Obbligazioni e petrolio: tutti i rischi dei titoli energetici
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Economia

Obbligazioni e petrolio: tutti i rischi dei titoli energetici

Aziende americane troppo indebitate e una montagna di bond spazzatura. Ecco perché c'è chi vede il pericolo di una bolla speculativa

Uno spettro si aggira sui mercati finanziari e riporta le lancette dell'orologio indietro di quasi 8 anni, all'estate del 2007. Allora, durante il mese di agosto, scoppiò la crisi dei mutui subprime, i prestiti ipotecari concessi dalle banche americane ai debitori ad alto rischio, su cui il sistema finanziario aveva creato una bolla speculativa e una montagna di titoli derivati. La vicenda dei subrpime rappresentò di fatto l'inizio di una grande crisi nel biennio successivo, che trascinò nel baratro molti grandi gruppi finanziari come Lehman Brothers e provocò una profonda recessione in tutto il mondo, di cui si vedono ancora oggi i segni evidenti, almeno in Europa. Sono passati 7 anni da allora e qualcuno teme che il copione possa ripetersi, seppur con qualche variante significativa.


Petrolio: cosa c'è dietro la guerra dei prezzi


Questa volta, a fare paura è una possibile bolla sullo Shale Oil e Shale gas americano, cioè la produzione di greggio e di idrocarburi attraverso la frantumazione (fracking) delle rocce argillose. Si tratta di una tecnica estrattiva che sta mettendo il turbo all'industria petrolifera degli Stati Uniti, molto ricchi di giacimenti argillosi e dunque intenzionati a raggiungere la tanto agognata autosufficienza energetica. Di per sé, il boom dello Shale Oil non è una cattiva notizia, visto che fa crescere l'offerta mondiale di oro nero. Il guaio è che l'estrazione di petrolio dalle rocce argillose richiede molti investimenti, sostenibili economicamente soltanto quando le quotazioni del greggio sono molto alte (magari sopra i 100 dollari al barile) e quando il costo del denaro finisce al tappeto, come è avvenuto negli ultimi anni.


La caduta del prezzo del petrolio e la questione del fracking


Se invece il prezzo del barile si inabissa sotto il 40-45 dollari e non accenna a riprendersi, come sta avvenendo in questi mesi, le aziende statunitensi che producono lo Shale Oil e Shale Gas rischiano seriamente di andare a gambe all'aria, poiché sono parecchio indebitate. Basti pensare che, negli ultimi 4 anni, la loro esposizione finanziaria è pressoché triplicata sino a raggiungere il record di quasi 200 miliardi di dollari. Ed è proprio per questa ragione che alcuni esponenti della businesscommunity di Wall Street iniziano adesso a preoccuparsi e temono che, prima o poi, l'incantesimo si rompa. Sullo Shale Oil e sulla Shale Gas, insomma, potrebbe appunto scoppiare una bolla speculativa e una lunga sfilza aziende potrebbe naufragare nei debiti.


Dove può arrivare il prezzo del petrolio


Ovviamente, una lunghissima catena di fallimenti trasformerebbe in carta straccia tutti i bond emessi da molte società energetiche americane, con il rischio di una crisi sistemica sui mercati finanziari. Senza dimenticare, poi, che l'industria petrolifera è cosa ben più grande rispetto allo Shale Oil e Shale Gas statunitense e tutte le aziende del settore, nel complesso, hanno un'esposizione finanziaria di oltre 2mila miliardi di dollari. Una crisi di sistema per l'intero comparto petrolifero, insomma, sarebbe davvero una sciagura, proprio come quella dei mutui subprime del 2007. Poco importa se di mezzo c'è il prezzo del barile o quello del mattone. Le bolle speculative, alla fine, si somigliano tutte.


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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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