Gli sprechi delle Regioni che hanno fatto notizia
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Gli sprechi delle Regioni che hanno fatto notizia

Gli enti e i loro consiglieri hanno spesso speso i soldi pubblici godendo del massimo anonimato. Ora il premier chiede una svolta

Da nord a sud, le regioni hanno rappresentato i veri centri di costo dello Stato. Una casta invisibile che ha maneggiato soldi, talvolta con troppa leggerezza e che oggi all'invito di Matteo Renzi di stringere la cinghia protesta. Dalla riforma del titolo V del 2001, le Regioni sono diventate i veri centri di potere dove si maneggiano gli affari più importanti e redditizi.

Dopo il primo scandalo di "er Batman" Fiorito nel 2012 che travolse la giunta Polverini alla Regione Lazio le inchieste si sono moltiplicate portando alla luce un sistema marcio, fatto più di vizi che di virtù, dove nei rendiconti dei gruppi consiliari di tutta Italia è finito di tutto: Rolex, penne Montblanc, mutande, libri, banchetti nuziali, ritratti personali e chi più ne ha più ne metta. I nostri consiglieri regionali non si sono fatti mancare nulla finchè ha pagato pantalone e adesso che Matteo Renzi ha deciso di dare un taglio ai trasferimenti statali i governatori minacciano di tagliare i servizi.


In Piemonte anche le sigarette

Non c'è regione che non sia finita oggetto di un'indagine. L'ultima in ordine di tempo è il Piemonte. Indagati sono dieci consiglieri della vecchia giunta guidata dal leghista Roberto Cota. Avrebbero usato – secondo l'accusa – fondi regionali per spese non legate all'attività politica. A farne le spese però è anche l'attuale giunta, visto che uno dei consiglieri indagati è Monica Cerruti (Sel), attuale assessore alle Pari Opportunità che avrebbe redicontato persino i pacchetti di sigarette e un navigatore satellitare. Un altro uomo della giunta Chiamparino a finire nel tritacarne è l'Assessore al Bilancio, Aldo Reschigna, al quale non sono state contestate irregolarità per la gestione dei fondi personali, ma solo per quelli destinati al gruppo. "Per il gup sono dottor Jeckyll e mr Hyde" ha commentato ironicamente Reschigna aggiungendo "non ho mai speso una lira per scopi personali".


In Emilia Romagna si comprano spazi in tv

Qui si andrà al voto nelle prossime settimane e le inchieste hanno toccato, salvo poi scagionarlo del tutto, anche uno dei candidati: Stefano Bonaccini, fedelissimo del premier Matteo Renzi. Alla regione i gruppi spendevano i soldi soprattutto per acquistare spazi in tv. Tutti: dal Pd alla Lega Nord. Anche il Movimento 5 stelle è stato colto con le mani nel sacco. La Corte dei Conti ha condannato il capogruppo grillino Andrea Defranceschi a risarcire 7600 euro per l'acquisto di spazi di programmazione disponibili dalle emittenti televisive, ma è Mauro Manfredini della Lega Nord che ha subito la condanna più grave: 70mila euro di risarcimento.


A Bolzano anche lo yogurt

Dopo vent'anni di governo indiscusso, Luis Durnwalder ha chiuso la sua esperienza con una maxi inchiesta sulla gestione dei fondi della Provincia autonoma di Bolzano. La Corte dei Conti gli ha contestato un danno erariale da 1,6 milioni di euro per i fondi utilizzati tra il 2004 ed il 2012. Nelle note spese dell'ex governatore altoatesino sono finiti lo yogurt, le cene, i fiori, due ritratti familiari, i fazzolettini di carta, le tasse sulla casa di sua proprietà e chi più ne ha più ne metta. Perchè la lista che gli inquirenti contestano a Durnwalder supera davvero ogni fantasia, ma lui ha sempre giurato essere tutto falso.


Le sedi distaccate a Bruxelles

Oltre alle spese dei singoli consiglieri ci sono altre voci che pesano sui bilanci regionali. Ad esempio le sedi distaccate a Roma e a Bruxelles che costano molto in termini di affitto e dove spesso lavorano pochi dirigenti. Per esempio, la Sardegna spende per la sede romana 260 mila euro l'anno, mentre per le due di Bruxelles 48 mila. La Regione Liguria che ha il suo ufficio di rappresentanza a due passi dal Senato spende 70 mila euro. La più spendacciona è la Sicilia per la sua sede belga spende 1 milione di euro l'anno.


Le società partecipate

Questo secondo Matteo Renzi è un capitolo dove regioni ed enti locali avrebbero molto da tagliare. Intanto il numero. Non si riesce neppure a contarle, tante sono. Ed il governo ha chiesto alle regioni di presentare un piano di riordino entro il primo marzo 2015. Quello che è certo è che, secondo le stime della Corte dei Conti, perdono 26 miliardi di euro l'anno. Molte sono nate per coprire servizi non essenziali o per riallocare personale rimasto a casa dopo la chiusura di altre partecipate. Ci sono quelle che organizzano mostre; gestiscono stabilimenti balneari; impianti di risalita; campi da golf; casinò; farmacie; assicurazioni e poi largo alla fantasia... Sono servite per dare una poltrona agli ex della politica, agli amici degli amici, ubriacate di assunzioni ma con bilanci spesso in profondo rosso. Senza le iniezioni di denaro da parte dei soci pubblici sarebbero andate all'aria presto. L'obiettivo del governo è quello di razionalizzare questa giungla di quasi (approssimativamente) diecimila società di Stato che nella stragrande maggioranza dei casi non svolge servizi essenziali come il trasporto, raccolta rifiuti, distribuzione di acqua ed energia elettrica.


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Sara Dellabella