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(Ansa)
Tecnologia

Sempre più gli italiani vogliono il nucleare. Ma la politica non ne parla

Un sondaggio racconta che il 44% si dice favorevole e la percentuale cresce a grande velocità. Qualcuno pensa ad un nuovo referendum ma al momento i partiti evitano il discorso. Che prima o poi dovrà essere affrontato

Lentamente, in poco meno di quarant’anni, noi italiani stiamo finalmente per tornare a ragionare in fatto di energia nucleare. A dirlo l’istituto Ipsos, attraverso un’intervista del Corriere all’amministratore delegato Nando Pagnoncelli, nella quale si dice che il 44% degli italiani considera le centrali nucleari attuali sicure e sostiene che si debba investire su questo tipo d’energia, come del resto accade da decenni a pochi chilometri dal nostro confine. Un percentuale non irrilevante ed evidentemente informata molto meglio di chi, nel novembre del 1987, con un voto di pancia lievitato nei mesi successivi all’incidente di Chernobyl – e politicamente ben strumentalizzato – condannò gli italiani a rinunciare all’energia elettrica a basso costo e, forse ancora peggio, tarpò per sempre le ali alla nostra esperienza e cultura nazionale – chiamatelo know-how - in fatto di esperienza nucleare. Ma intanto ieri il Parlamento europeo ha dato il via libera alla tassonomia che classifica gas e atomo come fonti energetiche verdi, e come tali possibili destinazioni di investimenti pubblici e privati. Il voto ha visto 278 delegati esprimersi per il no e 328 favorevolmente, mentre altri 33 sono stati gli astenuti. Giochi politici e ripicche a parte (l’euro compagine di Ursula Von Der Leyen scricchiola sempre), per bocciare il provvedimento sarebbe servita la maggioranza assoluta, quindi 353 voti. Significa che anche se gli astenuti avessero votato per cassare il nucleare e il gas, sarebbero mancati ancora una trentina di voti. I “talebani” del green sono stati i Socialisti e i democratici, mentre il Partito popolare europeo e i liberali si sono espressi a favore. Se guardiamo agli italiani, scontata la posizione di Pd e M5s per il no, mentre Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia hanno votato a favore. La prova evidente che non soltanto quello europeo non sia un governo che rispecchia l’espressione della maggioranza dei popoli, ma anche che il governo di Draghi oggi sia ancora più lontano dalle posizioni dei cittadini. Inoltre, e questo prova che non c’è scelta in fatto di politica energetica, la Von Der Leyen prima del voto aveva dichiarato che in caso di bocciatura sarebbe comunque stata presentata un’altra tipologia di tassonomia, poiché non tutti gli stati membri (a ben guardare nessuno) può permettersi il percorso di transizione verso la “neutralità climatica” sognato dai benpensanti verdi. Che non si rassegnano, tanto da annunciare il ricorso al Consiglio europeo che potrà bocciare la decisione di ieri se saprà raccogliere l’opposizione di 20 Paesi su 27, corrispondenti ad almeno il 65% della popolazione dell’Unione. La scadenza è l’11 luglio ma le speranze di togliere gas e nucleare dalla lista, fortunatamente sono scarse, come ha sottolineato il premier ceco Petr Fiala, presidente di turno dell'Ue, che in vista del voto ha dichiarato: “L'energia nucleare e il gas come fonti di transizione per una serie di Paesi membri sono l'unico strumento che consentirà nei prossimi anni di raggiungere gli obiettivi climatici”.

La cultura dello sviluppo è stata cancellata

Non illudiamoci, la strada verso un’Italia con nuove centrali nucleari è lunghissima; tuttavia, appare un segnale promettente il fatto che la percentuale di favorevoli aumenti, consci dei limiti delle rinnovabili – come l’instabilità dell’idroelettrico in caso di siccità – e del fatto che da Chernobyl alle centrali francesi appena oltre le Alpi passano quarant’anni di tecnologia e sicurezza. Lo sforzo maggiore pare oggi quello di strappare alle sinistre il primato ideologico del verde e della finta sostenibilità del quale si sono impossessate. Come se chi ha idee politiche liberali o comunque diverse da loro non ami l’aria pulita o non sia preoccupato del clima, o ancora non ambisca ad avere un automezzo meno inquinante. Proprio l’altro ieri abbiamo sentito il presidente Mattarella dire, a proposito della sciagura della Marmolada, che “non abbiamo il controllo del clima e bisogna fare di più”, come fosse possibile regolare l’inclinazione dell’asse terrestre o l’intensità delle tempeste magnetiche che di questi tempi provengono dal sole. Certamente il riscaldamento globale esiste, ma che la causa antropica sia quella determinante è da dimostrare, e comunque nessuno dei Paesi in via di sviluppo (con miliardi di persone), è disposto a seguire la Ue nella sua politica eco-masochista, rendendo vani i nostri sacrifici. Così le tesi che danno l’uomo per unica causa dilagano mentre chi ragiona, da Zichichi a molti altri, sostenendo che si tratta di un fenomeno molto complesso e dovuto in prevalenza da altri fattori, viene bandito dall’informazione mainstream. Lasciando emergere il vero scopo di questa ideologia: spaventare e suscitare il senso di colpa umano verso il clima, abituare all’idea di una società nella quale non sarà più possibile disporre di cose normali come un automezzo privato a basso costo e ci sarà un generale livellamento al ribasso degli stili di vita. Per capire basta un’occhiata alla storia della pubblicità: 1990, quella di un motorino dopo la promozione a scuola; 2022, che evento farsi portare un panino a casa da un ciclista che pedala a cottimo. Un’occasione fenomenale per fare il lavaggio del cervello alla gente e orientare le masse, per emarginare chi pensa con la propria testa.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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