Brega Massone: gli errori nella fiction
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Brega Massone: gli errori nella fiction

I legali del chirurgo criticano la ricostruzione del processo. È un documento di parte ma interessante: racconta quanto sia fragile il diritto alla difesa

La lettera è datata 18 dicembre ed indirizzata ad Andrea Vianello, direttore di Rai3, ma anche a una serie di altri destinatari: dal Presidente della Repubblica al ministro della Giustizia, dal direttore della Rai al presidente della Commissione parlamentare di vigilanza. A scriverla sono Luigi Fornari e Vincenzo Vitale, i due legali di Pierpaolo Brega Massone, il chirurgo milanese che il 9 aprile scorso è stato condannato in appello all'ergastolo per la morte di alcuni pazienti e che ora aspetta il giudizio di Cassazione.

Nella lettera, dal loro punto di vista, gli avvocati contestano una serie di presunti errori della fiction su Brega Massone, andata in onda con notevole successo di audience lo scorso 13 dicembre nella trasmissione L'infiltrato. Ma cercano soprattutto di sollecitare una riflessione sulle «gravi conseguenze che la trasmissione avrebbe ed ha comportato rispetto ai diritti processuali del nostro assistito, sottoposto a un massacro mediatico senza precedenti sin dal 2008, quando,  arrestato, venne subito condannato da stampa e televisioni all’insegna dello slogan “clinica degli orrori”.

Il documento, che inevitabilmente è espressione di parte, è peraltro interessante per comprendere le ragioni di chi si consideri vittima di quella che viene definita la gogna mediatico-giudiziaria. Per questo ve lo proponiamo quasi integralmente:


Egregio dottor Vianello, Spett. Rai3,

Preme osservare che – come Rai3 sapeva e sa – a oggi, alla fine del 2014, il dott. Brega Massone non è stato giudicato in via definitiva e si trova tuttora in stato di custodia cautelare.

Non ci soffermiamo, in questa missiva, sulle conseguenze devastanti che una trasmissione del genere, che ha toccato - in maniera gratuita e inessenziale rispetto ai fini del ‘racconto’ - anche aspetti della vita familiare, può avere avuto sulla serenità e sulla tenuta psichica della figlia dodicenne del dott. Brega Massone.

Sul piano più strettamente legale, non può esservi dubbio che l’avere presentato - SENZA NESSUN CONTRADDITTORIO - una trasmissione chiaramente orientata alla colpevolezza degli imputati anche riguardo alle gravissime accuse di omicidio, avrà un'enorme influenza sulle persone che saranno chiamate a giudicare come giudici popolari il dott. Brega Massone e i suoi coimputati nel processo d'appello che si svolgerà prossimamente a Milano.

La stessa cosa è avvenuta, certamente, quando poche settimane prima dell’inizio del processo di primo grado vennero trasmesse tre puntate di "Un giorno in pretura" (trasmissione di solito esemplare nel presentare, seppur in sintesi, prospettive processuali contrapposte) in cui vennero presentati esclusivamente stralci delle deposizioni dei pazienti e dei consulenti della Procura, senza nessuno spazio per testi e consulenti della difesa del dott. Brega Massone e dei coimputati.

Eppure, a giornalisti professionisti dovrebbe essere noto che l'influenza dei 'media' sul convincimento dei giudici (non solo popolari) è studiata da tempo dai criminologi di tutto il mondo e non è un'invenzione della difesa del dott. Brega Massone; così come Vi è sicuramente noto che esiste in Italia un principio costituzionale, prezioso per tutti noi (nessuno escluso), di presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva.

Per darVi un'idea di cosa sia stata nel processo Santa Rita l'influenza dei media, ci limitiamo a menzionare un episodio: in una delle prime udienze del dibattimento in Corte d'Assise il presidente della Corte, dovendo decidere sull'ascolto in aula delle 'famose' conversazioni telefoniche del dott. Brega Massone, ebbe a dire che la questione non aveva senso, posto che quelle telefonate erano da tempo note a tutti i membri della Corte, per essere state più volte trasmesse da televisione, riportate sui giornali, circolate in rete ecc.ecc (la trascrizione è a Vs. disposizione). Risentirle in aula sarebbe stata - disse con schiettezza il presidente - "una presa in giro".

Nessuna "autorizzazione" di un Tribunale civile a trasmettere una fiction, quand'anche esistesse, potrebbe 'coprire' una così evidente alterazione delle normali dinamiche processuali: il mancato ascolto in aula di conversazioni telefoniche per sopravvenuta inutilità, causata da martellamento mediatico!

 Ora, quegli stessi frammenti di conversazioni, estrapolati da colloqui lunghissimi e spesso complessi, saranno entrati (o, una volta recuperati in rete, entreranno), grazie all’”Infiltrato”, nelle orecchie e nella mente dei sei giurati popolari che costituiranno la Corte d’Assise d’Appello. Ed anche degli stessi giudici togati.

Nello stesso tempo, nella docufiction del 13.12 non è stata spesa mezza parola sul fatto - che avrebbe davvero meritato l’interesse di un servizio pubblico, come tale imparziale ed equilibrato - che i casi contestati al dott. Brega Massone, nei tre processi penali di merito che sono stati fin qui celebrati, non sono mai stati sottoposti alla valutazione di periti super partes, scelti non dal Pubblico Ministero ma dal Tribunale o dalla Corte d'Appello. Di fatto, le sentenze di condanna si sono basate esclusivamente sui pareri dei consulenti tecnici della Procura di Milano (gli unici che hanno avuto un ruolo nella docufiction), nonostante che a favore del nostro assistito si siano espressi, a titolo gratuito come si usa fare fra colleghi, esperti di chiarissima fama: un nome per tutti, quello del prof. Massimo Martelli, per decenni primario dell'Ospedale Forlanini di Roma, autore di migliaia di interventi di chirurgia toracica (e medico di grande umanità, da tutti riconosciuta).

Quello che viene normalmente disposto anche per i più banali danni da incidenti stradali - una consulenza super partes, resa da periti scelti dal giudice - è stata più volte negata al dott. Brega Massone e agli altri imputati del processo, poi condannati a pene molto pesanti per imputazioni di estrema gravità.

Di tutto questo nella docufiction non c’è traccia, anche se sarebbe stato facile (e doveroso per un giornalismo indipendente) utilizzarne almeno qualche minuto per far sentire voci diverse da quelle dei consulenti dell’accusa.

Ci sono, invece, oltre a parecchi errori, grossolane omissioni, che dimostrano l’ottica acritica ed unilaterale dell’intera operazione. Errori e omissioni quanto mai dannosi per il nostro assistito, posto che quanto ‘sentenziato’ dalla docufiction televisivarischia di essere recepito, più o meno consciamente, come “verità” dai membri (non togati) della Corte che pronuncerà la sentenza d’appello nel secondo processo.

Se la docufiction fosse stata realizzata con lo scrupolo professionale dovuto, e quindi tenendo conto (oltre che dei dati auditel) anche degli interessi degli imputati (presunti innocenti), non sarebbe sfuggito il rilievo processuale essenziale degli argomenti che seguono (al pari di altri che qui non citiamo) e sarebbero state evitate approssimazioni non tollerabili:

-la dott.ssa Galasso, le cui telefonate ‘accusatorie’ occupano una buona parte della trasmissione, in dibattimento ha riconosciuto che il loro contenuto era esagerato e risentiva di dicerie all’interno dell’ospedale che erano dettate da invidia professionale. In aula, sotto giuramento, la Galasso ha espresso il proprio rammarico al dott. Brega Massone per le espressioni usate;

-di una presunta “denuncia per plagio” (con riferimento alla redazione di pubblicazioni scientifiche del dott. Brega Massone) non è mai esistito alcun riscontro processuale;

 -allo stesso modo, non vi è mai stata traccia processuale, sotto forma di denuncia, indagini, processi, di “manomissioni” e “falsi”, presentati al solito come dati di realtà, che il nostro assistito avrebbe perpetrato nella cartella clinica del sig. Schiavo. E la questione è di grande delicatezza, visto che si tratta di uno dei casi su cui è stata costruita un’imputazione di omicidio volontario;

-la sig.ra Zito, che nel corso di un’intervista inserita nella docufiction, ha stigmatizzato il comportamento del dott. Brega Massone che, a suo dire, la avrebbe sottoposta a interventi inutili, durante la causa civile da lei intentata per il risarcimento del danno è stata sottoposta ad una CTU (consulenza tecnica d’ufficio, in sostanza a una perizia svolta da medici scelti dal giudice, quindi disinteressati e imparziali) che ha attestato la correttezza di tutti e tre gli interventi svolti dal dott. Brega Massone, anche e soprattutto sotto il profilo delle indicazioni chirurgiche;

 Lo stesso è avvenuto rispetto all’unica altra paziente (la sig.ra Maria De Pol) che, pur essendo “persona offesa” nel processo penale, ha scelto di agire per il risarcimento dei danni in una separata causa civile: anche in quel caso, consulenti d’ufficio indipendenti e ovviamente diversi da quelli utilizzati dai giudici penali per motivare le condanne, hanno attestato l’assoluta correttezza – anche e soprattutto sul tema delle indicazioni chirurgiche – dell’operato del dott. Brega Massone e della sua equipe.

Ma – ripetiamo – gli esempi potrebbero moltiplicarsi: l’inesistente mutilazione del seno subita da una ragazza diciottenne; la disinvolta accusa di “eliminazione delle prove”, formulata dall’Infiltrato senza alcun rispetto per risultanze dibattimentali di segno opposto; l’omissione, nella estemporanea consulenza telefonica del dott. Legnani al notaio Pipitone, della circostanza, riferita dallo stesso Legnani durante la conversazione, che egli non aveva ancora preso visione di lastre e tac.

(...)

Tutte queste cose, che dovrebbero fare rabbrividire o almeno preoccupare tutti noi, l'opinione pubblica non le ha mai sapute e continua a non saperle: evidentemente non interessano a Rai3, che ha preferito cavalcare - dopo sei anni e mezzo, il sabato sera in prima serata – le suggestioni del "mostro" e della "clinica degli orrori", che meglio si prestano ad assecondare gli appetiti di un pubblico desideroso solo di un comodo quanto odioso capro espiatorio. Temi noiosi e demodé come i principi costituzionali e la tutela che, in un sistema civile, spetta a qualsiasi persona (nessuna esclusa) sottoposta a processo penale, per il “servizio pubblico” possono aspettare...

Nel riservarci di intraprendere tutte le iniziative tese alla tutela dei diritti – anche costituzionali – del dott. Brega Massone, porgiamo distinti saluti

 Milano, 18 dicembre 2014

                                               Avv. prof. Luigi Fornari   Avv. prof. Vincenzo Vitale

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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