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Economia

I 20 luoghi migliori dove far nascere un'impresa

Nella classifica dei migliori ecosistemi globali non è la tecnologia in sé a fare la differenza ma la sua applicazione. In Italia bisogna ancora lavorare sodo

Da Kodak a Instagram. Dagli hotel ad Airbnb. Dai taxi a Uber. Dai compact disc a Spotify. Dai giornali ai social media. Dalla grande distribuzione ad Amazon e all’e-commerce. L’elenco dei mercati trasformati dalla rivoluzione digitale è già ora impressionante ed è destinato ad allungarsi, toccando sempre più business che si credono al riparo.

A rompere le uova nel paniere delle aziende tradizionali sono le startup tecnologiche, strani animali che nascono soltanto in particolari territori, il più significativo dei quali è Silicon Valley. Un recente studio di Compass, già Startup Genome, identifica i principali 20 ecosistemi di startup al mondo, indicandoci dove nasceranno le imprese del futuro. Purtroppo nessuno di questi è in Italia: un segnale da prendere sul serio, se vogliamo assicurarci un futuro di Paese avanzato.

L’analisi di Compass, scaricabile qui, parte dall’osservazione che le aziende tradizionali degli Stati Uniti, quelle dell’indice S&P 500, negli ultimi 45 anni hanno visto declinare il rendimento delle loro attività patrimoniali dell’80%. Viceversa, negli ultimi 15 anni la crescita economica è stata trainata da aziende tecnologiche venute dal nulla (o totalmente reinventate come la Apple dopo il 1997). Sono segnali di un passaggio epocale.

Da una marea di micro aziende tecnologiche nascono, in piccolo numero, nuovi giganti in grado di stravolgere da soli prodotti, processi e mentalità del mondo industriale nel quale siamo cresciuti. Un fenomeno in cui l’ambiente di "coltura" è decisivo: la startup di successo non esplode ovunque, ma solo in determinati territori e a certe condizioni. Di qui l’importanza di creare, anche nel nostro Paese, uno o più ecosistemi con le caratteristiche giuste.

Compass spiega meglio di molti altri studi che cos’è un ecosistema di successo: non tanto e non solo un luogo in cui sono disponibili tecnologie avanzate. “La grande idea” scrive il rapporto “è forse uno degli elementi più mitologici e mal compresi delle startup”: a fare la differenza non è la tecnologia unica nel suo genere, quanto piuttosto la capacità di prendere una buona idea e costruirci intorno un’organizzazione che sappia generare vendite in maniera innovativa, consistente e scalabile".

In altre parole, la capacità di esecuzione batte le idee. L’investitore va dunque alla ricerca, in primo luogo, di persone: esseri umani con qualità eccezionali, in grado di affrontare l’incertezza, combinare visione e ferrea determinazione, sopportare prove durissime e uscirne con un risultato tangibile alla mano. Confermando la lezione di Vittorio Viarengo, l’ecosistema vincente è quello che attira e che forma una grande quantità di questo tipo di talenti, soggetti poco convenzionali e prevedibili. Un ambiente che necessita di molti investitori e mentori pronti a buttare tempo e denaro in migliaia di progetti destinati al fallimento – nella convinzione che i pochi casi di successo basteranno e avanzeranno.

Nella classifica, come prevedibile, Silicon Valley risulta dominante: nel 2013 e 2014 la regione di San Francisco ha generato quasi la metà di tutte le exit di startup tecnologiche, cioè la vendita o la quotazione in borsa. Seguono, a grande distanza, New York, Los Angeles e Boston. Tel Aviv, quinta, è il primo ecosistema non americano. L’Europa appare in crescita, con Londra sesta, Berlino nona, Parigi undicesima e Amsterdam diciannovesima. L’Italia è ancora fuori dalle prime 20. Bisogna ancora lavorare sodo.

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Mauro Battocchi

Sono console italiano a San Francisco. Ho alle spalle il servizio diplomatico in Germania e Israele per promuovere le nostre imprese. Ho lavorato per un periodo anche in azienda, in Enel. Il mio blog "San Francisco chiama Italia" racconta di una città che estende ogni giorno la frontiera del possibile; che disegna il modo di vivere globale con le sue battaglie di libertà e con l’innovazione tecnologica. La città e il nostro Paese hanno un rapporto che risale alla corsa all’oro di metà Ottocento. Oggi è quanto mai importante per il nostro futuro.

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