C'è del marcio nei palazzi di giustizia
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C'è del marcio nei palazzi di giustizia

Si ostinano a chiamarli "errori giudiziari", ma sono la prova che il sistema è al collasso, fin nelle fondamenta

Quello che mi fa ribollire il sangue è che si ostinano a chiamarli "errori giudiziari", a presentarli come casi isolati da inserire nel naturale corso della dialettica processuale. E invece sono la prova provata di un sistema giudiziario marcio fin nelle fondamenta. Aprite i giornali e ogni giorno troverete uno di questi "errori". Facciamo insieme due passi nelle cronache recentissime.
La Procura di Caltanissetta chiede e ottiene il proscioglimento di tre funzionari di Polizia accusati di ogni nefandezza compiuta durante l’inchiesta sulla morte di Paolo Borsellino e dei cinque agenti di scorta. Le loro carriere sono state irrimediabilmente compromesse, per non parlare della loro vita. Anni e anni di accertamenti per approdare alla conclusione che i tre investigatori non sono stati dei farabutti. Poi tra le 188 pagine della richiesta di archiviazione firmata dal procuratore ci si imbatte in questa affermazione: "Non può sottacersi come l’intera vicenda che ha avuto come epilogo la celebrazione dei primi due processi per la strage di via D’Amelio sia tra le più gravi, se non la più grave in assoluto, della storia giudiziaria di questo Paese". E già: perché otto persone condannate in via definitiva all’ergastolo come stragisti, in base alle incredibili fandonie raccontate da finti pentiti, hanno trascorso 14 anni in cella prima di essere rilasciati perché innocenti. Chi ha pagato per l’errore "più grave in assoluto della storia giudiziaria di questo Paese"? Nessuno. Quale magistrato tra le decine che si sono occupati del caso ha perso il posto, è stato sanzionato o è stato dirottato in un ufficio dove non può fare altri danni? Nessuno.

Chi paga per aver condannato un eroe dell’antimafia come Bruno Contrada (concorso esterno in associazione mafiosa) per un reato che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha sancito - dopo quasi un quarto di secolo dall’arresto e dopo che il superpoliziotto ha scontato per intero la pena - che non poteva essergli contestato riconoscendogli perfino un risarcimento morale? Nessuno. E nessuno pagherà perché il governo italiano, che dovrebbe rivalersi sui magistrati, ha tentato di ricorrere contro Contrada e si è preso l’ennesimo schiaffo: la Grande camera della corte europea di Strasburgo lo ha appena respinto senza un minimo di esitazione.

Vi risulta, poi, che a seguito della sentenza della Cassazione sul delitto di Perugia (l’assoluzione di Raffaele Sollecito e Amanda Knox) sia stato avviato un qualsiasi procedimento disciplinare a carico degli inquirenti colpevoli - scrive la Suprema corte - di "clamorose defaillance, 'amnesie' investigative o colpevoli omissioni nelle attività di indagine"? Zero.

Qualcuno pagherà per aver messo in croce l’ex vescovo di Terni e attuale presidente del Pontificio consiglio per la famiglia, monsignor Vincenzo Paglia, accusandolo di essere un truffatore e un traffichino salvo poi leggere in una sentenza di archiviazione che "è certa la sua totale estraneità visto che, anzi, risulta avere agito sempre con l’unico meritorio obiettivo di assicurare alla realtà cittadina un riscatto in termini sociali e culturali"? Non ci sperate.

Non vi sorprendete dunque se a Palermo rimangono ad amministrare giustizia tutti i magistrati protagonisti dello scandalo sulla gestione dei beni sequestrati alla mafia perché accusati di corruzione, concussione, abuso d’uffico, rivelazione di segreto sui quali non a caso tacciono i giornaloni moralisti. Un qualsiasi impiegato, per molto ma molto meno, sarebbe stato sospeso dal servizio o già arrestato per il pericolo di inquinamento delle prove. Loro, gli impuniti, no. Ma lei, signor ministro della Giustizia, un po’ di sana vergogna non riesce nemmeno a provarla?

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Giorgio Mulè