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Economia

Nike, perché taglia 1.400 posti di lavoro

Il colosso americano ha scelto di puntare tutto sul fattore moda e vendite online

"Dobbiamo tagliare posti di lavoro per ricominciare a crescere e seguire meglio i nostri clienti": sono queste le motivazioni utilizzate dal colosso mondiale dell'abbigliamento sportivo per spiegare le ragioni dietro l'annuncio sbalorditivo di voler tagliare niente meno che 1.400 unità di lavoro. Immediata la reazione dei mercati, dove il titolo ha perso più del 2 per cento del suo valore immediatamente dopo l'annuncio.

I numeri di Nike

Il colosso americano non è certo in difficoltà. Anzi: a dispetto di una concorrenza sempre più agguerrita, Nike è riuscita ad assicurarsi per il terzo semestre consecutivo (i dati si riferiscono ai conti chiusi a fine febbraio) una crescita del 5 per cento (8,4 miliardi di dollari), ed è difficile immaginare che nei tre mesi successivi l'azienda abbia subito un rallentamento così forte da giustificare un taglio drastico per rimanere a galla. Certo, i suoi azionisti speravano in qualcosa di più di una rivalutazione del valore del titolo di un "misero" 24 per cento, ma coi tempi che corrono sarebbe meglio non lamentarsi.

I dettagli di una ristrutturazione ambiziosa

Andando a guardare i dettagli della ristrutturazione annunciata da Nike, però, il piano del colosso statunitense appaiono tutt'altro che irrazionali. L'azienda, infatti, sostiene di non voler tagliare il personale per ridurre i costi, ma per rendere più snella una struttura che è cresciuta troppo e troppo in fretta. I 1.400 posti di lavoro rappresentano il 2 per cento della forza lavoro complessiva, una scelta resa necessaria dalla decisione del Ceo Mark Parker di puntare di più sulla tecnologia. Quindi Nike si appresta non solo a tagliare una serie di linee di produzione che ormai non vanno più di moda (e anche in questo caso il taglio è netto perché si parla di almeno un quarto dell'attuale campionario) per concentrarsi sui modelli che si vendono meglio, come ZoomX, Nike React e Air VaporMax, ma a rilanciare le piattaforme per la vendita online, comodissime soprattutto per l'acquisto delle scarpe, il cui numero solitamente non cambia.

Infine, Mark Parker crede che la chiave per vincere la concorrenza stia nella capacità di garantire ai clienti la possibilità di acquistare i capi che desiderano in maniera semplice e rapida, e di offrire loro la possibilità di scegliere modelli personalizzati. Nelle forme, nei colori e nelle prestazioni, a seconda delle singole esigenze. Per fare questo, Nike ha bisogno di investire ancora di più in nuove tecnologie e personale qualificato.

Le città chiave per Nike

Nike ha identificato per ora dieci paesi e dodici città in cui testare i suoi nuovi piani operativi: si tratta di Milano, New York,Londra, Shanghai, Pechino, Los Angeles, Tokyo, Parigi, Berlino, Città del Messico, Barcellona e Seul. La compagnia americana si aspetta infatti che nei prossimi tre anni l'80 per cento della sua crescita dipenderà dai negozi localizzati in queste metropoli. 

Fitness e moda

Anche nel modo del fitness, l'estetica ha preso il sopravvento. Per la maggior parte dei clienti, praticità, qualità e stile hanno la stessa priorità. Ecco perché per Parker è giunto il momento di appendere i modelli più vecchi al chiodo, ed ecco perché le grandi capitali della moda internazionale rappresentano la vetrina migliore per rilanciare il marchio Nike in tutto il mondo.


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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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