guerra nucleare
(Ansa)
Difesa e Aerospazio

In caso di guerra nucleare il mondo finirebbe così

Uno studio americano racconta cosa succederebbe al nostro pianeta ed ai suoi esseri viventi se davvero si usassero i missili atomici

Una domanda che molti si pongono è che cosa succederebbe davvero se scoppiasse una guerra nucleare. A questa domanda hanno dato una risposta rigorosa scienziati del Centre for Computation and Technology dell’università della Lousiana simulando al computer gli impatti di un conflitto nucleare sul clima della Terra, gli oceani e la salute degli esseri viventi.

Allo stato attuale ci sono più di 13mila armi nucleari nel mondo possedute da nove nazioni. Di queste, la Russia, gli Stati Uniti, la Cina, l’India e il Pakistan hanno modernizzato e ampliato recentemente il loro arsenale, mentre la Corea del Nord e l’Iran puntano a costruirne uno. Gli autori dello studio notano che la stessa presenza di queste armi nucleari pone rischi di una guerra sconvolgente frutto di azioni non solo intenzionali ma anche inintenzionali: a parte la decisioni sconsiderate dei dittatori, le azioni degli hackers o i malfunzionamenti dei computer possono determinare lo scoppio di una guerra nucleare.

Dei conflitti possibili, i ricercatori hanno simulato quello tra Nato e Russia in aggiunta a quello tra India e Pakistan. Per quanto riguarda le morti dirette causate dai botta e risposta dal lancio delle bombe i modelli stimano la morte di un numero di persone che va dai 50 milioni ai 25 milioni, a seconda se le bombe lanciate sianoo di 15, 50 o 100 chilotoni. Vi sarebbe poi la necessità di ricoverare e curare milioni di persone, intere città diventerebbero inabitabili e prive delle reti di trasporto e delle infrastrutture mediche, finanziarie ed energetiche necessarie alla vita come la conosciamo adesso.

Il punto nuovo dello studio è che gli effetti di un eventuale evoluzione del conflitto Russia-Ucraina (o quello indo-pachistano) in guerra nucleare non sarebbero confinati a una zona subcontinentale e nemmeno soltanto al continente euroasiatico o asiatico tout court. La fuliggine prodotta dalle tempeste infuocate si disperderebbe per tutta la stratosfera assorbendo la luce e riducendo la radiazione solare sugli oceani. Insomma, la fuliggine farebbe da schermo al sole per un periodo di circa una decade. Nel caso di una guerra Nato -Russia l’assorbimento di radiazione solare a lunghezza d’onda piccola sarebbe di circa il 70 per cento con una diminuzione delle temperature di circa dieci gradi al picco (terzo anno dopo la fine della guerra).

La superficie dell’oceano risponderebbe molto più lentamente della terraferma alla diminuzione della radiazione con un massimo dell’anomalia nelle temperature a circa quattro anni dopo la guerra con una diminuzione di circa sei gradi alla profondità di 100 metri. L’oceano è la parte della Terra che sarebbe più sensibile all’acuirsi e al perdurare del conflitto nucleare Nato-Russia. Al massimo della sua estensione, il ghiaccio artico si espanderebbe di oltre dieci milioni di km quadrati fino a coprire il 50 per cento in più di superficie rispetto a prima della guerra. Ci sarebbero zone ghiacciate anche nel Mar di Giappone, Mar Caspio e Mar baltico, secondo il modello dei ricercatori americani, e alcuni porti, tra i quali quello di Copenaghen, San Pietroburgo e Tientsin (accesso via mare a Pechino) sarebbero bloccati. Gli impatti negativi sul fitoplancton, quegli organismi alla base della catena biologica che foto-sintetizzano e dunque dipendono dalla radiazione solare, produrrebbero un drastico calo delle popolazioni di pesce, molluschi e crostacei. Nel caso della guerra Nato-Russia, la biomassa globale diminuirebbe del 20 per cento nei primi 10 anni, proporzionalmente al declino del fitoplancton e del zooplancton.

Il calo delle temperature dal primo mese successivo alla prima detonazione nucleare, unito alla più bassa radiazione solare causerebbe un calo della produzione di cereali, frutta e altri alimenti vegetali. Tuttavia, gli oceani ci metterebbero molto più tempo della terraferma per ritornare allo stato pre-guerra nucleare, avvertono i ricercatori: dieci anni per la superficie marina e cento anni più in profondità. Questa sorta di età nucleare-glaciale, the “Nuclear Little Ice Age”, come la chiamano gli autori della ricerca, vedrebbe un calo delle temperature medie maggiore dell’ultima età glaciale sperimentata dalla Terra e non indotta dall’uomo.

Con la crescita dei prezzi energetici e dell’inflazione, la guerra in Ucraina ci ha finora mostrato quanto è fragile l’economia globale e la nostra catena di approvvigionamento. Una guerra nucleare ci mostrerebbe effetti catastrofici al livello globale, di cui forse prima di questo studio non ci rendevamo bene conto.

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Luca Sciortino