Gli artisti italiani che hanno avuto un successo planetario prima della band che ha vinto l’Eurovision è lunga e vanta nomi come Pfm, Il Volo, i Righeira… Uno dei musicisti più popolari e conosciuti al mondo è Giorgio Moroder che, a 81 anni, continua a far ballare intere generazioni.
La voce sgraziata di Iggy Pop, icona senza tempo del lato selvaggio del rock’n’roll, che intona le strofe di I wanna be your slave dei Måneskin. Un duetto inimmaginabile solo fino a qualche mese fa, ma che fotografa esattamente la misura del successo mondiale della band romana: due miliardi e mezzo di clic per le loro canzoni sulle piattaforme streaming e un posto fisso nella Top 15 degli artisti più ascoltati sul pianeta.
Un trionfo senza precedenti che vale doppio, perché un conto è conquistare il mondo con il bel canto e la tradizione melodica italica, un altro è giocarsela utilizzando il linguaggio e i codici sonori del più anglosassone dei generi musicali, ovvero il rock.
Ne sa qualcosa la Pfm, prima rock band italiana in assoluto a superare il confine di Chiasso all’inizio degli anni Settanta, quando la musica non era a portata di clic. Dischi, concerti e recensioni sui giornali specializzati: queste armi con cui lo storico gruppo di rock progressivo si mise in marcia alla conquista di Giappone, Inghilterra e Stati Uniti. Un’impresa titanica, perché a quei tempi i concorrenti angloamericani si chiamavano Genesis, Rush, Jethro Tull, King Crimson, Emerson Lake & Palmer.
A testimonianza di quell’era rimangono oggi due album fondamentali come Photos of Ghosts e Chocolate Kings, oltre al leggendario Live in Usa, registrato durante gli show a Toronto e al Central Park di New York.
L’altra perla da esportazione del rock italiano sono i Lacuna Coil, il gruppo milanese nato negli anni Novanta: si è guadagnato un posto fisso nell’Olimpo delle heavy metal band che contano cantando in inglese. Ora sono un brand internazionale, una delle band più richieste nei festival metal americani e non solo.
L’incontro tra punk, elettronica e suono dei dj-set è invece il marchio di fabbrica del progetto The Bloody Beetroots, la creatura di Simone Cogo da Bassano del Grappa, che vanta milioni di copie vendute negli States, esibizioni trionfali nei festival di musica elettronica e una collaborazione cult con Sir Paul McCartney nel brano Out of sight.
Insomma, al di là dei soliti noti (Zucchero, Laura Pausini, Eros Ramazzotti, Andrea Bocelli, Ennio Morricone, Tiziano Ferro, Mario Biondi) la galassia della musica italiana che funziona all’estero è un caleidoscopio complesso di suoni e creatività. Una lunga storia di cui i Måneskin rappresentano l’ultimo e più eclatante capitolo.
Basti pensare alla popolarità mondiale delle musiche firmate dai Goblin, la band fondata nel 1973 da Claudio Simonetti e Massimo Morante, autrice delle colonne sonore dei film di Dario Argento: da Profondo Rosso a Suspiria e Tenebre. Superare il confine italiano con la musica non è però un’impresa semplice e nemmeno scontata. Ai ragazzi de Il Volo è andata molto bene, e adesso le loro esibizioni tra repertorio classico e aperture pop sono un format che funziona su larga scala.
Non esiste però un automatismo tra successo in patria e riscontri all’estero: lo dimostrano i tentativi anglofili fatti prima da Lucio Battisti con l’album Images, e poi da Franco Battiato con Echoes of Sufi Dances, che non hanno minimamente sortito gli effetti sperati negli States. Per tante ragioni, prima fra tutte l’oggettiva impossibilità di tradurre efficacemente i testi in inglese.
Totalmente diversa la traiettoria di Robert Miles, all’anagrafe Roberto Concina (morto a Ibiza nel 2017), produttore e deejay superstar con un singolo, Children, da cinque milioni di copie e un album, Dreamland, entrato nella Top Ten inglese nel lontano 1996.
Non da meno, sempre in ambito dance anni Novanta, i torinesi Eiffel 65 con un bottino da 15 milioni di copie vendute in tutto il mondo. E, ancora i Righeira, i padrini del tormentone estivo che hanno fatto ballare l’Europa intera al ritmo di Vamos a la playa, No tengo dinero e L’estate sta finendo.
Ma prima di tutti viene Giorgio Moroder da Ortisei, classe 1940, il produttore e artista pioniere della disco music, che ha portato al successo Donna Summer prima di vincere tre Oscar con la colonna sonora di Fuga di mezzanotte, con il brano What a feeling (dal film Flashdance) e poi con Take my breath away, la canzone che accompagna le imprese di Tom Cruise in Top Gun. Adesso, a 81 anni, si diverte a far ballare il mondo esibendosi in dj-set infuocati che tengono insieme tutti i suoi successi, da Call me di Blondie a Cat People di David Bowie. Giusto per ricordare chi ha spalancato le porte delle classifiche internazionali al talento made in Italy.
