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Referendum sulla Brexit: perchè dovevamo aspettarcelo

Un fatto previsto da tempo viene deificato. E diventiamo ancora una volta prigionieri dell'eutanasia del "redditiere"

Il titolo dell’opera di Shakespeare rappresenta simbolicamente il senso della crisi del nostro tempo in cui ogni singolo fatto viene rappresentato come una sorta di svolta epocale, nella generalità dei casi, di tipo drammatico.

La gente deve essere spaventata così la società aperta diventa aggredibile da forze rapaci e sempre più simile ad un gregge da affidarsi ai cani lupo – poliziotti – per potere essere più facilmente dominato e dominabile da un gioco della finanza che, priva di ogni fondamento scientifico, finisce per arricchire solo i falsi sacerdoti del suo tempio criminale ma, come dice la Storia, chi semina nel vento raccoglie sempre tempesta.

Una cultura che ha allontanato la nostra società dai diritti fondamentali dell’uomo dichiarati nel 1948 creando una sorta di inferno che sembra divorare ogni speranza di dare una perduta dignità all’uomo non è diversa dall’essere considerata un crimine contro l’umanità. Quei principi sono spesso stati richiamati quando faceva comodo agli interessi superiori e le dichiarazioni di pace diventano sempre più una foglia di fico che nasconde la brutalità dell’esercizio di un potere che non ammette responsabilità ma solo diritti.

Il caso dellaBrexito non-Brexit è da manuale per trasformare un fatto scritto da tempo nel libro della storia in un evento esiziale per tutti, una sorta di fine del mondo ma soprattutto la deificazione dell’ottusità. È l’eterno dubbio dell’essere o non essere che Amleto chiudeva dicendo: "Così la coscienza ci rende tutti codardi, e così il colore naturale della risolutezza è reso malsano dalla pallida cera del pensiero, e imprese di grande altezza e momento per questa ragione deviano dal loro corso e perdono il nome di azione".

Già Sir Winston Churchill se lo era posto ma nel 1947 quando affermava "dobbiamo decidere se essere parte dell’Europa o uno stato degli Stati Uniti" era più realista del re ed in un paese monarchico è qualcosa di sorprendente. La Gran Bretagna (UK) non è mai stata veramente parte dell’Europa, nel passato ha sempre cercato di tenerla divisa per mettere tutti contro tutti ma ora rischia solo di mettersi in un “cul de sac“ e di generare al suo interno un processo di balcanizzazione che in parte è già iniziato con il referendum in Scozia, poi con il Galles ed alla fine addio Regno Unito.

A differenza dei paesi europei che hanno sempre avuto la loro struttura produttiva all'interno, il Commonwealth aveva già da tempo attuato la delocalizzazione per cui i paesi aderenti erano le fabbriche che fornivano oggetti e manifatture preziose ad una classe nobiliare che ha pensato di potere sopravvivere a se stessa.

La manifattura delocalizzata era funzionale a sostenere la ricchezza del paese ma spesso a carico di contesti sociali di miseria dominati da una forza bellica straordinaria che faceva grande il paese. Alla fine della seconda guerra mondiale e di fronte ad un liberismo sfrenato che ha trovato nella Thatcher una madrina coraggiosa ma poco lungimirante, il paese seguendo l’esempio degli Stati Uniti si è gettato nella finanza e nelle sue banche che da tempo governavano l’impero perdendo la manifattura che oggi incide sul loro pil solo per il 5% .

La moneta non genera moneta come dimostra anche il drammatico momento degli Usa ma spesso solo povertà e disuguaglianza. Il 33,3 % degli inglesi sono sotto la soglia della povertà e il patrimonio delle prime 5 famiglie più ricche del paese è uguale al 20% delle persone più povere del paese. Senza manifattura non si cresce perché la carta per quanto si possa moltiplicare all’infinito rimane solo carta e non produce nulla se non un degrado sociale che rischia di degenerare in disperazione.

Ora se la Gran Bretagna decide di isolarsi lo diventa veramente perché dall’altra parte dell’oceano gli Stati Uniti non sono messi meglio anzi la loro storia fatta di progressi tecnici ma povera di cultura vera li rende meno governabili e sempre più esposti al rischio di fratture al loro interno. Shauble, con il quale non è facile condividere le idee, afferma che sarebbe meglio una GB nell’Europa ma se vogliono uscire escano ma si dimentichino di rinegoziare un loro rientro; a malincuore oggi è difficile dire che sbaglia.

Così ogni giorno si legge di fibrillazione dei mercati finanziari, i media li richiamano ossessivamente attribuendo ad essi una razionalità intrinseca ed una qualifica di entità astratta e superiore. I mercati, invece, non sono come vengono dipinti, non sono entità astratte e magiche ma sono gli uomini che operano dentro i mercati che fanno i mercati spingendoli verso gli obiettivi si vogliono perseguire.

Oggi ancora una volta siamo alle prese con il "dramma" della Brexit esattamente come siamo stati prigionieri del dramma dello "spread" nel 2011, con la "Grexit" un paese che ha un pil come Parigi, l’Ucraina e la guerra atomica, Charlie Hebdo, Siria e Putin, la bolla cinese, il Bataclan, gli esodi biblici, Palestina ed Israele… potremmo continuare all’infinto in un elenco  drammatico che sembra rappresentare una tragedia i cui attori e registi sembra continuino a riscrivere un finale che sfugge sempre di più alla loro regia.

I problemi veri sono da altre parti ma fino a quando non riusciremo a capire che non possiamo convivere con una finanza totalmente deregolamentata ed altamente concentrata saremo sempre schiavi delle nostre paure alimentate ad arte da un potere che finirà per soffocarci tutti prima di essere lui stesso vittima dell’eutanasia del redditiere come lo definiva il grande Keynes che aveva capito tutto 70 anni fa. Ma allora sarà tardi per tutti e la fine dell' "homo stupidus".

di Fabrizio Pezzani ( Ordinario di Programmazione e Controllo all'Università Bocconi di Milano )

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