Saranno i luoghi dove incontrare gli amici, giocare, fare sport, lavorare, partecipare a eventi. Saranno accessibili tramite lenti, visori o davanti gli schermi, però con dinamiche più interattive di oggi. Viaggio nei metaversi, il futuro imminente della vita online.
Saranno le nuove piazze e le palestre, gli equivalenti delle arene, degli auditorium e degli stadi, all’occorrenza le sale riunioni degli uffici e a volte un po’ i bar, a patto di servirsi da bere da soli. Permetteranno di ritrovarsi con gli amici e conversare con loro, giocare e allenarsi assieme a conoscenti e sconosciuti, partecipare a eventi, riunioni, concerti, ritrovi di massa. In maniera digitale, a distanza, da casa.
Diventeranno l’opposto dei social network come li conosciamo, flussi schematici e ridondanti di foto, testi e video da consumare su schermi di taglie assortite. Si trasformeranno in luoghi immersivi, da esplorare tramite visori per la realtà virtuale, occhiali per quella aumentata (lenti che innestano elementi digitali negli sguardi sul mondo circostante). Da vivere attraverso computer, tablet e smartphone, però senza scorrere schermate con le dita o con il mouse. Si farà tutto parlando, ascoltando, scrutando gli altri e facendosi vedere da loro, in diretta, in modo autentico o camuffati da avatar: personaggi di bit che riproducono le proprie sembianze o consentono di essere chiunque si voglia, con fattezze umane, robotiche, animali o soprannaturali.
In una parola sola, i social saranno metaversi: «Una versione evoluta, meno piatta di se stessi. Gli spazi delle prossime relazioni interpersonali» sintetizza Serena Tabacchi, esperta del tema e direttrice del Mocda, il Museo di arte contemporanea digitale, visitabile online e demiurgo di mostre fisiche itineranti. La riprova che questo ibrido di intangibile e materiale esiste già.
Lo scorso agosto, Microsoft ha annunciato di aver superato i 141 milioni di utenti attivi, il 30 per cento in più rispetto a dodici mesi prima, su Minecraft: longevo esperimento di edilizia collettiva, dove ci si raduna per costruire e abitare altri mondi. Roblox, che in Borsa vale quasi 50 miliardi di dollari, è tra le arene preferite dai ragazzi per incontrarsi e giocare sul web. O seguire concerti: l’anno scorso, quello virtuale del rapper Lil Nas X ha radunato 33 milioni di spettatori.
Su Fortnite, ennesima mecca dell’intrattenimento per giovanissimi, nell’aprile del 2020 Travis Scott, un altro rapper, aveva incantato 12 milioni di fan. Mentre il marchio di moda Gucci ha aperto sempre su Roblox una serie di stanze tematiche, dove per due settimane i visitatori hanno potuto approfondire l’immaginario del brand, acquistare e indossare capi e accessori di pixel. Perché vestire il proprio avatar sarà un business enorme: secondo la società DMarket, è in grado di generare un giro d’affari da 40 miliardi di dollari l’anno. Essere è apparire, anche sul social che verrà.
Mark Zuckerberg, il re di Facebook e Instagram, ci crede oltremodo e ha fiutato l’affare, al punto da avere cambiato il nome della sua compagnia in Meta. Investirà miliardi di dollari per teletrasportarci dovunque non siamo: «Sarà una migrazione di massa di cose e persone dal reale al virtuale. Un combinato frutto di componenti psicologiche ed economiche» osserva Tabacchi.
La pandemia ha sdoganato il lavoro da remoto, la propensione a spendere per il fitness e i corsi online, ha fatto decollare i passatempi domestici, dai videogame ai servizi in streaming. Ci ha educati tutti, non solo le nuove generazioni, alle potenzialità del web e intanto reso pantofolai, più frustrati e timorosi: secondo una ricerca dell’agenzia media Initiative, il 38 per cento degli italiani dichiara di non essere a suo agio in luoghi affollati, il 27 per cento si sente sicuro e protetto solo a casa. Ci sono le premesse perché questi orizzonti alternativi, fisicamente non impegnativi, possano prosperare.
«Danno status e possibilità che nella vita quotidiana non si avrebbero mai: consentono di viaggiare senza inquinare, di rendere la cultura meno piramidale ed esclusiva» commenta Tabacchi che è anche head of publishing di The Sandbox, altro metaverso prossimo al lancio, dove si giocherà, parteciperà a vernissage, happening, esibizioni. Grandi nomi della musica come il rapper Snoop Dogg o il deejay Deadmau5 sono già a bordo, così come icone del divertimento per ogni età, dai Puffi agli zombie di The Walking Dead, mentre è in arrivo uno dei principali marchi globali dell’abbigliamento sportivo. Perché se sui classici social vogliamo pubblicare foto splendide, video divertenti, testi sagaci, su quelli di domani cercheremo di sembrare splendenti, magari arredando le nostre stanze virtuali con gusto e sfarzo (a pagamento), calzando la scarpa di tendenza per la lezione di fitness con gli altri avatar.
Anche se nel mondo vero viviamo in un rudere e indossiamo il pigiama. Si avvera la profezia del film Ready Player One, diretto nel 2018 da Steven Spielberg. Storia di poverissimi disgraziati, stipati in roulotte fatiscenti, che conducevano esistenze magnifiche nell’unica maniera accessibile: con un visore sul naso.
Del tema, ciascuno si faccia l’opinione che ritiene sensata. Valuti se la realtà aumentata sarà davvero tale, in quanto amplia le opportunità, espande le modalità della partecipazione, ne allarga la platea potenziale. O invece la realtà stessa si ritroverà diminuita, perché il metaverso marginalizza il concreto, ne assorbe gli spazi anche solo erodendone i tempi. Ci rinchiude meglio e di più, ci spinge nel rifugio apparente della profondità di uno schermo.
