Tutti gli indagati del Pd
ANSA/PIETRO CROCCHIONI
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Tutti gli indagati del Pd

Travolto da arresti e indagini, il Partito Democratico di Matteo Renzi si scopre vulnerabile. 51 gli esponenti indagati

Non sono più episodi di corruzione isolata e circoscritta ma fenomeni d’illegalità uniforme e manifesta.

Classificando e catalogando gli esemplari del Pd che negli ultimi mesi si sono meritati l’iscrizione nei fascicoli giudiziari è possibile elencarne 51.

Sono tutti prototipi di democratici travolti e sommersi da accuse giudiziarie. Non si tratta solo di un inventario d’indagati, per cui vale sempre la presunzione d’innocenza, ma di una mappa che da Varese a Marsala ha registrato arresti, indicato complicità indicibili e diaboliche sottomissioni.

La fatica è solo una: aggiornare il censimento, monitorare la statistica. Era infatti una specie di mammasantissima, la califfa della Basilicata, quell’ex sindaco del Pd di Corleto Perticara, Rosaria Vicino, arrestata il 30 marzo dalla Procura di Potenza.

Da sindaco, svelano i magistrati, aveva trasformato un borgo nel suo covo: truccava le primarie del Pd, si serviva dell’auto di servizio per andare dal parrucchiere, aveva ridotto i vigili urbani nel suo corpo speciale. L’inchiesta è la stessa, smaltimento di rifiuti illeciti, che a strascico ha provocato le dimissioni del ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi.

Accusata di ogni possibile reato contro la pubblica amministrazione previsto dal codice penale, questa vigorosa donna lucana e democratica, aveva domato perfino una multinazionale come la Total e i suoi manager a cui “segnalava” le maestranze: «Questi me li devi prendere, bello. Senza se e senza ma. Ti parlo molto chiaramente». E ancora più sciolta è stata quando doveva collocare suo figlio e ricordare il suo blasone al sottosegretario alla salute, Vito De Filippo, del Pd naturaliter, che non solo la temeva ma la venerava: «Rosaria bella! Una comandante sei. Una comandante!». Per dovere storico, va detto che De Filippo è stato già condannato nel 2015 dalla Corte dei Conti per spese regionali impazzite. Da presidente della Basilicata aveva speso 2300 euro in francobolli. Dimessosi nel 2013 proprio da governatore, De Filippo è stato chiamato al governo da Matteo Renzi per evidenti e provate competenze.

Attenti, sono i focolai di un’emergenza ma anche testimonianze di delirio amministrativo, opere di dissimulazione e impostura organizzata. Lo dicono e lo documentano i magistrati. Dietro la bandiera e l’integrità esibita di un partito, si stanno in realtà riparando i peggiori satanassi del mercimonio elettorale, la classe criminale complice e sodale dei clan di camorra e ‘ndrangheta.

Arresti

Come ha raccontato Carlo Puca nello scorso numero di Panorama, a Rende, in provincia di Cosenza, esisteva per i magistrati un “collaudato sistema ultradecennale ed un intreccio politico mafioso” oliato da Sandro Principe che di Rende è stato padrone per oltre cinquant’anni prima di scalare il cielo della politica e del Pd, sindaco, deputato, sottosegretario… E chissà dove sarebbe arrivato Principe se i carabinieri non lo avessero arrestato insieme all’altro ex sindaco Umberto Bernaudo e il consigliere comunale Pietro Ruffolo. Superfluo aggiungere che anche loro erano del Pd. I carabinieri hanno arrestato il passato? Era stabile e in carica, Domenico Consales, sindaco di Brindisi, fermato il 6 febbraio perché secondo i magistrati avrebbe intascato una tangente da 300 mila euro per favorire un imprenditore del settore dei rifiuti. A cosa gli servivano? A pagare i suoi debiti con Equitalia. E non certo si può parlare di sorpresa. Eletto nel 2012, Consales si era autosospeso nel 2013 dal Pd in seguito a un’indagine per truffa.

Non è solo astuzia meridionale. A Brenta, in provincia di Varese, lo scorso 13 gennaio la Guardia di Finanza ha arrestato il sindaco Gianpietro Ballardin per peculato e falso. Dall’inchiesta del sostituto procuratore Massimo Politi, il sindaco ha strizzato e chiuso un occhio all’ex comandante dei vigili urbani, Ettore Bezzolato, che invece di regolare il traffico preferiva svuotare la cassa comunale. Alla truffa hanno pure aggiunto la patacca. Insieme, per evitare di essere scoperti, hanno pasticciato una ricevuta contraffatta. E l’unico dispiacere è che non possono essere indagati per il reato di minchioneria.

Sindaco e prete

Per rimanere sempre nella commedia malandrina, a Bisceglie, in Puglia, è servito un prete per smascherare un insuperabile modello di trasformismo e di ribalderia. Si parla del sindaco Francesco Spina eletto con il centrodestra e transumato pochi mesi fa nel Pd insieme alla sua giunta. Per farsi sposare dal partito, Spina ha portato come dote 400 tessere, 400 clientes che rispondono al suo verbo e ai suoi comandi. Incompatibile? "Compatibilissimo" ha risposto il governatore Michele Emiliano che si è proclamato pastore di tutti gli sbandati di Puglia. Il mese scorso si è scoperto che Spina nel 2013 avrebbe minacciato il curato del paese Don Fabio. Voleva scegliere a suo posto la cooperativa a cui affidare l’asilo parrocchiale, gli uomini della cooperativa, il nome della cooperativa. Come dire, oltre a fare il sindaco desiderava spodestare Dio.

Camorra e politica

E davvero è finita l’alterità morale, l’identità di un mondo se uno storico come Luciano Canfora, satellite di sapienza e scienza antica, ex membro del Comitato centrale del Pci, oggi non può fare altro che ammettere che il «Pd è partito di governo ma anche asilo di corruzione». Apocalittico? «Bisogna pur dire una volta per tutte che questo partito non può più invocare la morale come valore. E si fa traffico di memoria ogni qual volta il Pd si appropria dell’eredità di Enrico Berlinguer. Io la chiamo eresia. Guardate il Sud…». Guardiamolo. A Casavatore, in provincia di Napoli, il 2 marzo, la Dda ha rivelato che il candidato sindaco del Pd, Salvatore Silvestri, ha usufruito della consulenza mafiosa di un uomo del clan Ferone e del nipote del boss Ernesto Ferone. Per tirare la volata a Silvestri i soldati del clan si davano il cambio della guardia di fronte al suo comitato elettorale e battevano i quartieri come i mandriani delle praterie. A Villa di Briano, in provincia di Caserta, riserva protetta dell’europarlamentare Pd, Nicola Caputo, eletto a Strasburgo con 85 mila preferenze, per i magistrati l’intero municipio era una dépendance del clan dei Casalesi e di ‘o Ninno, il boss Antonio Iovine.

A essere indagato per concorso esterno in associazione mafiosa è appunto Caputo e il suo uomo sul territorio, vale a dire il sindaco di Villa di Briano, Domenico Magliulo, un impresentabile perfino per “l’impresentabile” governatore campano Vincenzo De Luca, uno per cui le indagini sono multe per divieto di sosta. De Luca lo aveva prima candidato nelle sue liste poi lo ha depennato alla vigilia delle elezioni regionali. Perfino a lui era sembrato troppo.

Per rimanere sempre nello spazio campano, a pochi chilometri, a Casapesenna, il Pd ha sperimentato la speciale figura del mafioso-antimafia che ormai è repertorio italiano. Il 6 marzo, il sindaco Marcello De Rosa protetto dalle forze dell’ordine per minacce di mafia è stato indagato per aver aiutato la mafia. Sempre per la Dda di Napoli, De Rosa sarebbe stato eletto grazie allo sforzo dell’ex sindaco Fortunato Zagaria a sua volta indagato per concorso esterno in associazione mafiosa.

Intimidazioni e malversazione varia

Matteo Renzi è troppo affaccendato per occuparsi del partito? Sicuramente. Eppure nessuno meglio di sua sorella Benedetta Renzi potrebbe illuminarlo sullo spessore della nomenklatura democratica. A Castenaso, nella crassa e ricca Bologna, dove Benedetta, è assessore, il sindaco Stefano Sermenghi ha intimidito, nel dicembre 2014, il suo epigono di San Lazzaro di Savena, nonché compagna di partito, Isabella Conti. Da come ha denunciato questa donna di sicuro temperamento, il motivo dell’offesa sarebbe il suo fermo rifiuto di fronte a una speculazione edilizia che tanto stava a cuore a Sermenghi. «E a me questo Pd ricorda la Dc che combatteva Marco Pannella quando con un fulmine di genio parlò di corruzione democratica radicata. Non c’è ordine nel disordine. Si può seguire uno schema sparso e trovare la mala-amministrazione ovunque» dice ancora Canfora.

Nelle città ...

E allora andiamo a caso e in ordine sparso. A Siena, il sindaco Bruno Valentini è indagato per falso in atto pubblico e truffa aggravata e così Rimini, dove Andrea Gnassi lo è per turbativa di servizio pubblico. A Fiumicino, il sindaco Esterino Montino, marito della passionaria dei diritti civili Monica Cirinnà, è indagato per concorso in abuso d’ufficio. E poi Pescara dove al sindaco Mario Alessandrini si contesta il falso in atto pubblico per lo sversamento di rifiuti in mare; e c’è anche Predappio, il paese del Duce, con il suo sindaco che sogna di fare il museo del fascismo ma intanto è indagato per avere utilizzato l’auto del comune per i suoi spostamenti personali.

E pure nella bella e araba Monreale, in Sicilia, il sindaco del Pd, Piero Capizzi è stato il 2 marzo indagato per corruzione. Dicono i magistrati che da consigliere comunale, mentre la città si guastava sotto il caldo e i rifiuti, Capizzi ordinasse agli spazzini di smaltire la monnezza dei suoi elettori. Mai raccolta fu più differenziata di questa.

Menzione speciale: Sicilia

Merita una menzione speciale Rosario Crocetta e non perché al comando di una regione catastrofe come la Sicilia, ma perché negli ultimi due mesi, da governatore e dirigente del Pd, è riuscito a essere indagato per aver lasciato sbriciolare il Castello Svevo di Augusta (omissione di atti d’ufficio e danneggiamento del patrimonio archeologico storico) e rinviato a giudizio dalla Corte dei Conti per danno erariale (1 milione di euro) a braccetto con l’ex pm Antonio Ingroia. La Corte gli contesta 74 assunzioni nella società partecipata regionale Sicilia e-Servizi che non si sa a cosa serva eccetto quello di contribuire ad aumentare il debito di una regione.

Sono dunque solo scosse di cattiva politica? No. Semmai è la sismografia morale, lo stato d’inagibilità e di vulnerabilità di un partito a cui serve la profilassi e non solo le espulsioni. Matteo Renzi ritagli e conservi questi nomi. Più che costruire il partito della nazione qui occorre difendersi dal partito della mala-azione.


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Carmelo Caruso