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Da sinistra: Jojo T. Gibbs, Luc Besson, Caleb Landry Jones (Ansa/Claudio Onorati)
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Festival di Venezia, «Dogman» di Luc Besson. Caleb Landry Jones struggente con un esercito di cani

Il regista francese, per la prima volta al Lido, porta in concorso una storia di sofferenza e devozione con un antieroe ai margini della società. A proteggerlo solo i suoi cani. «Due cose ci possono salvare in questo mondo: l'amore e l'arte»

Aveva ragione direttor Alberto Barbera a volere in concorso Luc Besson, mai sbarcato prima al Lido. Alla Mostra del cinema di Venezia 2023 applausi convinti a Dogmanalla prima proiezione per la stampa in Sala Grande. Con uno strepitoso Caleb Landry Jones - già premiato come miglior attore al Festival di Cannes 2021 per Nitram - che si candida alla Coppa Volpi. Più lui che Adam Driver, altra grande presenza oggi in laguna, che in Ferrari di Michael Mann ci propone un Enzo Ferrari autorevole ma di dubbio carisma, catturato tra privato e pista: un’icona italiana che parla inglese, una volta di più, stile House of Gucci, senza grandi emozioni ma anche senza lo stesso pasticciaccio brutto combinato da Ridley Scott.

Eccolo invece Caleb Landry Jones, forse pericoloso, forse no. Spunta a noi in piena notte per le strade del New Jersey con parrucca bionda e abito rosa alla guida di un camion carico di cani. Chi è mai costui? Dove ci porterà? L’attore americano, tra i più talentuosi tra i giovani emergenti, lavora di forza e contenimento, le sue parole escono lente, minacciose o affaticate, sicuramente dolenti. E pian piano iniziamo a conoscere il suo Douglas, antieroe ai margini della società, una sorta di Joker di Todd Phillips che però ha conservato la sua umanità, sofferente ma saggio, che non vira verso la follia.

«È da quando ho sedici anni che verso le 5 del mattino scrivo: è il mio modo di fuggire da questo mondo», racconta a Venezia edizione numero 80 Luc Besson, che torna al cinema dopo travagliate vicende personali. Per Dogman è stato ispirato da un articolo su una famiglia francese che ha chiuso il figlio di cinque anni in una gabbia. «Mi sono interrogato su chi possa diventare da adulto questo bambino: un terrorista o Madre Teresa?».

Caleb Landry Jones nel film "Dogman" (Foto: Shana Besson)

Il suo Douglas, solo e infermo, trova l’antidoto alla sofferenza nell’amore, l’unico amore che la vita gli concede: quello dei cani. «Più conosco gli uomini, più amo i cani», dice Douglas. «I cani non mentono mai quando parlano d’amore».
Dogman trova nella sofferenza, che accomuna e trova punti d’incontro, il suo linguaggio universale. Che conquista. Dogman sa essere crudele ma anche caldo e consolatorio. Se c’è qualcosa di «furbo» nel film e nella sua sceneggiatura solida è che Besson, che ha firmato anche lo script, sembra voler prendere il cuore degli spettatori tra le mani e stringerlo con veemenza perentoria. Il rapporto tra Douglas e i suoi cani invece non cerca scorciatoie accattivanti: poche smancerie, tanta concretezza.

Il lavoro con i tanti cani sul set è stato abbastanza complicato e ha richiesto tre mesi di tempo. «Ci sono stati 25 addestratori, ognuno con due cani, quindi al “ciak” era tutto un accavallarsi di “sit” e istruzioni da 25 voci diverse e intanto Caleb leggeva Shakespeare», racconta divertito Besson, che nel ringraziare la squadra di collaboratori si è commosso.

Anche se la storia di Douglas fluisce come un racconto, in risposta alla psichiatra interpretata da Jojo T. Gibbs, il ritmo non latita. «Mi è stata chiesta una performance controllata», dice Caleb Landry Jones, sorridente ma stringato alle domande dei giornalisti, ricordando nella ritrosia il primo Joaquin Phoenix. Ed è controllata ogni replica violenta di Douglas.

Immagine del film "Dogman" (Foto: Lucky Red)

«Se c’è una cosa di cui sono molto orgoglioso è la mia libertà creativa. Mi sveglio e scrivo quello che voglio», ha dichiarato il regista francese, autore di action thriller potenti come Nikita, Léon e Il quinto elemento. «Il mio primo timore è sempre chi sarà l’attore e temevo di non trovare per Dogman un attore così folle. Poi ho visto immagini di Caleb, soprattutto in Barry Seal - Una storia americana. Ma non si può intraprendere un lungo viaggio insieme se l’altra persona non ti piace, così prima ci siamo sentiti, abbiamo preso un tè insieme, gli ho chiesto se gli piacessero gli animali, abbiamo costruito un po’ alla volta, finché non siamo stati pronti a partire insieme».

Una delle scene più emozionanti del film? Quando Douglas canta Edit Piaf.
Il cast di Dogman, come pure quello di Ferrari, è a Venezia nonostante lo sciopero in corso di sceneggiatori e attori di Hollywood grazie un interim agreement, ovvero un accordo con il sindacato Sag-Aftra che ha dato il via libera alle produzioni indipendenti a promuovere i loro film, mossa che ha anche l’obiettivo di aumentare la pressione sull'associazione dei produttori Amptp.

«Due cose ci possono salvare», secondo Besson. «L’amore e l’arte, sicuramente non i soldi: se hai entrambi si è molto fortunati».
Dogman uscirà nelle sale italiane a ottobre con Lucky Red.

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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