Fashion Books: le collezioni in sfilata dei grandi della moda
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Fashion Books: le collezioni in sfilata dei grandi della moda

Copertine monocrome con, al centro, elegante preciso ed essenziale, il nome e logo dei marchi di moda che hanno avuto la capacità di raccontare e creare una svolta nel costume della società, e un sottotitolo evocativo: sfilate.

Le edizioni Ippocampo hanno pubblicato autorevoli raccolte di percorsi moda entusiasmanti e difficili da eguagliare, citando ad esempio Yves Saint Laurent, Chanel by Karl Lagerfeld, Prada, Louis Vuitton e Versace.

Alcuni frutto di epoche colte, dove la bellezza in senso ampio fa parte di un Rinascimento umanistico globale, e l'abito (con l'accessorio) ne è l'ultima ramificata espressione. Altri, entrati nella Bibbia della moda perché hanno indovinato i cambi vorticosi dell'era contemporanea e si sono dedicati con camaleontica flessibilità ai mutamenti identitari ed estetici, senza smarrire il passaporto cromosomico.

Sfogliare pagina dopo pagina di ognuno dei libri diventa un viaggio emozionale che si nutre nel particolare ma cresce esponenziale verso un grande insieme, come se la visione stessa, che si lascia pregustare passo dopo passo, prenda un senso più alto e ampio alla fine del percorso.


Libertario, anarchico, ha fatto saltare in aria le basi della società, trasformandola: Yves Henri Donat Mathieu-Saint-Laurent (raccontato da Suzy Menkes, Olivier Flaviano, Aurélie Samuel e Jéromine Savignon) è stato affascinato da sempre dalle donne, dalla loro magia di essere tante in una sola, dalla loro capacità di moltiplicare le maschere e di passare da un ruolo all'altro.

«La mia più bella storia d'amore siete voi» dichiara lo stilista che ha usato la moda e gli abiti per raccontare la sua vera amicizia con loro. «In questo mestiere, a volte la moda passa in secondo piano. Quello che cerco di comunicare è l'arte di vivere. Naturalmente lo si può fare attraverso i vestiti, ma arriva un momento in cui si cerca un rapporto più autentico e un dialogo più profondo».

Fin giovanissimo Yves Saint-Laurent viene riconosciuto come un talento eccezionale, con una storia professionale cominciata a diciotto anni, premiato da International Woolmark Prize e assunto come assistente di Christian Dior. Dopo aver fondato la sua etichetta omonima, Saint Laurent comincia a dare alle donne la stessa libertà di cui godono gli uomini, diventando un vero anticipatore della fluidità di genere e di stile – rivoluzionaria da tutti i punti di vista – e fonte primaria di ispirazione per tutti gli stilisti a venire, insieme all'esempio di Madame Coco Chanel.

Hanno fatto la storia i completi smoking al femminile abbinati a camicette di cotone bianco con il colletto chiuso da un fiocco di raso, i tailleur con pantalone (anche corto), diventato poi anche modello pijama e altrettante derivazioni dandy della sartoria da uomo, come le giacche da marinaio, i blazer dalle spalle squadrate, le sahariane, le modificazioni geometriche di cappotti, soprabiti e cappe, i pezzi biker e sportivi, tante uniformi per il viaggio e la vacanza.

Applaudito e amato da clienti ultra chic che desideravano fascino, poesia, eccesso e stravaganza miscelate in una fusione elegante tra moda e arte. Una unione che il designer porta a un livello incredibile, assimilando l'arte e riproponendola nelle sue creazioni. Da Mondrian, Van Gogh, Matisse, Picasso, Velásquez Chagall, fino Warhol e gli omaggi alla pop art oppure con citazioni su Proust, Shakesperare e i vari poeti, tanto appassionanti da fargli dichiarare quando nel 2002, all'età di 65 anni, decide di lasciare: «Non ho più niente in comune con ciò che è diventato il mondo della moda, che si è ridotto a vetrine da riempire. L'eleganza e la bellezza sono ormai bandite».

E nulla si può replicare vista la quota altissima di glamour e sex appeal in chiave elegante degli abiti cocktail e gran sera, una profusione in bellezza di velluti, broccati, lamè, piume e paillettes con lavorazioni di alta sartoria, spesso scenograficamente abbinati a copricapi couture oppure ornamenti per capelli ideati dal famoso coiffeur Alexandre de Paris, che lavorerà al fianco di Yves Saint Laurent per tutta la sua carriera. I colori ricchi e profondi bastano da soli oppure si magnificano di ornamenti e decori nei viaggi mentali in giro per il mondo, creando intere collezioni, dall'opera e balletto russi, quella romantica spagnola, dalla Cina e dall'India, con tocchi di esotismo animalier e decori leitmotiv di fiori farfalle e pois.


Il libro raccolta dedicato a Chanel prende in considerazione il periodo di tutte le sfilate sotto la direzione creativa di Karl Lagerfeld, dal 1983 al 2020 (introdotte e raccolte da Patrick Mauriès e Adélia Sabatini), che si fa carico del compito di perpetuare infine la sua eredità col passaggio del testimone a Virginie Viard, proprio come lui ha fatto con quella di Coco.

Riconosciuto come lo stilista più influente degli ultimi anni, ha avuto in comune con Chanel sicuramente il fatto di avere, entrambi, finito per incarnare realmente la propria visione della moda e di uno stile identificabile a colpo d'occhio. Una eredità da condividere non facile, legata a un brand che veste da lunga data le più grandi attrici e le donne più eleganti al mondo e che ha degli intramontabili da preservare e da mantenere appetibili con il trascorrere del tempo.

Nato ad Amburgo da una famiglia alto-borghese, dopo le esperienze con Pierre Balmain e Jean Patou, diviene stilista indipendente e collabora con Chloé, Krizia e le sorelle Fendi, oltre a creare numerosi costumi per la danza, per l'opera e per il cinema.

Con il suo immenso talento è riuscito a spiegare ciò che Chanel ha fatto a suo tempo alle nuove generazioni, inserendo, un po' alla volta, dei cambiamenti e reinventando alcuni codici della Maison.

La sua visione di moda si concentra su colletti, cintura e punto vita, spiazza con spettacolari cappelli couture realizzati in collaborazione con Philip Treacy, sforna tuniche mini abiti e abiti da sera rock e bohemian, look militari e garçonnes, lussuose tenute da sport. Rivisita le proporzioni del tailleur nell'era della minigonna, prova la giacca orizzontale e la abbina addirittura alle t-shirt oppure sopprime gli emblematici bottoni dorati.

E sempre Karl Lagerfeld propone la famosa borsetta di Chanel in una svariata quantità di materiali, forme e proporzioni e si affida all'abilità degli artigiani métiers d'art per creare pezzi unici, dalle calzature alle borse, che sfilano protagonisti accanto ad ogni look. Introduce l'Intimo Chanel e porta coulotte, corpetti e reggiseni nello stile Chanel classico con una buona dose d'irriverenza.

Gli accessori e i bijoux si moltiplicano, spiritosi, nell'usare la doppia C e il Numero 5, le camelie e i nastri, andando ad ornare il sexy femminile moderno, un misto di severità e frivolezza, androginia e glamour, in viaggio da Parigi a New York, in Asia e in Africa, nel Far West e a Cuba, verso fiabe nordiche, fra la Dolce Vita romana e l'austera Salisburgo austriaca.

«La nuova regola è che non ci sono più regole, non c'è più nulla di proibito» dichiara Karl Lagerfeld dopo essersi concesso una Coco Pop coloratissima, un effetto neon barocco, lo stile rapper, una moda ecologica e un'altra digitale.

Quando arriva il turno di Virginie Viard, dopo una lunga collaborazione insolitamente come braccio destro e anche sinistro di Lagerfeld, la nuova direttrice artistica mette a frutto i suoi studi di storia dell'arte e di pratica di sartoria teatrale, la sua esperienza negli atelier assieme alla voglia di rinfrescare gli aspetti iconici e quelli meno noti della potente maison Chanel, che ora racchiude una doppia eredità, il dna di Gabrielle "Coco" Chanel e di Karl Lagerfeld, due giganti della moda.


Nel caso di Miuccia Prada, la moda è sempre stata una passione ma anche un gioco serioso per esplorarsi con curiosità, talora ribelle e anticonformista, ed anche uno dei mezzi per diventare sperimentatrice disciplinata e pensatrice applicata.

Susannah Frankel racconta una fra le personalità più influenti che da sempre ha esplorato, in modo colto ed artistico, una estetica di contrasti e contraddizioni, riguardanti le molteplici sfaccettature della femminilità ma anche del ruolo che le donne rivestono nella storia; in una visione profonda e anticipatoria che ha editato un intero universo, oltre che semplicemente abiti.

Lei è perfetta per essere l'esempio trascinatore anche oggi, dove la platea d'ascolto è diventata l'intero mondo, mentre una volta ci si rivolgeva poco più che agli appassionati e agli addetti ai lavori.

Prada evolve in un percorso e un successo pazzesco, se si pensa che tutto è cominciato da una It Bag, lo zainetto di nylon, in contrasto con il suo gusto della designer per il vintage anni Cinquanta, un debole per la sartoria maschile e le uniformi militari, gli ornamenti e le lavorazioni couture curate nel dettaglio.

Gli amici intimi la chiamano Miu Miu - tanto che il soprannome diventa brand – e la sua sensibilità unica e la voglia di non fermarsi solo sulle tendenze in corso, la portano a diventare una tra le più grandi sperimentatrici, una delle prime a dialogare con il design e l'architettura e a fare dell'arte il suo intimo dna, l'eredità che vuole per sempre lasciare.

Moderna e aggiornata, coniuga in maniera raffinata e discreta il bon ton e lo stile alla capacità di osare, una certezza data dalla sapiente misura con la quale alterna assenza scientifica di decorazioni a lavorazioni iper couture ornamentali.

La gonna al ginocchio, le pieghe, le linee dritte o ad A, le calze, i riferimenti agli Anni Cinquanta, il futurismo e il neo realismo, le suggestioni moderniste e l'Art Decò americano, sono temi che si reinterpretano ad ogni sfilata.

L'equazione lusso è uguale a divise destrutturate, scollature discrete, dolce romanticismo e minimalismo sincero e chic, ma si esprime ugualmente nel glamour oro e nero, nei look più cinematografici, sulle stratificazioni all'avanguardia, con le minigonne, in un animalier alla sua maniera e con bady-doll e culotte civettuole.

Il suo guardaroba concettuale e di design procede spedito con le svariate applicazioni hightech del nylon e con la funzionalità legata al mondo dello sportswear. I materiali sono scelti con cura per affrontare lavorazioni d'alto artigianato, in un dialogo aperto e sinergico con stampe grafiche e digitali, cartoon e spunti pittorici.

Le collezioni si concedono talora il lusso della vanità, con bijoux e ornamenti, hair look da copiare, accessori fatti per essere desiderati e non solo indossati. Fanno icona in sfilata, le Mary Jane e le scarpe piatte, i tacchi iper femminili, le eleganti zeppe, gli stivali, le scarpe maschili rinforzate, i sandali, gli stivali vittoriani, per poi arrivare fino a decise sperimentazioni sportive, in ogni modo pensate e costruite come un capo di abbigliamento.


Louis Vuitton in principio era il baule, la valigia, la borsa da viaggio, elaborato per gli amanti del lusso, successivamente, in una clutch da sera, in un secchiello o una borsa passepartout, riconosciti da tutti e desiderati perché equivalgono l'appartenenza ad una cerchia esclusiva.

Louise Rytter e Jo Ellison spiegano che lo sa bene Marc Jacobs, stilista statunitense arrivato a Parigi nel 1997 come primo direttore creativo con l'incarico di lanciare una linea prêt-à-porter partendo da zero.

«Non avevo niente, non c'era un archivio dei vestiti né delle scarpe né dei gioielli, solo borse e, soprattutto, valigie. Per la prima collezione siamo usciti con un lusso pacato, una ricchezza discreta - l'abbiamo chiamata la collezione zero – dove compare una sola borsa, la tracolla con il monogramma» osserva Jacobs, che in quindici anni ha portato il brand al successo nel gruppo LVMH controllato da Bernard Arnault, e passato poi il testimone al direttore creativo Nicolas Ghesquière.

Lo spirito ribelle di Jacobs però accende le collezioni successive, portando sul mercato scelte forti e fuori dagli schemi e mettendo al centro del nuovo prèt-à-porter le borse, coloro che determineranno il design dell'intero guardaroba: è un'autentica rivoluzione, che trasforma un semplice accessorio nel cardine dell'intero look.

Lo stilista attinge a piene mani all'iconografia pop, alla cultura di strada e all'arte contemporanea e si fa paladino dell'inserimento di strategiche capsule collection, invitando altrettanti artisti a collaborare. Dopo una versione delle borsa Monogram Vernis in rosso scarlatto, arriva il suo contatto Stephen Sprouse a scarabocchiare con il pennarello e graffiti, borse, sciarpe e vestiti. Il gesto è anarchico, ma è anche una geniale mossa di marketing per dare una scossa alla Maison e interessare le nuove generazioni.

Poi Jacobs sceglie l'artista giapponese Takashi Murakami, che interpreta il leggendario monogramma in stile manga e con coloratissimi motivi floreali, poi trasformati in una serie di cartoni animati, in un sodalizio artistico che dura tredici anni. Fra le altre collaborazioni, quelle con l'artista americano Richard Prince e lo stilista giapponese Kansai Yamamoto, quest'ultimo ispirato al teatro kabuki.

Le silhouette dei capi moda sono super chic, hanno rimandi fiabeschi, sottili armature military, fanno viaggi romantici nel tempo, coinvolgono il punk rock e lo streetstyle, passando per influenze da era hightech spaziale e da un funzionale 'haute atleticism'. Con Jacobs avviene anche il lancio della prima collezione di orologi della Maison, dall'eleganza senza tempo, e nasce borsa Lockit, con il famoso lucchetto che permette di chiuderla a chiave (le edizioni limitate sono arricchite da manette d'oro e diamanti).

Nel 2013, il testimone di Louis Vuitton passa a Nicolas Ghesquière, di padre belga e di madre francese, pronto a una nuova direzione estetica, dopo aver maturato esperienza con le sue collaborazioni da Jean-Paul Gaultier, Myriam Schaefer, Pôles, Callaghan e Balenciaga.

Combinando il dna d'eccellenza artigianale a nuove suggestioni futuristiche e architettoniche, Ghesquière introduce la linea Crociera, la nuova it-bag Petite Malle monogrammata, e una moda architettonica rigorosa che sposa il mix di generi, con stratificazioni inattese, fascino bohémien, sfrontatezza urban rock, sportswear e rimandi al mondo dei videogame.

Quello che lui definisce «il nuovo casual, una fusione tra il sofisticato e l'atletico», ridefinisce anche il calendario delle uscite stagionali, meno soggette ai trend, portando avanti un nuovo concetto di guardaroba dove si può aggiungere nuovi capi a una collezione di preesistenti, quindi sommando i nuovi pezzi-chiave, capaci di accendere il desiderio, ai quelli vintage cui ci si affeziona. Negli accessori, ovviamente, si pensa ai porta devices ed escono le prime sneaker di Vuitton: grosse scarpe da running luxury con le suole di gomma.


Ultimo libro editato da Ippocampo, in uscita a Novembre, quello dei mitici Versace: la prima panoramica completa delle collezioni donna, dal debutto di Gianni Versace nel 1978 fino alle collezioni firmate da Donatella Versace.

«Guardare al passato non è mai stato così interessante. C'è un momento nella vita o nella carriera di ciascuno di noi nel quale, per evolvere, è necessario tracciare una linea e riconoscere quali sono le proprie origini. Questo libro rappresenta esattamente questo per me. Più di 40 anni di sfilate e una serie innumerevole di look tutti importanti allo stesso modo perché mi hanno portata ed essere dove sono ora. In questo libro trovate l'anima di Versace e sono così orgogliosa di condividerla con il mondo» scrive tutto d'un fiato Donatella Versace al curatore Tim Blanks.

Fondata nel 1978 dal fratello Gianni, la famosa casa di moda a conduzione familiare diventa un simbolo di lusso e sex appeal conosciuto in tutto il mondo, indossata dai personaggi più importanti degli anni Ottanta e Novanta, da Madonna alla principessa Lady Diana. Dopo la tragica morte di Gianni Versace nel 1997, Donatella assume il ruolo di direttore creativo di ogni prodotto che ha fatto la storia nel periodo delle top model, da Naomi Campbell a Claudia Schiffer, ed oggi con Gigi e Bella Hadid.


In attesa di sfogliare questo volume ricco di immagini incredibili di una delle case di moda più creative e riconoscibili di sempre, segnaliamo un ultimo volume che cambia l'editore, Flammarion, e che si presta ad essere una chicca inattesa: 'Miss Dior', scritto da Justine Picardie.

Miss Dior era per suo fratello, Christian Dior, una vera musa, discreta e coraggiosa, la sorella più giovane che stava nell'ombra dal palcoscenico dei lustrini. Catherine Dior era un'appassionata incondizionata di natura e fiori, proprio come lo stilista, con il quale condivideva un rapporto fusionale.

A lei sono state dedicate un immaginario di creazioni virtuose di haute couture, come l'abito mozzafiato omonimo creato per la prima volta nel 1949 e costantemente reinterpretato nel corso delle stagioni e il profumo a lei titolato. Questa storia intima ed emozionante mette in luce una forza vitale unica che ispira la Maison Dior oggi più che mai.

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Barbara Tassara