Emis Killa
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Emis Killa: "Un bus che non torna più indietro" - Intervista

L'autobiografia di Emiliano Giambelli: dalle prime canzoni hip-hop, a 14 anni, fino alla vetta delle classifiche

Tutti lo conosciamo come Emis Killa. All'anagrafe è Emiliano Giambelli, un ragazzo come gli altri, nato nel 1989 a Vimercate, vicino a Milano ma non troppo ("Io sono di provincia, non di periferia", dice). All'età di 14 anni inizia a fare rap. E da allora non si è mai stancato. Ora è tra i più importanti in Italia: continua a fare sold-out in giro per il nostro Paese, e ha pubblicato nel 2013 il suo secondo album, Mercurio.

Come tanti altri rapper, ha il corpo pieno di tatuaggi. Per chi non lo conoscesse, potrebbero sembrare segni di eccessiva autostima o egocentrismo. Leggendo Bus323, Viaggio di sola andata (Rizzoli, 15 euro), la sua prima autobiografia uscita lo scorso 5 novembre, si capisce che sono segni pesanti. Sono i segni di una infanzia dura, tra una madre che lavora notte e giorno per mantenere la famiglia e un padre artista che continua a fare avanti e indietro dagli ospedali per alcuni disturbi sulla personalità. Sono i segni di tante domande di senso che fin da piccolo lo accompagnano. Sono i segni di viaggi (su quel famoso autobus che lo portava da Vimercate alla così vicina, ma allo stesso tempo così lontana, Milano). Sono i segni di errori e di piccole scoperte.

Ma soprattutto, sono i segni di chi ha creduto in un sogno. E da allora, nonostante la fatica, ce l'ha fatta.

Perché hai deciso di scrivere questo libro ora?

Avevo semplicemente bisogno di poter parlare con più libertà di me, senza pensare a melodia, metrica e rime.

Che cosa significa "quel bus" per te?

Io ho dovuto per anni fare due ore di viaggio tra andata e ritorno per fare freestyle a Milano. Questo autobus vuol dire tanto per me: vuol dire sacrificio, grande volontà e passione. È stato il periodo più bello in assoluto. Tutto era magico. Vivevo semplicemente seguendo i miei sogni. È l’icona del mio viaggio.

Parli di “viaggio di sola andata”

Perché di fatto io non ho fatto nient’altro che il rapper nella vita. Sono tornato solo da poco a vivere e a frequentare anche vecchie amicizie e vecchi luoghi: ma per parecchio tempo non frequentavo più gli stessi giri. E quindi davvero è stato un viaggio di sola andata. È la mia vita ora.

Cosa ti manca di più di quello che racconti nel libro?

La libertà artistica. E con questo non intendo che oggi abbia vincoli con le major, anzi. Ma parliamoci chiaro: oggi ho un grande pubblico. Non ha senso che io torni a fare dei testi “cazzoni” come facevo una volta. Quando ero più giovane c’era molto più cazzeggio e meno lavoro. Ci trovavamo in casa in cinque o sei e registravamo. A volte ci penso, e mi manca questa libertà.

Parli di una situazione famigliare particolare. Scrivere ti ha aiutato a prendere più coscienza del valore di certi gesti dei tuoi genitori?

Da mia madre ho capito cosa vuol dire lavorare per mantenere una famiglia. Tra bollette da pagare e altre spese, ero troppo piccolo per capire al tempo. Ma ora capisco meglio. Nel libro racconto molto di mio padre, che soffriva di disturbi della personalità: i miei sono stati un esempio di amore totale per un figlio.

La vocazione

Prima o poi arriva. Prima o poi tutti nella vita si trovano davanti a qualcosa e dicono “Wow! Che bello! Vorrei farlo anche io”. Se uno mi dice: “Minchia, oh, vorrei andare in deltaplano, mi piacerebbe”, io penso: “Vacci, sono sicuro che a due ore da qui puoi trovare un posto in cui imparare”. Sul libro dico, riferendomi a questo: “Andate su quel cazzo di deltaplano”. Niente è inarrivabile, capisci? Magari fare l’astronauta è più difficile che fare il rapper. Ma, se ci pensi, gli astronauti esistono, e quindi qualcuno che da piccolo aveva questo sogno, l’ha perseguito e ci è riuscito. 

Parli anche della tua amicizia con il'autore Niccolò Agliardi. Dici che “si è aperto un capitolo completamente diverso della tua vita”

È capitato per caso. Stavamo registrando MTV Spit, e ci siamo conosciuti. Mi incuriosiva perché sapevo che era un noto autore. Ho pensato: “Sembra che sia uno che ha tanto da dire. Nel mentre, siamo diventati amici e abbiamo fatto delle gran cene a base di vino a casa sua. Poi scopro che siamo accomunati da questo fastidio che è il disturbo dissociativo. Conoscendoci meglio, siamo diventati amici e siamo andati in vacanza insieme. È uno con il quale mi trovo molto bene a fare delle belle chiacchierate: non è facile trovare persone con cui parlare così. 


Un particolare della copertina di "Bus323" di Emis KillaUn particolare della copertina di "Bus323" di Emis KillaUfficio Stampa

Cosa ne pensi dei giovani dei talent? Ho percepito una enorme distanza tra quello che tu hai vissuto per diventare famoso e il percorso che invece i giovani di oggi vogliono percorrere. Sembra quasi che tengano più al successo che al viaggio.

Sono completamente d’accordo. Prima di tutto credo che ci voglia la passione, l’amore. Io quando faccio un disco ovviamente ragiono anche in termini di vendite, ma ragiono soprattutto in termini di cuore. Quando faccio una bella canzone, non vedo l’ora che tutti la sentano per sapere che ne pensano. Poi tutto il resto viene automaticamente. Ma al centro ci deve essere la musica. Se fai musica vera, qualcosa arriva. Se invece ragioni facendo musica come se stessi costruendo un cellulare, non puoi aspettarti niente di più che un prodotto. 

La partecipazione di Fedez a X Factor. Tu lo avresti fatto?

Credo di sì. Lui è andato a fare il giudice, quindi in una situazione di superiorità. Credo l’avrei fatto anche io. Anche io sono andato a X-Factor una volta come ospite durante un live: il problema non è il talent show. Dipende dalla strada che vuoi intraprendere.

Qual è il tuo rapporto con i fan? Sui social sembra tu non abbia freni nel rispondere alle critiche...

Dietro al mio lavoro c’è tanto sacrificio. Ci sono tante notte insonni, tanto malessere. Nel momento in cui scrivo una canzone profonda per me, e i commenti che mi arrivano sono “Seguimi, ricambio”, allora penso che non hanno veramente capito nulla di me. Io non sopporto questo modo che c’è oggi. Io ci tengo che la musica arrivi a chi può capirla. Io a sedici anni non stavo chiuso in casa a commentare o criticare: facevo avanti e indietro per Milano per cantare con altri ragazzi. 

Dalla prossima settimana partirà un giro per alcune librerie italiane dove Emis Killa presenterà "Bus323". In particolare: 16 novembre Milano (Bookcity Festival presso Auditorium Museo della Scienza e della Tecnica), 17 novembre Roma (Discoteca Laziale), 19 novembre Napoli (Feltrinelli) e Marcianise (Megastore Mondadori), 22 novembre Palermo (Megastore Mondadori) e 23 novembre Torino (Mondadori Bookstore). 

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Giovanni Ferrari