciata italiana. «Nelle stesse ore è uscita la notizia sulla possibile fornitura della batteria di Samp/T » osserva il generale della riserva Giorgio Battisti. «È un “do ut des”, ma per lungo tempo partecipare a missioni internazionali puntando anche agli interessi nazionali è stato quasi un tabù».

A Leopoli, il 18 agosto, sotto lo sguardo attento del presidente turco Recep Tayyip Erdogan e di Zelensky era stato firmato un memorandum d’intesa sulla ricostruzione delle strutture dopo la guerra. «Il rischio è venire scalzati dai turchi già in prima fila» sottolinea Battisti. «Se diamo supporto all’Ucraina è giusto e doveroso partecipare alla sua rinascita, che per di più verrà pagata dall’Unione europea».

© Riproduzione Riservata