guerra ucraina
(Ansa)
Difesa e Aerospazio

Nel centro del mirino ora il confine con la Polonia, crocevia delle armi Nato

Difese aeree annientate in tre ore, invasione da tre direzioni. L'Ucraina non può resistere alle forze russe, e la volontà di essere armata dagli Usa complica le cose. A cominciare dal confine polacco, frontiera con la Nato

Difese aeree annientate in tre ore, invasione da tre direzioni. L'Ucraina non può resistere alle forze russe, e la volontà di essere armata dagli Usa complica le cose. A cominciare dal confine polacco, frontiera con la Nato

Uno squilibrio totale tra le forze in campo e quelle pronte per essere impiegate, nella preparazione dei reparti, nella possibilità di essere riforniti. Questi i presupposti che rendono suicida un'eventuale reazione dell'esercito ucraino agli attacchi russi della notte scorsa, anche se le forze ucraine sono meglio addestrate e armate rispetto al 2014, quando la Russia ha annesso la Crimea e alimentato il sanguinoso movimento separatista che presidia la parte orientale del Paese. Come dimostrazione di forza, nella mattinata di oggi l'aviazione russa ha persino fatto sorvolare in formazione e in volo lento le più importanti città ucraine da suoi velivoli militari in formazione, un chiaro segnale per dire che le difese aeree ucraine erano state annientate poche ore prima. Ma non soltanto: qualche ora prima dell'attacco, mentre si susseguivano attacchi informatici ai siti istituzionali, persino l'autorità aeronautica civile russa ha emesso un Notam (Notice To Air Mission), per informare eventuali traffici aerei che una porzione del cielo russo e ucraino, tra le città di Mariupol e Kharkiv, sarebbe stato interdetto a qualsiasi velivolo per ragioni militari. Qualche ora dopo bombe e missili hanno colpito le postazioni radar, gli aeroporti e i centri di difesa di Odessa, Sumy, Kharkiv, Dnipro, Zaporizhzhia, Mariupol, Berdyansk, Kherson, Mykolaiv, Ivano-Frankivsk, Zhytomyr, Chernihiv e Lutsk, oltre che a Kiev. Quasi tutti obiettivi a est del fiume Dniepr. che secondo la maggioranza degli analisti militari costituisce il probabile limite dell'avanzata russa, qualora non fosse accettato l'ultimatum di Putin rivolto ai combattenti nel Donbass per interrompere qualsiasi azione armata contro i militari di Mosca. Fiume la cui larghezza consente anche alle truppe anfibie di avanzare senza ostacoli da nord e poter arrivare fino al cuore della capitale.

La fanteria meccanizzata russa ha varcato il confine ucraino dalla Crimea e dalla Bielorussa, oltre che dal già occupato Donbass, mentre alcune navi starebbero attrarversando il mar d'Azov, le cui coste, se occupate, ne farebbero un piccolo mare completamente russo con tanto di porto a Mariupol. Fino a dove si spingerà Putin è il vero quesito che si stanno ponendo gli analisti, ma questo dipenderà principalmente dalle decisioni del governo ucraino di Zelensky. Sul piano navale, il porto strategico da controllare è Odessa, dal quale si può dominare più facilmente il Mar Nero. Lo scopo russo è chiaramente far cadere il governo di Kiev, ma al contempo fermando l'invasione a est del Dniepr i russi potranno costituire e difendere una fascia di sicurezza per le neo riconosciute repubbliche di Donetsk e Lugansk. Ci si chiede quindi se Putin, in mancanza di resa ucraina, sia disposto ad arrivare fino alla capitale.

L'Ucraina dal punto di vista delle risorse militari ha ricevuto armi e personale dagli Usa, tuttavia difficilmente potranno rallentare l'avanzata dei reparti meccanizzati russi, ed è facile immaginare che la frase del presidente russo Vladimir Putin “vogliamo demilitarizzare e denazificare l'Ucraina” sottintenda la volontà di colpire fino a quando non arriverà un segnale di accettazione delle condizioni poste. Da parte occidentale, non essendo l'Ucraina una nazione della Nato ci si limiterà alle peggiori sanzioni mai viste prima, ma sarà anche importante rassegnarsi alla fine delle velleità di una Nato allargata a dismisura negli ultimi 25 anni e rafforzare i confini orientali dell'Alleanza.

A buttare benzina sul fuoco c'è il segretario alla Difesa Usa Lloyd Austin, il quale ieri si è impegnato a continuare a inviare armi anticarro e altri aiuti in Ucraina, anche se la Russia espanderà la sua zona di controllo. Il punto è che non avendo più possibilità di operazioni aeree, se l'Ucraina dovrà essere raggiunta da velivoli occidentali, questi potrebbero essere intercettati dall'aviazione russa. Dunque sul piano logistico è un aiuto al momento inattuabile, come è oggi impossibile aumentare gli oltre 2,7 miliardi di dollari di forniture militari finora fatte affluire a Kiev. Senza spiegare come, il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price ha affermato che gli aiuti statunitensi all'Ucraina sarebbero stati aumentati in caso di ulteriore aggressione russa e che anche se il governo ucraino dovesse cadere, l'assistenza difensiva alla sicurezza sarebbe continuata. Una dichiarazione che certo non aiuta la diplomazia. Molto probabilmente ci si riferisce ormai a uno scenario post-invasione, ovvero Washington da per scontato che il governo ucraino cadrà entro breve tempo, caso nel quale sarebbe quindi inutile contare sulla collaborazione dell'attuale ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. Bisogna poi capire se armi importanti ed efficaci, come i missili Javelin mandati dagli Usa siano o meno ancora servibili, oppure se siano stati tra i bersagli colpiti in modo “chirurgico” dall'aviazione russa nelle ultime ore. Al momento non c'è stata alcuna dichiarazione di Oleksii Reznikov, ministro della Difesa ucraino, sui danni causati dai bombardamenti, se non che esisterebbero diversi depositi di armi leggere, caschi, missili terra-aria Stinger e lanciagranate che sono stati fatti passare dalla Polonia, dalla Lettonia e via nave dal Canada. I rapporti tra Usa e Polonia infastidiscono Mosca: dai confini polacchi sono passati i diplomatici americani in fuga dell'ambasciata di Kiev, mentre nel 2014 sempre da quel confine sono stati instradati equipaggiamenti militari. Infine gli Usa hanno sempre utilizzato strutture in Ucraina occidentale come luogo sicuro per gli osservatori militari che controllavano i combattimenti nella regione del Donbass. Evelyn Farkas, ex vicesegretario alla Difesa americana per Russia, Ucraina ed Eurasia, ha affermato che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky dovrebbe chiedere alle Nazioni Unite di approvare l'istituzione di una “no-fly zone” sull'Ucraina per cercare di arginare la totale superiorità aerea russa. Una possibilità per far arrivare altre armi per via aerea sarebbe quella di passare per la regione che circonda la città di Leopoli, molto lontana dal confine russo, poiché è improbabile che la Russia controlli o distrugga anche quell'aeroporto, a meno di un'escalation totale della “Operazione speciale russa” alla conquista dell'Ucraina dell'Est. L'ultima opzione sarebbe il fiume Danubio, sul quale l'Ucraina ha tre porti, poi risalendolo dal Mar Nero, dove però la presenza di unità russe è già una realtà.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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