Esce un volume di testimonianze e ricordi sull’opera e la personalità del grande politologo, già firma di Panorama, scomparso alla fine del 2020. La sua lucidità di analisi e la curiosità intellettuale, oggi, ne fanno sentire ancora più l’assenza.
Eretico rispetto all’ideologia dominante e di un’intelligenza mobile, curiosa, senza pregiudizi. È difficile riassumere un intellettuale così sfaccettato com’è stato Giorgio Galli; politologo che ha lasciato il segno nell’analisi su storie e distorsioni dei partiti italiani, ma al tempo stesso studioso ha esplorato la relazione tra un movimento quale il nazismo e il pensiero esoterico.
Se n’è andato lo scorso dicembre, a 92 anni, ancora lucido e con progetti a cui lavorava. Adesso lo celebra il bel libro Politica e culture «altre» – Giorgio Galli, l’intellettuale curioso (Biblion edizioni), con testimonianze, memorie di incontri, attestazioni di stima, a cura dell’Istituto Studi Politici a lui intitolato e che, soprattutto negli ultimi anni, è stato il centro delle sue attività.
C’è da ricordare che Galli, per quasi trent’anni, è stato una firma di spicco su Panorama, dove tutte le settimane affidava commenti e giudizi sull’attualità politica italiana. E la serie degli interventi del volume è aperta proprio da Maurizio Belpietro, direttore di Panorama, che nella prefazione riassume così il contributo di quel collaboratore prestigioso: «Ogni settimana, in una pagina, spiegava fatti come il bipolarismo imperfetto, i giochi del centrosinistra, l’arco costituzionale, le convergenze parallele, il compromesso storico».
In pratica, una bussola illuminante sulla storia politica di questo Paese, con i suoi rivolgimenti continui, i bizantinismi, i cambi di alleanze per quell’eterno obiettivo che è il potere. Nel libro si susseguono i contributi di colleghi di Galli che ne sottolineano profondità e coraggio del pensiero. Ecco che, per esempio, Mario Caligiuri evidenzia come in un saggio del 2015 lo studioso approfondiva in modo fulminante il concetto di «corruzione che non è una patologia ma rappresenta la struttura di gestione del potere (…) è diventata una struttura sociale poiché la logica del familismo amorale ha superato quella della cultura civica».
Tra riflessioni sui suoi scritti – dal terrorismo degli anni Settanta al nuovo potere globale delle multinazionali del web come Amazon o Google – si delinea così un ritratto vivido e fedele di un «maestro poliedrico», con la passione e la curiosità come metodo. Tra gli attestati più toccanti c’è di sicuro quello della moglie di Galli, la critica e curatrice d’arte Francesca Pasini. Che sottolinea l’interesse e le analisi recenti del suo compagno dedicate all’«economia informale», come possibilità alternativa, anche a livello individuale rispetto a un potere tecnologico che ormai pervade l’intera vita del pianeta. Aggiunge, in un cortocircuito «ad alta espressività» che mette in dialogo arte e politica: «Sono passati 500 anni dalla nascita di Raffaello e gli occhi del suo autoritratto ancora oggi pongono la domanda sull’idea di sé e del mondo. Raffaello e Giorgio Galli sono una buona guida».