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Cyber Security

Cyber crime: i numeri confermano l'ascesa

La Rubrica - Cybersecurity Week

I primi di gennaio la Polizia Postale e delle Comunicazioni e i Centri Operativi Sicurezza Cibernetica hanno pubblicato la sintesi delle attività per il 2022. I numeri che balzano agli occhi sono due. Il primo era ampiamente atteso dopo che ad agosto era stato fornito un dato infrannuale. Mi riferisco agli attacchi rilevati dal CNAIPIC ad aziende private, pubbliche e infrastrutture critiche. A fronte dei 5.434 casi rilevati nel 2021, al 27 dicembre del 2022, l’incremento rilevato era del 138 per cento pari a 12.937 aggressioni.

Pochi dubbi sul fatto che la crescita sia stata influenzata dalla situazione geopolitica complessiva, ma in generale tutti i report degli ultimi mesi confermano che il principale movente è sempre quello di carattere finanziario estorsivo.

A fare da pendant a questi numeri è la notizia della scorsa settimana dello smantellamento dell’infrastruttura della cybergang “The Hive”, specializzata nell’erogazione di servizi di “Ransomware as a a Service”. Un giusto plauso al successo delle forze dell’ordine, ma d’obbligo la riflessione sull’impegno che è stato profuso. Per raggiungere il risultato sono state impegnate le forze dell’ordine di dodici diversi paesi oltre ad alcune autorità regionali delle singole nazioni impegnate.

Le due notizie rendono evidente, ma soprattutto confermano, l’assoluta asimmetria esistente tra lo svolgimento dell’attività criminale e il suo contrasto. Da un lato, perseguire la delinquenza cyber implica uno sforzo su vasta scala, economicamente oneroso e con risultati non sempre definitivi (smantellare un’infrastruttura, infatti, non implica con certezza eliminare l’organizzazione); dall’altro, il crimine informatico continua ad essere poco punito e comunque decisamente redditizio. Proprio questa considerazione ci porta al secondo dato che mi ha colpito: quello che si riferisce alle truffe on-line. Nel confronto tra gli ultimi due emerge che i casi denunciati hanno visto un incremento del 3 per cento (da 15.083 a 15.508 casi), ma per converso le somme sottratte sono passate da circa 73 mila euro a poco più di 115 mila euro, in crescita del 58 per cento. Questo significa che per ogni singola truffa la “redditività” è significativamente aumentata.

Tenuto conto che nella maggior parte dei casi si tratta di raggiri che hanno coinvolto operazioni di commercio elettronico, il dato potrebbe essere facilmente associato a una maggiore propensione dei consumatori alla spesa “on line”. Mi sento di considerarlo un effetto collaterale di cosa significa digitalizzare un paese a tappe forzate senza preoccuparsi di favorire lo sviluppo di una cultura in materia. Per quanto sia una fautore dell’educazione esperienziale, in certe circostanze forse si potrebbe anche tentare qualche forma di prevenzione.

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Alessandro Curioni