Grecia in saldo per un pugno di euro
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Grecia in saldo per un pugno di euro

Spinto dalla Troika, il governo di Atene ha varato un ambizioso piano di privatizzazioni entro il 2020. E ha ceduto quasi tutto quello che poteva vendere a cinesi, arabi, turchi e perfino italiani.

La Grecia è tornata a vendere titoli di Stato, dopo quattro anni di esclusione dai mercati, lasciando intravedere la fine della crisi che ha messo in ginocchio tutto il paese. Tuttavia, per restare a galla in questi drammatici cinque anni, la Grecia ha venduto tutto quello che era possibile vendere. Secondo gli analisti, entro il 2020 quasi la metà della ricchezza del paese rischia di finire in mano agli stranieri. Il nuovo programma di privatizzazioni dell’Ente nazionale per la valorizzazione delle proprietà dello stato (Taiped), progettato dalla Troika (Fmi, Ue e Bce) con il sostegno del primo ministro greco Antonis Samaras, prevede di incassare 50 miliardi di euro in sei anni dalla vendita del patrimonio pubblico. Finora ha realizzato meno di 3 miliardi.

L’area dell’ex aeroporto di Atene, l’Hellenikon, sta per essere svenduta a un gruppo di investitori a maggioranza cinese per 915 milioni di euro. La società che gestisce le lotterie in Grecia, l’Opap, è stata comprata per 712 milioni di euro dal fondo di investimento ceco, Emma Delta (tra gli investitori del fondo figura anche l’italiana Lottomatica). La Desfa, azienda di distribuzione del gas, è stata ceduta alla società pubblica azera Socar per 400 milioni di euro. E il porto del Pireo è nelle mani del colosso cinese della logistica marittima Cosco, che prevede di investire 700 milioni di euro per trasformarlo nel più grande terminale delle merci del Dragone in Europa. La ricetta per rimettere in sesto i conti di Atene prevede anche la dismissione degli immobili greci all’estero (un migliaio di edifici per un valore di 7 miliardi di euro), ma anche la cessione di alcune isole elleniche.

Recentemente la Banca di Grecia ha anche venduto, per 400 milioni di euro, il complesso alberghiero Astera nel lussuoso quartiere Vouliagmeni di Atene. Il gruppo che l’ha acquisito, un consorzio guidato da investitori turchi e arabi, vuole realizzare un hotel a sette stelle, il primo in Europa sudorientale. Ma mentre si procede alle vendite e molti analisti sottolineano i progressi nel risanamento del bilancio greco, la crisi sociale nel paese rimane grave. Il tasso di disoccupazione è al 28 per cento e supera il 60 per cento tra i giovani. Secondo uno studio del Gsee, il maggior sindacato del settore privato, entro la fine del 2014 3,9 milioni di greci (oltre il 35 per cento della popolazione) vivranno al di sotto della soglia di povertà, pari a 7.200 euro all’anno.

L’industria navale è paralizzata: i cantieri sono deserti e gli operai sono scappati in Germania o in Australia. Il settore delle riparazioni navali, un tempo fiore all’occhiello, non esiste più. Un operaio greco specializzato costa 40 euro all’ora contro gli 8-10 euro di un operaio turco. La Commissione europea sostiene che, nonostante i conti pubblici migliorino, la situazione è ancora incerta. Atene dovrebbe coprire un buco di bilancio di 5,5 miliardi entro maggio 2015. E i saldi delle ricchezze nazionali continueranno.

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Gabriel Vallin Frangoulis