Paris Fashion Week: torniamo a parlare di vestiti
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Paris Fashion Week: torniamo a parlare di vestiti

Cani robot che interagiscono con le modelle in passerella da Coperni. Cavalli di razza che entrano al galoppo a pochi minuti dall’inizio della sfilata da Stella McCartney. Talvolta è la moda stessa a rendere difficile parlare di moda. Come cantava Richard Gere, nei panni dell’avvocato del musical Chicago, a volte si tratta solo di un po’ di razzle-dazzle.

In questo spettacolo fatto di flash e lustrini, diventa imperativo tornare a parlare di vestiti. È quello che ha scelto di fare Demna, direttore creativo di Balenciaga, nella sua prima sfilata dopo le controversie che hanno scalfito l’immagine del brand. In un atto di contrizione, dove «la sartoria è stata la mia terapia», lo stilista è tornato a mettere gli abiti al centro del dialogo. Linee pulite, vestiti a tunica che ricordano Balenciaga degli anni Cinquanta, nessun logo e - sorprendentemente - neanche un paio di sneakers. Viene spontaneo chiedersi se quello a cui stiamo assistendo non sia la morte dello streetwear come lo abbiamo conosciuto.

Lo chiede anche Palm Angels, che sceglie di presentare la sua collezione autunno/inverno a Parigi. «Oggi la sua espressione (del brand, ndr) si arricchisce di un’accezione francese, preziosa e speciale» si legge nella nota data alla stampa. Non un’inversione di marcia o un rifiuto dello streetwear - cui il brand deve la sua genesi - quanto un’evoluzione, desiderata e necessaria. Sulla passerella sfilano così una selezione di capi autentici e di qualità ripensati in una chiave contemporanea, impreziositi da dettagli in metallo dorato che ne definiscono lo stile. Nella proposta femminile, la linea dei capi sartoriali è allungata e snella, con una silhouette asciutta. Le felpe diventano un segno e spuntano qua e là come simboli. L'uomo è altrettanto sofisticato, grazie alla reinterpretazione dei codici grafici del marchio nei tessuti, nelle finiture e nell’hardware.

Omaggia l’anatomia umana e quella dei vestiti anche Sarah Burton, direttore creativo di Alexander McQueen. La sua collezione per il prossimo autunno/inverno si racconta come «un’esplorazione della bellezza e del potere attraverso la sartoria e i tessuti sartoriali» con una particolare attenzione al taglio, alle proporzioni e alla silhouette. Le basi della moda.

E sono gli «eterni» codici etici delineati da Elsa Schiaparelli a ispirare il debutto pret-à-porter di Daniel Roseberry per Schiaparelli. «Una delle sfide del creare abiti in un'epoca di branding dilagante è onorare i suoi codici e allo stesso tempo non ridurli a loghi» ha dichiarato lo stilista che ha portato in passerella un guardaroba completo, dalle dalle camicie bianche in popeline agli abiti corti da cocktail in velluto, infondendo in questi classici l’arguzia, l’irriverenza e la controllata teatralità che contraddistinguono la Maison. Chic, senza paura.

Parte invece dalla classica cravatta nera, l’esplorazione di Pierpaolo Piccioli per Valentino. Il vestito nero, lo smoking modificato, la camicia bianca abbottonata, la giacca da sera, ogni singolo capo viene dissezionato, analizzato e reinterpretato in chiave moderna. Un discorso nuovo per «trasformare la limitazione di un dress code in una creatività personale». Guardando sfilare i capi di questa collezione, viene alla mente una frase del Dalai Lama: «Dobbiamo imparare bene le regole, in modo da infrangerle nel modo giusto». E solo Valentino, con il suo savoir faire può riuscirci così brillantemente.

Sceglie un approccio più intimista anche l’eclettico JW Anderson. La sua collezione autunno/inverno per Loewe punta così a enfatizzare la linea, la texture e il modo in cui i materiali interagiscono con la luce. Anche la palette si stempera con un tocco di pastello. I pixel della stagione precedente ora appaiono sfocati in una nuova idea di elementarità dove «un pezzo basta», declinato nella forma più semplice e possibile.

In questo nuovo approccio, dove un singolo dettaglio o un gesto creano la silhouette, viene introdotta anche una nuova borsa - «Squeeze» - realizzata in un’irresistibile e morbidissima pelle.

Infine, è Lanvin, la più antica casa di moda ancora attiva a Parigi, a riscoprire la «gioia del fare» in una collezione le cui evocazioni partono dal Rinascimento, passando per gli anni Quaranta fino ad arrivare agli Ottanta. Il cuore couture di Lanvin pulsa attraverso l'artigianato moderno nei ricami fatti a mano, nei tessuti esclusivi e nella maestria sartoriale.

Abilità, competenza e gioia si trovano e si vedono nella realizzazione - un atto impulsivo, come riconosce la poesia di Oldenburg: «Lay me in the shelf and let the thirsty eye decide» (Mettetemi nello scaffale e lasciate che sia l'occhio assetato a decidere, ndr).

(Photo by Victor VIRGILE/Gamma-Rapho via Getty Images)

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Mariella Baroli