Prima era una zona franca, vietata alla tecnologia. Ora si moltiplicano gli oggetti ricchi di sensori e chip da mettersi addosso per divertirsi o stare meglio. Così anche la moda è costretta a rivedere i suoi canoni.
Un top reggiseno con un grosso sensore integrato all’altezza dell’ombelico? Una scomoda cafonata. Un anello che tiene d’occhio il ciclo mestruale? Ai limiti della demenza. Una cuffia che incorpora una maschera per purificare l’aria? L’effetto tangibile di una distopia. Inutile dilungarsi o insistere, il concetto è chiaro: almeno fino a qualche anno fa, questi prodotti sarebbero stati giudicati eccentrici e bizzarri, visti come un superfluo capriccio creativo, una sfida al buon senso, la prova dell’invasività del progresso. Oggi esistono davvero, stanno debuttando sul mercato, vengono ritenuti utili e desiderabili: «La tecnologia è entrata in modo profondo nella vita di tutti i giorni e si è guadagnata un’accettabilità inedita, in passato impensabile» riflette Diego Cavallari, country manager di Acer, azienda che è tra i principali produttori di computer e dispositivi evoluti al mondo.
«Nel 2023, con l’arrivo degli occhiali intelligenti e il consolidamento dei nuovi orologi sempre più collegati ad app di messaggistica, fitness e social, il mercato è destinato a crescere in Italia di un altro 7,2 per cento, secondo le stime di Confindustria Digitale su dati NetConsulting». A ricordarlo è un’analisi di LinkedIn Italia dedicata al mondo dei «wearable», gli oggetti indossabili infarciti di chip. Secondo la piattaforma, andiamo verso una fase dell’innovazione meno «smartphone-centrica» (per l’ultimo trimestre del 2022, Qualcomm parlava di un calo delle vendite dei telefonini fino al 13 per cento) e più diluita in gadget plurimi, che infrangono l’ultima barriera rimasta: il corpo. Che si presta a una metamorfosi, si fa fulcro di una rivoluzione: da zona franca, inviolabile, proibita, diventa un appiglio disponibile per bracciali, orecchini e visori, tutti hi-tech.
Non siamo di fronte a una resa alle avanguardie, anzi è un mero atto di utilitarismo: «Ci interessa sempre di più sapere come sta performando il nostro organismo, ci preme controllarlo e capire come migliorarlo» rileva Cavallari. D’altronde, se accettiamo un orologio che non dice l’ora ma ausculta il battito cardiaco e sopportiamo un uovo-sensore che sporge da una maglietta è perché vogliamo imparare a respirare meglio e a neutralizzare lo stress. Se la mente non si cura da sola, le diamo una stampella. In quest’ondata di cose, la funzione sopravanza la forma, l’estetica è quasi ancillare o comunque periferica. Spesso, però, non per approssimazione, piuttosto per scuotere i canoni precostituiti. Per sfidare i limiti della moda sbandierando uno status: «Essere anticipatori, trendsetter» sottolinea Cavallari «vuol dire anche ostentare per eccesso. Sfidare le regole del design tradizionale».
Prendiamo come esempio AiGo della start-up padovana Oraigo: ricorda un grosso cerchietto, si mette in testa quando si guida. È in grado di catturare i segnali celebrali che fanno da preludio ai colpi di sonno, scuotendo il conducente con una vibrazione. Consentite anche a noi di leggervi nel pensiero: in passato lo avreste giudicato improbabile; oggi, specie se frequentate spesso le strade per lunghi viaggi, non solo lo reputate verosimile, ma ne vorreste volentieri uno. Ecco, questo nuovo corso della tecnologia indossabile non mira a trasformarci in esibizionisti, ma sa risolvere con ingegno e discrezione vecchi problemi. Di nuovo, all’insegna del made in Italy: l’imprenditore Andrea Goldoni, il legale d’impresa Marcello Benetti, il fisioterapista Stefano Caiumi, il designer Diego Dolcini e Simone Marchesini, esperto di tecniche ortopediche, hanno unito le forze per dare vita a Gait-Tech, un dispositivo biomeccanico brevettato che si nasconde all’interno della soletta delle scarpe e rende comode da indossare, per molto tempo, quelle con un tacco di qualunque lunghezza, anche esagerata. Ci riesce alleviando la pressione sulla parte del piede più sollecitata dalla presenza del tacco, ridistribuendo al meglio il peso del corpo, garantendo un’andatura sana e stabile.
«Abbiamo presentato la nostra soluzione al Ces, la fiera dell’innovazione mondiale di Las Vegas, dov’è stata accolta con grande entusiasmo» racconta la general manager Alice Carli: «L’hanno provata più di 200 donne. Alcune, incredule, si sono messe a correre tra gli stand». Gait-Tech è tutto fuorché un prodotto di nicchia: «Può essere adottato dai gruppi del lusso come dai brand di massa». È una dimostrazione, l’ennesima, della trasversalità della tecnologia indossabile: «Un settore» commenta Carli «in cui l’innovazione è davvero tale se si mette al servizio del benessere delle persone». Mentre Iron Man non è più un fumetto, ma una versione possibile dell’uomo contemporaneo.






