Cina contro Usa: la guerra si fa in banca
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Economia

Cina contro Usa: la guerra si fa in banca

Ecco perché Italia, Francia, Germania e Regno Unito sono entrati nella Asian infrastructure investment bank, in contrasto con gli Usa

Italia, Francia, Germania e Regno Unito hanno deciso di entrare nella Asian infrastructure investment bank (Aiib). Il nuovo veicolo finanziario cinese irrita però gli Stati Uniti d’America, che sentono Beijing con il fiato sul collo. Infatti, la Aiib punta a essere un sostituto per la Banca mondiale e per l’Asian development bank (Adb), che sono da sempre a trazione statunitense. In questo modo, la Cina può rendersi ancora più indipendente finanziariamente e diventare un hub degli investimenti verso l’Asia. E può anche puntare al sorpasso di Washington nella corsa per il potere economico globale. 

Cosa fa la Aiib

Dopo un lancio sottotono, avvenuto lo scorso ottobre, finalmente arrivano i primi risultati per la banca dello sviluppo della Cina. Qualcuno, come HSBC, ha ribattezzato Beijing il nuovo polo finanziario mondiale. E qualcun altro, come Bloomberg, ha definito la Cina il nuovo Fondo monetario internazionale (Fmi), per i suoi interventi a sostegno di Argentina, Ecuador, Russia e Venezuela. Quello che accade in queste ore è destinato a mutare gli equilibri nell’economia mondiale. I primi Paesi a entrare nella Aiib sono stati 21: Bangladesh, Brunei, Cambogia, Cina, Filippine, India, Kazakhstan, Kuwait, Laos, Malaysia, Mongolia, Myanmar, Nepal, Oman, Pakistan, Qatar, Singapore, Sri Lanka, Thailandia, Uzbekistan e Vietnam. 100 miliardi di dollari di capitale disponile a regime, 50 miliardi disponibili subito, focus sulle infrastrutture essenziali, utilizzo della leva finanziaria. In pratica, un mega fondo per lo sviluppo asiatico. L’importanza è data dalla capacità che la Aiib avrà di attrarre investimenti infrastrutturali in Cina. Slegandosi dalla Banca mondiale e dalla Adb, la Aiib ha la possibilità di essere l’unico attore per questo genere di azioni. E adesso anche Roma, Parigi, Londra e Berlino hanno deciso di entrare nel fondo. “Ci sono mutui interessi”, ha detto il cancelliere dello Scacchiere George Osborne al momento della firma. E lo stesso hanno specificato gli altri partner europei.

Ci sono mutui interessi per lo sviluppo economico sia in Europa sia in Asia

La risposta dell’Italia

Come ha ricordato oggi il Tesoro, “la Aiib, quale nuova banca d’investimento che lavorerà con le banche multilaterali di sviluppo e di investimento esistenti, può svolgere un ruolo di rilievo nel finanziamento dell’ampio fabbisogno infrastrutturale dell’Asia”. Secondo il dicastero guidato da Pier Carlo Padoan, “la Aiib promuoverà lo sviluppo economico e sociale nella regione e contribuirà alla crescita mondiale”. In pratica, l’ingresso nel capitale della banca dello sviluppo cinese, che ha sede a Beijing, è funzionale a migliorare le condizioni delle attività economiche a livello globale.

Spiega il ministero dell’Economia che “Francia, Germania e Italia, operando in stretto raccordo con i partner europei e internazionali, intendono lavorare con i membri fondatori della AIIB per costruire un’istituzione che segua i migliori principi e le migliori pratiche in materia di governo societario e di politiche di salvaguardia, di sostenibilità del debito e di appalti”. E tutti si vola a Pechino per concludere affari, al grido di pecunia non olet. Del resto, come ci spiega un funzionario governativo cinese “i rapporti fra Italia e Cina sono ottimi e ci aspettavamo questa adesione. Sono sicuro che converrà a tutti e due l’entrata dell’Italia nella Aiib. Ci sono ottime potenzialità di sviluppo sia nel vostro Paese sia nel nostro”.

Il fastidio degli USA

Fin qui, la storia vista dal punto di vista, utilitaristico, della Cina e dell’Europa. A conti fatti, entrambe le regioni macroeconomiche hanno infatti bisogno di investimenti. I motivi sono allo stesso tempo analoghi e differenti. Da un lato la Cina ha necessità di mantenere elevato il tasso di crescita annuale. In particolare, sopra la soglia del 7% su base annua, considerata dagli economisti la quota minima per garantire uno sviluppo costante al Paese. Dall’altro, l’Europa è consapevole che buona parte della ripresa che si sta affacciando sarà basata più sulla domanda esterna che sulla domanda domestica. E non questo contesto, aprire le porte agli investimenti in Cina può essere funzionale a un do ut des capace di portare i fondi di Beijing nel Vecchio continente. Il tutto a discapito dei rapporti commerciali con gli USA.

I rapporti fra Italia e Cina sono ottimi e ci aspettavamo questa adesione

Il dilemma di Washington

Nemmeno troppo implicitamente, Washington ha criticato la decisione della Cina di creare una fotocopia della Banca mondiale e della Adb. Il fastidio nasce dalle richieste sempre più pressanti di Beijing a poter guadagnare potere sullo scacchiere finanziario globale. E cosa è la nuova iniziativa del presidente cinese Xi Jinping se non il tentativo di andare oltre i soliti canali di finanziamento, finora condotti sotto la guida americana? È legittimo che Washington si senta minacciata. Ma più che dalla Cina, dovrebbe essere preoccupata di se stessa e dell’architettura di sviluppo che ha creato dal Secondo dopoguerra a oggi, senza sostanziali modifiche, che fatica ad adattarsi in un mondo che corre più veloce e il cui equilibrio non è statico. Come ricorda Fred Bergsten, direttore emerito del Peterson institute for international economics, “gli USA dovrebbero lavorare insieme alla Cina sulla Aiib”. Essere consapevoli delle proprie debolezze, strutturali o temporanee, può aiutare a crescere e questa potrebbe essere la soluzione per Washington. 

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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