Marisela Federici: «La festa è finita (per ora)»
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Marisela Federici: «La festa è finita (per ora)»

È considerata la sacerdotessa della Grande Bellezza perché nella sua villa romana tiene, da sempre, i party più esclusivi. Ora che c'è la pandemia confessa: «solitudine e silenzio non sono poi così male, conciliano la preghiera. Ma torneremo a scatenarci».


Altro che Marchesa Luisa Casati. Quando Achille Lauro si è presentato al Festival di Sanremo con lo spettacolare copricapo di piume e cristalli non si stava ispirando alla «Divina Marchesa» amata da Gabriele D'Annunzio bensì a lei, a Marisela Federici. L'ultima vera dama capitolina, la sacerdotessa della Grande Bellezza, l'icona glam della Roma godona. Nella sua spettacolare villa sull'Appia Antica, La Furibonda, si sono tenuti party lussuosi ed esclusivi e Gucci ha girato una celebre campagna pubblicitaria dove lei appariva con la strabiliante acconciatura copiata dal rapper. «Preferisco una festa al mese che uno psicoanalista alla settimana» soleva dire saggiamente la nobildonna. Allora, come scriveva Charles Dickens, «era il tempo migliore di tutti, era l'epoca dell'incredulità, era la stagione della Luce». Tutto questo è scomparso. Divorato dal virus. E nel giardino di rose antiche e pini secolari è rimasto solo il silenzio. «Eppure il silenzio è una delle cose più belle di questo momento terribile. Ti permette di sentire il dolore degli altri. E poi non è male stare zitti ogni tanto» ammette la contessa dal suo splendido rifugio.

Donna Marisela, come ha trascorso la quarantena?

Il 7 marzo ero a New York per il compleanno di mio figlio Edoardo, che vive lì. Stavamo preparando una grande festa per la sua nuova casa. Quel giorno hanno chiuso Milano. Ma in America ancora non c'era la percezione del pericolo. Andavo a teatro, vedevo qualcuno con la mascherina, ma sembrava tutto così lontano. Un problema dell'Europa.

Perché ha deciso di tornare in Italia?

Mio figlio mi ha convinta a rientrare. Ha capito che se il virus fosse arrivato lì la situazione sarebbe stata drammatica, come infatti è stata. Più morti che nella guerra del Vietnam. E poi sono una signora che supera i settanta. Ero doppiamente a rischio. Così sono passata da Londra, ho fatto la quarantena. Poi con un aereo privato sono tornata a Roma. Dove mi sono rinchiusa a La Furibonda.

Sola, soletta?

Con i miei devoti camerieri. Al mio fianco da 26 anni, ormai sono i famigli. Sono molto grata che siano rimasti. Conosco persone benestanti che invece hanno licenziato il personale. La trovo una cosa immorale, vergognosa. I più deboli hanno perso il posto di lavoro. E ora che la quarantena è finita torneranno a cercarli. Un comportamento imbarazzante. Al mio arrivo da Londra, per non rischiare di contagiarli, ho mantenuto le distanze anche con loro. Lascio le istruzioni scritte, hanno la mia carta di credito per fare la spesa. E poi da quando sono vedova mangio pochissimo e quel poco me lo preparo da sola.

Che cosa si cucina?

Bevo tè affumicato tutto il giorno e poi molte verdure crude. A pranzo una galletta di riso e formaggio di capra. Non capisco più l'ossessione per il cibo, per i ristoranti. Così come non ho mai capito le donne che fanno follie per gli uomini. Una persona equilibrata non ha bisogno del cibo o del sesso per sentirsi appagata. Puoi vivere molto bene amando solo te stessa.

Come si è sentita appagata durante l'isolamento?

Questo contenimento sociale non mi è pesato. Paradossalmente sono abituata alla solitudine. Mio marito Paolo Federici, grande finanziere, era sordo e mi ha insegnato il valore del silenzio. Abbiamo condiviso una bellissima vita di silenzi. L'unica condizione dove riesci a scoprire il meglio e forse anche il peggio di te.

E di sé cosa ha scoperto?

Il raccoglimento mi ha fatto rappacificare con Papa Francesco. Confesso che non sempre sopportavo questo Papa. Sono profondamente credente, ma non comprendevo il suo linguaggio. Quando ogni domenica diceva: «Pregate per me», pensavo ma che noia. Questo tempo di dolore mi ha fatto capire la sua grande missione, l'immenso coraggio. Un uomo onesto in un mondo molto difficile. Ripenso spesso al Venerdì Santo. Il Papa solo in una piazza San Pietro deserta. Il virus ha messo in ginocchio il mondo, ma Lui ha messo in ginocchio l'umanità a pregare. Anche chi non è credente in quell'istante ha avuto timore di Dio.

Così ci sta annunciando la fine della regina dei salotti?

In questo periodo ho pregato tantissimo. E piangevo. Non mi vergogno a dirlo. Cosa altro si poteva fare? Non potevi uscire né vedere nessuno, i figli erano lontani. Pregavo.

Contessa, lei non è più la stessa. come diceva una famosa canzone.

Adoro la gente, andare in giro e questa è una cosa nota, ma la mia natura è stare da sola. Comprendi molte cose. In questi due mesi complicati ho scoperto la vera anima di amici e conoscenti. Questa percezione te la dà la solitudine. Quando viviamo le nostre vite frenetiche, pranzi, cocktail, teatri non abbiamo tempo per nessuno. Per questo bisogna saper usare questo terribile momento. E non vedere tutto negativo.

Eppure per un po' ci scorderemo feste e mondanità..

Certamente, ma io non ho paura del contagio, piuttosto della banalità. Ho bisogno di avere gente intorno, ma dopo tutto questo dolore mi spaventa la superficialità, lo spreco. In fondo con le mie feste non facevo niente di male, davo da lavorare a tanta gente, regalavo una grande gioia di vivere. Oggi tutto questo è inopportuno. Mi ero detta: farò celebrare una messa all'aperto, come ho fatto altre volte. Poi ci ho ripensato. Verrei fraintesa e avrebbero ragione. Sono morte tante persone, da sole, negli ospedali. In un mondo che sta mutando pelle non voglio rinnegare nulla. Sono felice di quello che ho fatto, di come ho vissuto, ma voglio diventare più consapevole. Anche se è una parola che odio. Diciamo che desidero essere cosciente che sarà tutto diverso.

E più triste?

Più serio, equilibrato. Bisogna diventare saggi, stare attenti a non dare il cattivo esempio. Poi ti odiano, dicono: guarda questa imbecille che sta facendo le feste mentre la gente muore. Devi pensare che oggi chiunque può scrivere contro di te sui social. Bisogna imparare a non ferire l'umanità.

Allora cala il sipario?

Per ora sì. Penso al Teatro dell'Opera di Roma cui tengo molto. Riconosco il grande lavoro fatto dal sovrintendente Carlo Fuortes, che ha risanato una situazione economica gravissima. E ora si ritrova a mani vuote, le perdite sono enormi. L'Opera è per gente non giovanissima e chi vorrebbe andarci ha paura. Come si potrà sistemare il pubblico in platea dove le poltrone sono una accanto all'altra?

Ha avuto paura di ammalarsi?

Non per me, ma per i miei figli. Uno era a New York e Margherita a Milano. Entrambi purtroppo nelle città più pericolose. La loro lontananza mi ha pesato. Non posso negare l'angoscia, la mia inquietudine.

E a lei la solitudine non ha pesato?

Adoro il giardino. E poi quest'anno il verde è diverso, le fioriture sono più vigorose, la natura respira.

Come passa le sue giornate?

Ho orari molto strani. Faccio lunghi bagni. Dormo poco. A volte alle tre sono già sveglia, leggo, guardo vecchi film o parlo con mio figlio all'alba quando a New York è sera. Ascolto la santa messa. In tutto ciò ho trovato un grande senso di libertà. Non c'è un domani di impegni. Se passo una notte insonne, non mi devo preoccupare di arrivare a un pranzo con le occhiaie. Finalmente posso permettermi il lusso di godere del mio tempo. È come tornare a una vita primitiva.

In questo ritorno all'Arcadia ha rinunciato ai tacchi?

Non posso stare senza. Li tolgo solo quando vado in giardino. Ma mi dà fastidio. Non mi piace essere trascurata. Le mie mascherine si tingono di marrone e rosso per il trucco che indosso sempre. Anche se sono sola non mi posso vedere non bella, non perfettamente a posto. Unica concessione: tengo i capelli lunghi e sciolti.

Niente coiffeur a domicilio, come hanno fatto molte dame, violando i decreti?

Neanche per sogno. È una follia, una scemenza. Poi il parrucchiere va da qualcun'altra, che tu potresti contagiare. Che inutile egoismo. Tutti i giorni della mia vita ho fatto fisioterapia. In questo momento ho chiesto al fisioterapista di non venire. È una forma di rispetto. Non ho voluto mettere a rischio nessuno. E poi a me non è mancato nulla, né uscire, né tantomeno bar e ristoranti. Tutte scempiaggini. Io a gennaio ero in Venezuela a portare aiuti.

Com'è la situazione lì?

Dicono che non hanno contagi, ma non è vero. Non c'è nulla, neanche i tamponi. Sono andata via da piccola eppure mi sento ancora profondamente venezuelana.

E dal giardino della Furibonda come le appare l'Italia?

Non c'è un governo, non c'è una classe dirigente che prenda veramente coscienza di questo disastro. Il premier Conte si sta assumendo forti rischi, ma non so quanto sia stata saggia quest'apertura del 4 maggio. Io avrei aspettato fino a metà mese. Il problema è mondiale: manca un Paese leader. Non sarà più l'America e tanto meno la Cina. Che non potrà, non dovrà più essere la fabbrica del mondo.

Qual è il congiunto che ha incontrato per primo?

Nessuno. Voglio vedere i miei figli, appena sarà possibile. E poi vorrei chiedere un permesso per andare a sentire la messa a Santa Marta. E ringraziare personalmente il Papa di avermi pacificato e fatto tornare il santo timore di Dio. Per ora desidero solo questo. Poi si vedrà. Torneremo a scatenarci.

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Terry Marocco