Cina, crollo della Borsa: 6 cose da sapere
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Economia

Cina, crollo della Borsa: 6 cose da sapere

Speculazione e sregolatezza stanno facendo crollare il mercato di Shanghai. Finora ha avuto pochi effetti l'iniezione di liquidità della Banca centrale

Il crollo della Borsa cinese

Mentre il mondo è concentrato sulla Grecia, la Cina le borse sono nel panico.

Questa mattina, 8 luglio, a Shangai - riferiscono varie fonti - è stata sospesa quasi la metà dei titoli quotati, nonostante l'annuncio da parte della Banca centrale cinese di ulteriori interventi volti a stabilizzare il mercato.
'Congelate' contrattazioni per 1.400 miliardi di dollari su circa 1.200 titoli quotati.

Da Pechino giunge un ulteriore segnale del timore. La Commissione che controlla i 112 colossi imprenditoriali di proprietà dello Stato ha ordinato loro di non vendere azioni loro o delle loro controllate "durante questa inusuale volatilità" del mercato.
Anzi. La "Assets Supervision and Administration Commission of the State Council" ha inevce ordinato loro di acquistare azioni delle società che controllano per stabilizzare il valore delle loro azioni.

L'annuncio viene dopo che per l'ennesima seduta le borse di Shanghai e di Shenzen come quella di Hong Kong stanno registrando fortissime perdite: al momento Shangai, che ha aperto con un calo del 7% cede il 3,88%. Mentre Hong Kong perde il 4,18.
A nulla è valso finora l'annuncio della Banca Centrale di nuove iniezioni di liquidità e la sospensione di 1.476 titoli (la metà del listino) per arginare il crollo.
Dal picco raggiunto il 12 giugno scorso, quando la borsa si Shanghai ha guadagnato oltre il 150%, in totale i mercati cinesi hanno perso in meno di un mese oltre il 30% del loro valore.

il crollo delle Borse cinesi: in tre settimane sono stati bruciati qualcosa come duemila miliardi di dollari, una cifra dieci volte più grande del Pil greco, è passato quasi inosservato.

Nelle prossime pagine, in sintesi, cosa sta succedendo in Cina
(sfoglia per leggere i punti della questione)

Cosa sta succedendo in Cina

Sono anni che riferendosi all'economia della Repubblica popolare si parla bolle prossime all'esplosione: immobiliare prima, finanziaria poi. E invece, a dispetto di ogni previsione, i mercati hanno continuato a stare in piedi. Fino a quando gli effetti di medio periodo di una crescita in forte rallentamento non sono venuti a galla. Facendo appunto scoppiare situazioni già fin troppo precarie. 

Quanta ricchezza è andata perduta

Prima di colare a picco, la borsa cinese è cresciuta per dodici mesi consecutivi a ritmi senza precedenti (150 per cento circa per i due valori di riferimento principali, Shanghai Composite e Shenzhen Composite), e a un certo punto è scoppiata. All'inizio di giugno è stato registrato un crollo del 18 per cento, e da allora la borsa non si è ancora risollevata. Dopo aver accumulato un valore di circa 6,5 trilioni di dollari, il crollo del 30 per cento ne ha bruciati circa 2. 

Perché la bolla è scoppiata

Se la speculazione nel comparto dell'edilizia è stata indirettamente fermata dal momento che in Cina oggi non si costruisce più ai ritmi di anche solo cinque o sei anni fa, tanti hanno cercato di realizzare guadagni facili investendo in borsa. Nella certezza che anche una crescita meno rapida avrebbe garantito ottimi profitti.

Ma il vero problema del paese è che la maggior parte degli operatori investe con soldi presi in prestito, un'abitudine che, alla prova dei fatti, moltiplica gli effetti negativi di una bolla ad ogni minimo ribasso. Questo perché se si investe più di quanto si possiede e il mercato cresce, i profitti aumentano ma chi se ne avvantaggia di più è chi ha messo il denaro extra a disposizione.

Quando invece il mercato frena, chi deve far fronte alle perdite è il singolo che ha chiesto denaro a prestito, che inevitabilmente ne esce fortemente penalizzato. E in Cina, oggi, il mercato sta rallentando, trimestre dopo trimestre.

Cosa non ha funzionato

La scelta di abbassare i tassi di interessi, approvata per limitare questa corsa irrazionale agli investimenti, alla fine non ha fatto altro che peggiorare la situazione.

Come ha spiegato Michele Geraci, economista della Nottingham University Business School China, ad AgiChina 24, il cinese medio, "a fronte di ritorni sempre più bassi sui propri risparmi, ha in un certo senso costretto le banche a prendere i risparmi dei cittadini cercando di reinvestirli in asset che potessero dare un ritorno maggiore rispetto ai conti correnti". In questo modo, però, hanno spinto il mercato verso l'alto, "senza nessun cambiamento nei fondamentali delle imprese, senza nessuna revisione al rialzo dei profitti".

E a un certo punto la situazione è scoppiata. 

Cosa ha deciso di fare il governo

C'è chi, come Geraci, è convinto che Pechino non abbia i mezzi per frenare questa caduta ne' sia interessato a farlo. E invece quello che preoccupa di più è che tutte le strade tentate fino ad oggi si siano rivelate senza uscita. Manovre sui tassi di interesse, immissioni di liquidità, nuovi regolamenti per le banche, nulla ha frenato la corsa dei piccoli investitori che, inseguendo il sogno di un arricchimento facile, hanno preso di mira la borsa cinese (a maggio 2015 sono stati 12milioni i nuovi operatori che hanno iniziato ad operare sulle principali piazze del paese). E l'hanno fatta crollare. 

Quali gli scenari futuri più realistici

Nonostante questo, un intervento massiccio da parte delle autorità potrebbe rivelarsi controproducente. Il problema è serio nel senso che un mercato apparentemente poco stabile potrebbe scoraggiare gli aumenti di capitale delle singole aziende, ostacolare i prossimi passi verso la liberalizzazione e anche gli investimenti stranieri. Tuttavia, il rischio è che un intervento forte finisca col gettare le basi per una bolla futura ancora più ingestibile. Quindi? Cosa conviene fare? C'è chi suggerisce che l'unica strada percorribile sia quella di lasciar cadere i prezzi fino a quando il mercato non deciderà autonomamente di aver raggiunto il limite. E solo a quel punto definire nuove regole per evitare di ricadere, in futuro, negli stessi errori. Attenzione però: visto che la Cina sa che il suo mancato intervento potrebbe generare il panico, non è un caso che, per fare in modo che "tutto si muova nella giusta direzione", banche e fondi di investimento siano stati "richiamati all'ordine" per dare alle borse nuove abitudini e nuove regole per sopravvivere. Le misure di stabilizzazione introdotte nel fine settimana hanno regalato qualche boccata d'ossigeno alla piazza di Shanghai, ma dopo che questo crollo improvviso ha dimostrato che nemmeno la Cina è invincibile, resta da vedere quali risultati sarà possibile ottenere nel medio periodo con questi interventi pilotati

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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