Il caso Zambetti, la ‘ndrangheta e il mistero di Ossona
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Il caso Zambetti, la ‘ndrangheta e il mistero di Ossona

Viaggio nel paesino lombardo dove nel 2010 l’ex assessore arrestato ebbe un record di voti. Grazie alle cosche, dice la procura. Ma a prima vista il merito va a un grande elettore. Per niente mafioso.

Per alcuni reati «di scambio» non serve che il fatto si verifichi. Basta la promessa. E Domenico Zambetti, l’ex assessore lombardo alla Casa arrestato il 10 ottobre a Milano per voto di scambio e concorso in associazione mafiosa, ha ammesso di avere pagato rimborsi spese e cene elettorali a persone che gli portavano voti. Dei collegamenti con la ‘ndrangheta calabrese dice di non sapere nulla. Nelle carte dell’inchiesta un fatto comunque salta agli occhi: fra i circa 4 mila voti che secondo la procura sarebbero stati «comprati» da Zambetti, a 50 euro l’uno, il politico ne avrebbe ottenuti ben 79 a Ossona, alle porte di Milano. «Panorama» ha visitato il paese. Ecco che cosa ha scoperto.

Ossona, provincia di Milano: nemmeno 5 mila abitanti, una manciata di case né tristi né allegre. Un paese dove da secoli non succede niente, fatta eccezione per il Guinness dei primati conquistato nel 2002 per la cassoeula, il piatto tipico lombardo, più grande del mondo. Primato peraltro piuttosto facile da raggiungere, dato che si mangia solo in Lombardia.

Ossona però merita gli onori delle cronache per il ruolo che avrebbe assunto nell’inchiesta che il 10 ottobre ha portato in carcere con altri 20 indagati l’assessore alla Casa della Regione Lombardia, il pidiellino Domenico Zambetti. Le accuse per lui sono di voto di scambio, concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione. Secondo il procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Milano, Ilda Boccassini, e secondo il pm Giuseppe D’Amico, Zambetti avrebbe pagato 200 mila euro per 4 mila voti, necessari per fargli vincere le elezioni regionali del 2010. Voti che, sostiene l’accusa, sarebbero stati procurati direttamente dalla ’ndrangheta calabrese.

Dal carcere Zambetti, tramite il suo avvocato Giuseppe Cusumano, ammette solo rimborsi spese per ristoranti, affitti di sale e attività legate alla campagna elettorale, ma non di avere stretto patti elettorali di voti in cambio di soldi, né con la ’ndrangheta né con alcuno. Nelle 544 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare, zeppe di intercettazioni di boss che si vantano di avere in mano il politico, il gip Alessandro Santangelo spiega anche come è stato possibile localizzare quei 4 mila voti, da aggiungere ai 7.200, ritenuti invece legittimi, ma non sufficienti a Zambetti per essere eletto. La Dda milanese, «sulla scorta delle informazioni acquisite da fonti aperte (Web)», ovvero sul sito Repubblica.it, come citato a pagina 185 dell’ordinanza del giudice, e su quello del ministero dell’Interno, sarebbe risalita all’origine di quelle schede elettorali sospette.

Così, inevitabilmente, nel mirino degli inquirenti sono finiti quei paesi dove da decenni è più forte l’infiltrazione delle ’ndrine: per esempio Buccinasco, cittadina da 27 mila abitanti e base logistica settentrionale dei clan Barbaro e Papalia. Nascosta fra gli atti istruttori dell’inchiesta, però, si cela una notizia. Sta in una scheda con intestazione «Specchietto delle preferenze raccolte da Domenico Zambetti nelle consultazioni regionali divise per comune». Dalla scheda si scopre che, se a Buccinasco il politico ha preso soltanto 46 voti, nella sconosciuta Ossona, che conta appena 2.600 elettori, le sue preferenze sono state 79. Un exploit.

Parrebbe insomma che gli investigatori abbiano scoperto una nuova enclave di «picciotti» calabresi infiltrati nella provincia milanese. E dato che la cronaca giudiziaria, in passato, non ha mai accostato le parole Ossona e ’ndrangheta, Panorama è andato a verificare sul campo. L’arrivo in auto a Ossona, subito dopo un’uscita dell’autostrada A4, è dei più prudenti. Meglio parcheggiare fuori dal paese, per non destare l’attenzione di eventuali vedette dei clan. Il primo impatto, in effetti, ricorda i migliori film sulla mafia: il paese è attraversato da un corteo funebre affollato al punto da spingere all’ipotesi che nel feretro, portato a spalla e seguito da tanta gente, ci sia un vecchio boss. Dopo qualche incertezza, al primo volto lievemente sospetto, scatta la domanda: scusi, lei è originario di Ossona? Risposta: «No, ci vivo da 10 anni, ma sono calabrese d’origine, come tanti qui».

Bingo. E ora? Coraggio, mica spareranno a un cronista per un paio di domande. Conosce per caso l’assessore regionale Zambetti? «Chi?». Sotto la vecchia torre fascista, davanti al bel municipio secentesco o fuori dall’oratorio grande come uno stadio, non si respira affatto odore di mafia. Nella piazza centrale ci sono tre bar. Mancano però i videopoker, abitualmente indizio tipico di una possibile infiltrazione. Qui i vecchi, invece che sulle macchinette mangiasoldi, si accaniscono su logore carte da briscola. E si scopre che «il Zambetti» lo conoscono bene. E ricordano, gli anziani, le sue visite in paese, del camion che circolava con il suo faccione stampato sopra, delle solite promesse elettorali, dei santini distribuiti, ma non quelli macchiati col sangue degli affiliati, quelli col logo del Pdl.

Insomma, a Ossona Zambetti la campagna elettorale sembra averla fatta davvero. Di più, a governarla è stato Sergio Garavaglia, ossese doc e per due volte sindaco di centrodestra: un’autorità in paese. In piazza, nei bar, per le strade, non è difficile trovare chi ammette di avere votato per l’ex assessore. E alla richiesta se abbiano ricevuto minacce o denaro, tutti scoppiano a ridere. «Se Zambetti ha davvero pagato per i nostri voti» dicono sereni «farebbe meglio a farsi restituire i soldi».

Giuseppe Loreti è calabrese di origine ed è stato consigliere comunale nella passata giunta pidiellina: «Gli abbiamo fatto noi la campagna al Zambetti, noi militanti. E di certo non abbiamo preso un centesimo, anzi». Una signora che fa la spesa, interrogata sulla presenza di criminalità organizzata, risponde in dialetto milanese: «No gh’è nient, magari qualche albanese…».

È perentorio il proprietario del bar Colombo: «Io Zambetti non l’ho votato né lo voterò. Però qua la criminalità organizzata non esiste. Ho aperto questo bar 40 anni fa e se fosse venuto qualcuno a chiedermi il pizzo avrei chiuso». Stessa valutazione del gelataio della piazza, di origini emiliane e tendenzialmente non sospette: «La ’ndrangheta qui? Mai sentito dire. Se qualcuno mi venisse a chiedere qualcosa, al massimo gli offrirei un cono gelato».

Anche la tabaccaia, che invece non vota da anni («Per me i politici sono tutti uguali»), ricorda bene Zambetti, ma riflette: «Dicono che ha pagato per i 79 voti presi a Ossona? Mi sa che hanno fatto i conti senza sentire l’oste». L’artigiano in pensione, deluso, ammette di averlo votato: però qualcuno le ha chiesto di farlo? «Eh, tanti me l’han chiesto, gliel’ho fatta anch’io la campagna».

A fine giornata, in mancanza di altre piste da seguire, il ritorno a casa del cronista è segnato dalla delusione. Perché, pur nei limiti di un’indagine durata meno di 8 ore, l’impressione è che a Ossona, oggi governata dal centrosinistra, l’unica infiltrazione del 2010 sia stata quella del centrodestra.

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Giorgio Sturlese Tosi

Giornalista. Fiorentino trapiantato a Milano, studi in Giurisprudenza, ex  poliziotto, ex pugile dilettante. Ho collaborato con varie testate (Panorama,  Mediaset, L'Espresso, QN) e scritto due libri per la Rizzoli ("Una vita da  infiltrato" e "In difesa della giustizia", con Piero Luigi Vigna). Nel 2006 mi  hanno assegnato il Premio cronista dell'anno.

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