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Economia

Occupazione: perché bisogna puntare sui mestieri digitali

Entro il 2020 ci sarà bisogno di almeno 2 milioni di professionisti del web: ecco le competenze più richieste

Chi non cambia, è destinato a soccombere in un mercato ormai dominato dal web e dagli strumenti digitali. Vale per le aziende, ma anche per i lavoratori, a tutti i livelli della gerarchia, dai vertici aziendali all'ultimo degli stagisti.

L'ennesima conferma, semmai ce ne fosse ancora bisogno, arriva dall'ultima conferenza sulla gestione delle risorse umane organizzata dalla Top Employers, ente di certificazione internazionale attivo nel settore della gestione delle risorse umane, in collaborazione con l'associazione italiana per la direzione del personale (AIDP) e School of Management del Politecnico di Milano.

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I mestieri del futuro

Lo scenario di partenza è quello delineato dai dati del World Economic Forum, presentati durante la conferenza da Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano: gli effetti della trasformazione digitale e dei cambiamenti geopolitici sull’occupazione globale da qui al 2020 prevedono una creazione di 2 milioni di nuovi posti di lavoro prevalentemente nel digitale.

Ma quali sono le nuove professionalità ricercate dalle aziende?

Chi sta per iscriversi all'università, a un corso di specializzazione o a un master dovrebbe tenere presente soprattutto una cosa: i nuovi mestieri (ormai si usa indicarli anche in Italia quasi sempre in inglese) saranno tutti legati a un’alta specializzazione nel campo digitale.

Eccoli: data scientist, industrial designer, esperti di robotica, information security analyst, digital learning specialist, biotech engineer.

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La priorità delle imprese

Come spiega Massimo Bagelle, deputy country manager Italy di Top Employers Institute, il tema è quello del cambiamento: "Tra i primi tre segnalati dalle aziende, è strettamente correlato con quello della gestione dei talenti e sviluppo della leadership".

Motivo? "Il lavoro sta cambiando a grandissima velocità: si stanno trasformando non solo i confini, sia geografici sia organizzativi, ma anche i ruoli, i percorsi di carriera e il modo stesso di lavorare".

Non è un caso, quindi, che le aziende stesse abbiano indicato come priorità numero uno la modifica all'organizzazione, allineata sempre più spesso alla strategia di business (è così per l'87% delle imprese intervistate).

Tra le altre priorità, lo studio ricorda la necessità dello sviluppo della leadership (è la seconda priorità), dove il "buon esempio" deve partire dall’alto: nel 97% delle aziende l’executive management responsabilizza i leader aziendali sui nuovi comportamenti da adottare quando si sta "ai posti di comando".

L'Italia è ancora indietro

Quanto all'utilizzo del digitale, il 53% delle aziende mette a disposizione un portale o un forum di leadership per incentivare il networking, la comunicazione e la condivisione.

Un dato significativo e in forte aumento (+11%) rispetto all’anno scorso, quando i portali di condivisione erano adottati dal 42% delle aziende italiane, ma ancora inferiore alle medie europee (61%) e mondiali (63%).

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Massimo Morici

Scrivo su ADVISOR (mensile della consulenza finanziaria), AdvisorOnline.it e Panorama.it. Ho collaborato con il settimanale Panorama Economy (pmi e management) e con l'agenzia di informazione statunitense Platts Oilgram (Gas & Power).

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