La guerra nello spazio la sta vincendo l'Ucraina (con i satelliti occidentali)
Difesa e Aerospazio

La guerra nello spazio la sta vincendo l'Ucraina (con i satelliti occidentali)

Guardare dallo spazio terreno, mezzi, uomini, obiettivi è la vera risorsa forte della resistenza ucraina, come ci spiega

Arrivati ormai al trentesimo giorno di guerra non ci sono più dubbi sul fatto che Vladimir Putin abbia sbagliato tutti i calcoli in merito all’invasione dell’Ucraina. Mentre i treni adibiti con apposite celle frigorifere si dedicano al trasporto dei soldati russi morti con una media di 380 cadaveri ogni giorno, la Russia scopre di essere debole non solo sul terreno e nell’intelligence (clamorosi gli errori di sottovalutazione nonostante la lunga gestazione dell’operazione), ma anche nello spazio dove era certa di poter godere di una netta superiorità mentre di quella aerea ne abbiamo più volte scritto.

Se è vero che missili Javelin e Stinger in dotazione all’esercito ucraino hanno fin qui rallentato l’avanzata russa la differenza (quella vera) la stanno facendo le infrastrutture spaziali e prova ne è che ogni giorno vengono diffuse su tutti i media immagini provenienti da satelliti che in precedenza venivano gelosamente custodite e mantenute classificate da parte delle agenzie di intelligence e della difesa. La possibilità di seguire giorno dopo giorno l’andamento della situazione in Ucraina e Russia dallo spazio ora è possibile grazie al contributo informativo che arriva da nuove entità private e commerciali che vanno ad aggiungersi ai sistemi gestiti dagli stati con capacità spaziale, fra cui l’Italia.

Un tema quello dei satelliti affascinante quanto complicato che esploriamo con Leonardo Alberto Dal Zovo co-fondatore e CEO di Studiomapp, società di geointelligence nata con la missione di accelerare la transizione verso un futuro sostenibile e sicuro specializzatasi nell’analisi di immagini satellitari tramite algoritmi di intelligenza artificiale che per le sue soluzioni ha ottenuto riconoscimenti da parte di agenzie del Dipartimento di Difesa degli Stati Uniti, NATO Communication and Information Agency, Airbus ed altre organizzazioni internazionali.

Tradizionalmente i satelliti erano oggetti molto pesanti (diversi quintali o addirittura tonnellate), complessi e costosi da realizzare e da lanciare con il tempo poi tutto è cambiato. Come?

«Con l’avvento della miniaturizzazione e l’avanzamento tecnologico, abbiamo assistito nell’ultimo decennio alla diffusione di diverse tipologie di “smallsat” in orbita bassa (da 300 km a 1000 km sopra le nostre teste), che possono pesare da poche centinaia di chilogrammi fino a pochi grammi, ed è quindi diventato sempre più veloce, meno complicato e meno costoso realizzare e mandare nello spazio un gran numero di satelliti. I vantaggi di questo nuovo approccio sono diversi e molto importanti: la resilienza dell’infrastruttura e quindi la capacità di sopportare danni e malfunzionamenti, fondamentali per garantire la continuità di servizio; la capillarità con cui si riesce a coprire il territorio di interesse sia sotto il profilo temporale sia spaziale, che determinano la freschezza del dato acquisito; la velocità e l’incremento della banda per comunicare con e tramite i satelliti per scambiare o ottenere dati velocemente, che riducono la latenza nella fruizione delle informazioni acquisite; la qualità del dato, che si traduce nella pulizia del segnale e nella capacità di cogliere dettagli sempre più piccoli, come ad esempio nel caso di immagini con una maggiore risoluzione per ottenere uno zoom più alto».

Entriamo nello scenario bellico di questi giorni: cosa stanno facendo i satelliti?

«Nell’attuale fase ad alta intensità militare iniziata il 24 febbraio scorso si è intensificato l’utilizzo di satelliti di osservazione della terra in orbita bassa nell’area di operazioni per riuscire a monitorare gli spostamenti di battaglioni e mezzi militari in territorio russo, bielorusso, ucraino, e verificare lo stato di infrastrutture di interesse strategico come aeroporti, edifici, vie di comunicazione e centrali energetiche, incluse quelle nucleari. Già nei mesi precedenti in realtà, l’apertura di nuovi campi vicini al confine con l’Ucraina e il progressivo dispiegamento di mezzi avevano catturato l’attenzione dell’intelligence, ed evidenziato un trend di intensificazione del rischio di un’operazione militare».

Si parla molto anche dello sviluppo avuto dai sistemi radar un settore dove l’Italia sta recitando un ruolo di primo piano. È così?

<<La sempre più crescente offerta di servizi satellitari da parte governativa (sistemi duali, civili e militari) e dalle società specialistiche correlate spesso alle agenzie spaziali nazionali, hanno fornito un significativo impulso nel settore della “space economy” sviluppando metodi e tecnologie di sfruttamento del dominio elettromagnetico sempre più all’avanguardia. Alla tecnologia delle immagini ottiche sempre più dettagliate e dalle performance inimmaginabili solo pochi anni fa, sì è aggiunta la tecnologia radar (come SAR, Synthetic Aperture Radar), in cui l’Italia ha sviluppato un significativo know-how industriale, riconosciuto in tutto il mondo con le costellazioni di Cosmo SkyMed (CSK) e Cosmo SkyMed Second Generation (CSG) sviluppate dal MIUR, Agenzia Spaziale Italiana ed il Ministero della Difesa>>.

Impressionante anche la sviluppo dei sensori ottici. Può spiegarci come funzionano?

«I sensori di tipo ottico (passivi) sono concettualmente simili alle fotocamere digitali, anche se molto più avanzati e sfruttano l’illuminazione del sole per catturare la luce riflessa. La ricerca e lo sviluppo tecnologico derivato da tecnologia spaziale e militare hanno consentito aumentare la capacità di osservazioni, non solo all’interno dello spettro del visibile ma anche nel vicino infrarosso (nella porzione dello spettro elettromagnetico con lunghezza d’onda fra circa 400 and 1100 nanometri)».

Con quali risultati?

«Gli indubbi vantaggi di questo beneficio permettono ad esempio di distinguere molto bene la vegetazione, l’acqua ed altri materiali, da mezzi e sistemi mimetici all’aperto, grazie alla diversità delle loro caratteristiche chimico-fisiche, sebbene ciò non risolva ancora il problema della copertura nuvolosa e del buio notturno. Le costellazioni commerciali che operano con satelliti ottici oggi forniscono immagini la cui risoluzione geometrica, cioè le dimensioni del pixel (ovvero il quadrato che costituisce l’elemento fondante di una immagine) possono raggiungere i 30 cm di lato. Ciò permette di riconoscere diversi dettagli di un terreno osservato, come le tracce lasciate sul terreno nudo del passaggio di mezzi pesanti, i dettagli sulle condizioni di edifici colpiti da missili o da esplosioni e la presenza di mezzi militari e civili, arrivando anche all’identificazione».

Torniamo al conflitto bellico di questi giorni, come vengono acquisite le immagini?

«I sensori di tipo radar (attivi) producono onde elettromagnetiche e misurano la quantità di energia riflessa dalla scena illuminata. Per questo motivo, i sensori di questo tipo hanno il grande vantaggio di poter acquisire immagini indipendentemente dall’illuminazione del sole (quindi giorno e notte), ma anche dalle condizioni meteo e dalla copertura nuvolosa. Queste caratteristiche rendono l’uso del SAR molto interessante nello scenario ucraino, sia per l’elevata copertura nuvolosa del territorio per molti mesi all’anno, sia per la capacità di monitorare la presenza di mezzi e i loro spostamenti durante le ore notturne. Nonostante questi vantaggi, le immagini prodotte dai sensori SAR sono di più difficile interpretazione in quanto non restituiscono immagini a cui l’occhio umano è abituato a dare un significato, ma rappresentano in sostanza le caratteristiche chimico-fisico-morfologiche degli oggetti e sono rappresentate in bianco e nero (ampiezza del segnale) in accordo alla polarizzazione del segnale impiegata o alle metodologie di rappresentazione dei dati. Il segnale elettromagnetico impiegato dai radar utilizza anche la fase del segnale stesso che permette di evidenziare variazioni centimetriche ed anche millimetriche degli spostamenti di infrastrutture come ponti, edifici e del terreno (in particolare la subsidenza), che possono contribuiscono a riconoscere cambiamenti fra diverse acquisizioni temporali».

In questo modo si può osservare la superficie terrestre con lunghezze d’onda differenti?

«Sì, con entrambi i tipi di sensori i dati acquisiti dai satelliti (segmento spaziale) devono essere elaborati a terra (segmento terrestre) per mezzo di algoritmi di processamento specificatamente realizzati allo scopo di poter essere resi disponibili alla successiva fase di interpretazione, analisi e valorizzazione da parte di specialisti dei settori civili e militari. Parte dei processi di interpretazione e di analisi sono elementi lunghi, ripetitivi e soggetti a falsi allarmi che potrebbero invalidare la valorizzazione dell’informazione elaborata. A supporto di queste due prime fasi, sia in ambito civile quanto e soprattutto in ambito militare, sì impiegano algoritmi di intelligenza artificiale via via sempre più raffinati ed accurati che permettono di automatizzare le operazioni ripetitive, concorrendo e supportando il lavoro di analisi e quindi fornendo al “Decision Maker” informazioni tempestive ed affidabili»

Quanto è grande la macchina organizzativa che utilizza questi strumenti ?

«Un sistema di osservazione spaziale della terra non può prescindere da un grande sforzo organizzativo, tecnologico e finanziario che non escluda elementi di comunicazione tra le diverse articolazioni che lo compongono. Un ruolo cruciale per le comunicazioni nei teatri operativi lo svolgono le costellazioni come Starlink di SpaceX, la società di Elon Musk. La continua evoluzione della situazione sul campo necessità di un supporto alle comunicazioni da sistemi satellitari come l’accesso alla rete internet satellitare in banda larga a bassa latenza su tutto il territorio ucraino. Grazie a questa infrastruttura spaziale privata, le forze ucraine riescono ancora oggi a garantire, nonostante la distruzione operata dalle forze armate russe, le comunicazioni tra le articolazioni militari, per fruire in tempi rapidi delle immagini satellitari delle istituzioni internazionali e nazionali che supportano lo sforzo di Kiev e per la condotta delle operazioni aeree come il pilotaggio da remoto di droni. Le infrastrutture spaziali sono diventate sempre più fondamentali nella vita di tutti i giorni e hanno dimostrato di svolgere un ruolo di vitale importanza nei momenti di profonda crisi ed emergenze. In questo contesto è importante continuare ad investire per lo sviluppo delle capacità nazionali, in sinergia con quelle europee, e il contributo degli operatori privati sarà determinante per accelerare il raggiungimento dell’indipendenza tecnologica e della superiorità informativa».

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Stefano Piazza