Edilizia ed incentivi fiscali: servono soldi subito
Economia

Edilizia ed incentivi fiscali: servono soldi subito

Alla vigilia dell'avvio della fase due del piano di sviluppo del Governo Monti, il presidente dell'Ance Paolo Buzzetti lancia il suo appello: il settore ha perso in tre anni 43 miliardi. Ora serve uno choc forte

"Siamo come un infartuato che ha bisogno di una decisa e rapida riabilitazione per evitare una pericolosa ricaduta". L’ingegnere Paolo Buzzetti, presidente dell’Ance, usa questa immagine clinica per fotografare lo stato di salute dell’edilizia italiana. L’associazione di Confidustria dei costruttori edili attende alla prova del mercato i provvedimenti del governo contenuti nel decreto sviluppo.

E spera che il nuovo ottimismo del premier Mario Monti e dei suoi ministri sia motivato da ragioni ai più ancora ignote. "Mi auguro che il presidente del Consiglio abbia informazioni che noi non conosciamo sull’euro e l’Europa e che possano far pensare a un risanamento del clima economico internazionale", dice Buzzetti. "Perché tutti i nostri problemi nascono da lì e adesso non possiamo fare altro che attendere il pronunciamento di metà settembre della Corte costituzionale tedesca. Certo è che noi non possiamo continuare così".

La “cartella clinica” redatta dall’Ance non lascia dubbi sul fatto che l’infarto ci sia stato e bello forte. Dal 2008 il settore ha visto evaporare un quarto degli investimenti, circa 43 miliardi. E a fine anno la perdita sarà ancora più pesante. È come se si fosse tornati indietro alla metà degli anni 70 del secolo scorso. Solo negli ultimi tre anni sono fallite 7.500 imprese ma quelle semplicemente “scomparse” sono molte di più, 40mila.

Aumentano solo quelle con un addetto. È facile immaginare che si tratti di lavoratori espulsi che si arrangiano nel mercato degli interventi occasionali. Perché, ovviamente, l’infarto ha avuto un effetto devastante sull’occupazione: dall’inizio delle crisi, se si considera anche l’indotto, i posti di lavoro persi, sono mezzo milione. "Che ricominci a circolare liquidità!", è l’appello-auspicio di Buzzetti. "D’accordo preoccuparsi delle grandi aziende, d’accordo preoccuparsi di attrarre i capitali internazionali ma non dimentichiamo che siamo un Paese di piccole imprese distribuite sul territorio. Serve quindi tornare a far circolare sangue anche nelle zone periferiche del nostro corpo economico. Altrimenti manca l’ossigeno e rischiamo un nuovo infarto".

Le prime bombole di ossigeno dovrebbe aprirle lo Stato. Il mondo dell’edilizia attende ancora 19 miliardi dalla pubblica amministrazione. Il governo ha promesso, si è impegnato ma i soldi ancora non sono arrivati. Poi dovrebbero ripartire i lavori pubblici. "Dall’inizio della crisi gli investimenti in questo settore si sono dimezzati", ricorda Buzzetti. "La prima cosa da fare sarebbe una grande opera di manutenzione".

Il decreto sviluppo è un buon carrello di medicine (incentivi fiscali per le ristrutturazioni e l’efficienza energetica primi fra tutti) e infatti per il 2013 si prevede uno stop alla caduta degli investimenti. Una buona opportunità per ripartire se venisse ancora ridotto il carico fiscale sulla casa, si tornassero ad alimentare i mutui immobiliari, venisse eliminata l’Imu sull’invenduto delle imprese di costruzioni e ben usato il nuovo piano città vicino al varo.

"Con il decreto sviluppo è stata presa la strada giusta", ammette Buzzetti. "Il governo ci ha ascoltato ed è stato anche abbastanza rapido. Ma adesso i decreti devono rapidamente diventare tutti operativi. L’autunno sarà decisivo. Adesso serve uno choc forte". Urge defibrillatore per dare un colpo deciso e far ripartire al giusto ritmo il cuore stanco dell’edilizia. E di tutta l’economia.

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Giovanni Iozzia

Ho lavorato in quotidiani, settimanali e mensili prevalentemente di area economica. Sono stato direttore di Capital (RcsEditore) dal 2002 al 2005, vicedirettore di Chi dal 2005 al 2009 e condirettore di PanoramaEcomomy, il settimanale economico del gruppo Mondadori, dal 2009 al maggio 2012. Attualmente scrivo su Panorama, panorama.it, Libero e Corriere delle Comunicazioni. E rifletto sulle magnifiche sorti progressive del giornalismo e dell’editoria diffusa.  

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