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Il terrorismo dei lupi solitari

Da Parigi a Orlando: non c'è più un'organizzazione che finanzia e pianifica gli attentati. Il nemico in casa, l'arma terribile della Jihad

Indebolito sul terreno militare in Siria e in Iraq, sotto assedio a Falluja e in difficoltà a reperire nuovi mujaheddin stranieri dopo la chiusura della cosiddetta autostrada della jihad al confine con la Turchia, lo Stato islamico di Al Baghdadi punta ormai sui lupi solitari per continuare a tenere sotto pressione l'opinione pubblica e i governi occidentali.

Da Omar Mateen, l'autore della strage nel locale gay di Orlando, alla coppia killer di San Bernardino, fino a Larossi Abdalla, il giovane franco-marocchino che ha accoltellato a morte due poliziotti alla periferia di Parigi, la strategia del Daesh non è più quella, vecchio stampo, di Al Qaeda che organizzava, finanziava e pianificava attentati nelle capitali europee, come a Madrid nel 2003 e a Londra nel 2005. La strategia del Daesh è opposta: intestarsi il merito di qualsiasi attentato venga compiuto in suo nome. Fare in sostanza di necessità virtù, dando una giustificazione ideologica a qualsiasi azione terrorista che sia compiuta in nome dell'Islam radicale. Il massimo risultato con il minimo sforzo, la potenza mediatica del Daesh.

L'abilità di capitalizzare tutte le operazioni armate compiute dai musulmani radicali in Occidente - anche quando le motivazioni appaiono più psichiatriche che politiche, come nel caso di Omar Mateen - è però il frutto di un'operazione ideologica  e propagandistica cui il Califfato  si è dedicato sistematicamente, e sin dai tempi della sua fondazione. La linea è quella tracciata nel discorso inaugurale del 29 giugno 2014, dal portavoce di Al-Baghdadi, Mohammed al-Adnani.

L'obbligo dei musulmani - richiamandosi al simbolo dell’Islam degli esordi e dei primi compagni d'armi del Profeta - è quello di giurare fedeltà al Califfato, di emigrare nelle terre sotto il suo dominio, e infine, nel caso non potessero emigrare, colpire gli infedeli in Occidente. Civili e militari. Tutto si tiene nella propaganda del Califfo. Non occorre nemmeno una catena di comando verticale, quando un'operazione omicida viene commessa in suo nome, contro gli infedeli. Basta tenere a mente la benedizione di Mohammed al-Adnani. È questo il genio propagandistico del Califfato, la sua estrema attualità, la sua capacità di fare presa su un numero potenzialmente illimitato di simpatizzanti, spesso cittadini europei mai "attenzionati" prima dalle forze dell'ordine, talvolta anche - come nel caso di San Bernardino - integrati nel tessuto sociale del Paese dove vivevano.

«Se potete uccidere un infedele americano o europeo, o australiano o neozelandese, o di un Paese che partecipa alla coalizione contro lo Stato islamico … uccidetelo … in qualunque maniera potete farlo. Non chiedete nessun consiglio e non chiedete un parere religioso a nessuno. Uccidete l’infedele sia che sia militare o civile» diceva Al-Adnani.

 



IL MESSAGGIO DI AL ADNANI (ISIS) CITATO DAI LUPI SOLITARI

DUTTILITA' IDEOLOGICA DEL CALIFFO
L'estrema duttilità ideologica dello Stato islamico pone un problema molto serio agli investigatori e alle forze di polizia chiamate a evitare nuovi attacchi. Non basta più, infatti, disarticolare l'organizzazione e le sue diramazioni, come ai tempi della vecchia Al Qaeda. Occorre un lavoro di penetrazione e controllo molto più vasto ed esteso sul territorio, che non trascuri nessun possibile luogo di reclutamento, dalle reti social alle moschee clandestine fino alle carceri, divenute negli ultimi anni palestre di radicalizzazione, secondo gli esperti, per i piccoli criminali finiti dietro le sbarre. E occorrono anche nuovi strumenti di indagine e di intelligence, molto più capillari, che sollevano tutta una serie di domande sulla tenuta dello Stato di diritto e sui rischi di uno scivolamento autoritario che, sull'altare della sacrosanta necessità di sicurezza, sacrifichi un po' di quei diritti giurisdizionali su cui abbiamo fondato l'idea di Europa.

IL RUOLO DELLE RETI SOCIAL
Sono ormai troppi i musulmani, per lo più cittadini dei Paesi occidentali,  che hanno risposto spontaneamente, senza alcun collegamento con le strutture segrete del Califfato all'estero, all’appello di Al-Adnani. Il primo fu Elton Simpson con l’attacco a Garland, in Texas, del 3 maggio 2015, quando sparò sui disegnatori satirici che avevano dileggiato Maometto dopo aver dichiarato fedeltà al Califfo su Twitter. Gli stessi killer di San Bernardino, Syed Rizwan Farook e Tashfeen Malik, avevano rilvelato le loro simpatie estremiste su Facebook. Lo stesso islamista Amedy Coulibaly, autore dell’assalto al minimarket kosher di Parigi del gennaio 2015, era un lupo solitario.  Non aveva dietro di sé un'organizzazione. Né per finanziare l'attentato aveva dovuto scomodare gli uomini di Raqqa. Occorrono solo determinazione e capacità di reperire armi sul mercato nero. E spesso basta il web per giurare fedeltà al Califfo.

Rimane quello slogan usato su Internet dai simpatizzanti del Daesh dopo ogni attentato. «L’Occidente ha i muscoli, noi abbiamo i lupi solitari».  È questo il drammatico scenario con cui le forze di polizia, al netto di qualsiasi errore che possano avere commesso come nel caso di Larossi Abdalla, devono confrontarsi. Uno scenario inquietante dove non c'è tanto una piovra da decapitare, un'organizzazione da sconfiggere, ma un «nemico interno» sfaccettato e mimetizzato che, in molti casi, non era nemmeno noto per le sue idee radicali. È questa la difficilissima sfida che l'Occidente e l'Europa hanno di fronte. Obiettivo: prosciugare l'acqua dove nuota il «pesce terrorista». Una battaglia che sarà anche, e soprattutto, una battaglia culturale cui sono chiamate a fornire il loro indispensabile contributo - avvertono gli specialisti - anche le comunità musulmane nei Paesi occidentali.

Lupi solitari dell'Islam radicale

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Larossi Abballa, il killer dei poliziotti francesi a Magneville il 13 giugno 2016

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