Vari Consorzi di bonifica, da Nord a Sud, sono sotto inchiesta a causa di spese di gestione sospette e pessimi esempi di amministrazione. E adesso, con l’arrivo dei fondi del Pnrr per intervenire su una rete storicamente inadeguata e piena di perdite, i rischi di malversazioni si moltiplicano.
Si sono trasformati in carrozzoni – però spolpati da chi li amministra – e vengono usati per alimentare filiere politiche di sottogoverno. E ora, nonostante i «buchi» lasciati spesso nei bilanci, i Consorzi di bonifica dovranno cimentarsi anche nella sfida della gestione dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il ministero delle Politiche agricole ha approvato 149 progetti esecutivi per rimettere in sesto il sistema di «veicolazione delle acque» che in molti casi era ridotto a un colabrodo. Le cifre sono da capogiro: 1,6 miliardi di euro.
E per i progetti già definitivi, una decina, sul piatto ci sono 89 milioni. Eccezione fatta per i consorzi siciliani che si sono visti bocciare 31 proposte su 31, tra le proteste della Regione guidata da Nello Musumeci. Ha fatto il pieno invece la Calabria, con 20 progetti ammessi a finanziamento, nonostante un «rosso», tra gli undici enti, da 40 milioni di euro.
E con la cifra che sembra «destinata ad aumentare», visto che i consorzi, «nella maggioranza dei casi, hanno contabilizzato delle posizioni di credito nei confronti della Regione di dubbia esigibilità». Il Documento di economia e finanze della Regione Calabria parla chiaro: «Nel corso del tempo, a causa di scelte discutibili in tema di gestione delle risorse umane, si è arrivati ad avere un costo per le spese di funzionamento, e del personale in particolare, che via via è risultato insostenibile rispetto alle reali risorse di cui gli enti potevano effettivamente disporre».
Nonostante le gravi criticità, le assunzioni, che derivano da vecchie gestioni clientelari di anni e anni di potere centrosinistra, sono continuate. E Quarta Repubblica, la trasmissione di Rete 4 condotta da Nicola Porro, ha scoperto addirittura una parentopoli con chiamate dirette di figli e nipoti di dipendenti.
In Calabria, però, non poteva mancare la ’ndrangheta. La procura di Catanzaro ha accertato che Antonio Gallo, soprannominato «il Principino», imprenditore considerato l’anello di congiunzione con alcune cosche, era riuscito a rifornire di dispositivi antinfortunistici i lavoratori forestali del Consorzio di bonifica Ionio-crotonese. Il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, il giorno dell’arresto, ha raccontato che «a casa sua sono stati trovati così tanti soldi che i finanzieri non hanno ancora finito di contarli». A Caserta, dove il Consorzio è particolarmente indebitato, si è scoperto che l’avvocato irpino Francesco Todisco, piazzato dal governatore campano Vincenzo De Luca come commissario straordinario, avrebbe spalmato subito una cinquantina di incarichi a consulenti esterni. Ma il faro della Procura, dallo scorso luglio, quando i carabinieri forestali si sono presentati nella sede del Consorzio di bonifica per portare via quella che la stampa locale ha definito una mole impressionante di atti, invece, sarebbe puntato sulle assunzioni.
A Bergamo, dove 40 milioni di euro del Pnrr saranno destinati all’adeguamento dei pozzi della rete e alla manutenzione straordinaria dei canali, sono finite nel mirino le spese di rappresentanza: per inaugurare la sede di Roggia Martinenga sarebbero stati spesi più di 30 mila euro, a Cascina San Giuliano di Medolago oltre 51 mila. Non solo: un libro dedicato alla Cascina, ha ricostruito l’edizione bergamasca del Corriere della Sera, a conti fatti, è costato 99.400 euro. Il tutto senza la consultazione di altri preventivi. I consiglieri regionali leghisti bergamaschi hanno chiesto l’intervento dell’assessore lombardo all’Agricoltura Fabio Rolfi.
Anche se dal Consorzio fanno sapere che il loro bilancio viaggia ormai sui 25 milioni di euro l’anno e che quindi quelle spese sarebbero quisquiglie, per dirla con Totò. A Pescara, invece, i bilanci del Consorzio di bonifica non sono floridi come quelli bergamaschi. Qui gli acquaioli del consorzio Aterno-Sagittario lavorano addirittura senza dispositivi di protezione e tagliaerba, ma l’ente li aveva riforniti di telefoni cellulari di ultima generazione, con tanto di 36 schede telefoniche aziendali. Gli investigatori della Guardia di finanza, seguendo le indicazioni della Procura di Sulmona, coordinata dal procuratore Edoardo Mariotti, stanno cercando di vederci chiaro. Le bollette sarebbero pure cresciute di anno in anno: dagli 11 mila euro previsti in bilancio nel 2019 ai 14 mila del 2020. E ora dovrebbe arrivare il conto salato del 2021.
Ipotesi di sprechi anche per il Consorzio di bonifica della Romagna Occidentale, dove alcuni dirigenti e funzionari in ruoli apicali avrebbero sfruttato i rimborsi anche per farsi accompagnare in taxi alla bocciofila durante le ore di lavoro. Sotto l’albero di Natale, insieme a una pioggia di fondi assegnati dal Pnrr, hanno trovato otto avvisi di conclusione delle indagini preliminari per peculato e truffa.
