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Elettrificazione del comparto automotive: che cosa sanno al Cipe che noi ignoriamo?

La decisione dello stop ai motori a combustione per il 2035 necessita di tecnologie soprattutto sulle batterie oggi sconosciute...

Elettrificazione del comparto automotive: che cosa sanno al Cipe che noi ignoriamo?

La decisione di vietare la vendita di automobili con motori endotermici dal 2035 anche in Italia approvata dal Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica), probabilmente si basa su informazioni riguardanti nuove tecnologie per costruire gli accumulatori che i nostri ministri hanno e che invece il resto del mondo ignora. E devono essere davvero delle belle novità riguardanti innovative generazioni di celle ricaricabili che promettono prestazioni eccezionali, ma al tempo stesso fatte con materiali relativamente poveri, altrimenti viene da pensare che l'importante per il governo sia ricevere i soldi del Pnrr facendosi vedere pro politica Euro-green, tanto tra cinque anni loro non saranno più nella scomoda posizione di dover decidere.

Per capire quale cataclisma perfetto in ambito sociale, ambientale e geopolitico sta producendo questa troppo rapida corsa all'elettrificazione abbiamo fatto un esperimento pratico provando cioè a capire da dove arrivano gli elementi contenuti in una batteria creata appositamente per l'autotrazione. Perdoni quindi il lettore una piccola parentesi tecnica. La cella scelta è installata su un'utilitaria giapponese con la quale negli ultimi tre anni e mezzo sono stati percorsi circa 150 km la settimana su 230 di autonomia massima (quindi pochi se parametrati all'utilizzo medio di un automobilista italiano), dei quali il 60% in autostrada alla modesta velocità massima di 100 km/h e il 40% tra città e stataili, alla velocità massima di 85 km/h. Senza risparmiare su condizionamento né sul (poco efficiente) riscaldamento invernale della vettura, il cui abitacolo in questa stagione diviene confortevole se a bordo ci sono almeno due persone che generano il proverbiale effetto stalla. Ma senza ignorare che la presenza di una seconda persona riduce l'autonomia di circa il 15% su una carica completa. Ebbene: la batteria dell'auto esaminata ha una capacità di 40 KWh e pesa 148 kg. Alla sostituzione la esaminiamo: tra tutti i componenti di cui è composta, essa contiene circa 40 kg di nickel, 20 kg di manganese, 16kg di cobalto e 10kg di litio.

Le miniere di Nickel sono presenti in Australia, centro e sud America e Africa, dunque l'impatto della sua estrazione, per quanto massiva, viene distribuita su vari continenti. Il litio invece è più raro e la sua estrazione avviene sovente pompando acqua ad alta pressione a circa dieci metri di profondità in zone che spesso sono ex laghi salati. Questo devasta l'ambiente e crea dissesti idrogeologici insanabili, ma siccome sono grandi aree, l'effetto si vedrà tra decenni.

Quanto al cobalto, le miniere più generose sono in Africa, dove però oltre il 75% dei giacimenti sono sotto il controllo della Cina. E anche in questo caso non esistono programmi per recuperare l'ambiente delle vene esaurite, semplicemente saranno abbandonate con piena devastazione dei luoghi e delle economie locali. Queste ultime, stando la grave situazione di corruzione che regna in certe nazioni, come il Congo per esempio, non vedranno certo un miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni. In compenso torneranno rapidamente in uno stato di povertà assoluta alla chiusura delle miniere.

Se poi consideriamo che per fare le nostre batterie non possiamo fare a meno dei materiali conduttori come il rame (che in maggioranza arriva da Cina, Perù e Cile), comprendiamo come domanda e offerta siano sbilanciate, tanto che negli ultimi dodici mesi il prezzo del carbonato di litio è aumentato del 450% e quello del cobalto di oltre il 100%.

Il vero dramma è che per ogni domanda che viene avanzata dal mercato, nelle giungle che sono presenti in molte di queste nazioni ricche di materiali nobili bisogna costruire le strade per i mezzi escavatori e di trasporto, bisogna scavare gallerie, spianare le colline, realizzare villaggi per i lavoranti, e prima ancora negoziare concessioni per l'estrazione con governi ma anche con milizie e tribù locali. Operazioni che, dalla scoperta del giacimento al suo sfruttamento, durano almeno 5-8 anni. Significa anche, almeno secondo quanto dichiarato dal Fondo monetario internazionale, che entro la data fissata dalla UE e accettata anche dal Cipe le nazioni esportatrici di queste materie porteranno a casa 13.000 miliardi di dollari che di fatto saranno stati sottratti alle economie occidentali. Ovvero il 75% circa di quanto vale oggi l'economia del petrolio costruita in poco più di un secolo. E l'idea di produrre batterie in Europa non sarà che una goccia nel mare, così come il riciclo delle batterie esauste non porterà a un risparmio superiore al 10% della domanda entro il 2040. Il risultato sul piano politico è che diventeremo schiavi di queste nuove economie, Cina in testa, molto più di quanto siamo divenuti dipendenti dai Paesi produttori di greggio negli ultimi sessant'anni anni. Con la differenza che allora il mondo era differente e certe cose non potevamo prevederle, mentre oggi sappiamo bene che cosa accadrà, dove, quando e come. Non si vuole vedere il disastro perché i tempi sono tanto lunghi da far pensare che la situazione possa cambiare con l'arrivo di nuove tecnologie, fatto che tutti ci auguriamo ma che tendono a farci dimenticare che per avere un'automobile efficiente, con emissioni minime di inquinanti a un costo economicamente sostenibile da quasi tutte le classi sociali, l'umanità ha impiegato quasi due secoli. Unica soluzione sarebbe far convivere le tecnologie per molto tempo, lasciando all'evoluzione tecnologica il tempo di rendere prodotti affidabili da affidare alla preferenza del mercato.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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