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Invito al gran ballo (con avatar)

Invito al gran ballo (con avatar)

Dopo Roma, la coreografa spagnola Blanca porterà al Festival dei due Mondi di Spoleto il suo avveniristico spettacolo, Le Bal de Paris. Un’esperienza virtuale dal forte impatto estetico e con «una condivisione collettiva di emozioni».


Sensori alle caviglie e ai polsi, un piccolo computer con un suo leggero peso sulla schiena e un casco digitale, Oculus, in testa. «Dovete essere spontanei e fare ciò che vi suggeriamo, per il resto lasciatevi trasportare. Tanto per iniziare, nella stanza guardaroba dovrete scegliere un abito da ballo, cliccando sulla mano dorata che vedrete davanti a voi. Sarete trasformati nel vostro “avatar”, se non vi piacerà, potrete cambiare vestito e quindi avatar. Guardatevi allo specchio, avrete tutti un meraviglioso abito Chanel e una maschera con il volto di un animale, un cervo, un gatto, un cane, vi sembrerà magico» spiega la filiforme ballerina in tuta nera, come il suo compagno danzatore, ai dieci partecipanti al Bal de Paris. Così inizia l’immersione in un mondo fatato fatto di magnifici saloni parigini, di giardini con ninfee giganti, di fiumi abitati da sirenette con la maschera di ranocchie, di ballerine del can-can. Tutto è in onore di Adel, la figlia di un magnate che ha fatto ritorno a Parigi e ritrova l’amore dimenticato. Una favola romantica che permea, magicamente, corpo e mente di tutti i partecipanti coinvolti in questa esperienza fortemente voluta dalla ballerina e coreografa spagnola Blanca Li. Un’adolescenza da ginnasta, il flamenco e, con l’arrivo a New York, l’inizio di una carriera nella danza contemporanea, prima come allieva di Martha Graham e poi come ballerina al Metropolitan, coreografa dell’Opéra di Parigi (e dei video di Paul McCartney, Beyoncé e dei Daft Punk), direttrice artistica dei Teatros del Canal di Madrid. E ancora attrice per Pedro Almodovar, infine regista con un Leone d’oro alla Biennale Cinema di Venezia come Migliore esperienza VR appunto con Le Bal de Paris. Spettacolo presentato a Roma, a Palazzo Farnese e portato al Festival dei due mondi di Spoleto, fino al 9 luglio.

L’importanza della fisicità del corpo nella danza e l’impalpabilità degli avatar. Com’è nata l’idea di questo ballo virtuale?

Sono curiosa per natura e fin quando ero molto giovane sono stata attratta dai video, ho sperimentato tante tecnologie per il suono e per la luce. Ho anche ideato un ballo con un robot umanoide. Mi sono sempre chiesta come le nuove tecnologie avrebbero potuto interagire con il mio mondo di riferimento. Circa dieci anni fa ho provato per la prima volta la realtà virtuale e ho cominciato a fantasticare su come avrei potuto utilizzarla nel mio lavoro.

Suo marito è un matematico coreano, è stata lui ad aiutarla?

Diciamo che mi ha aperto qualche porta per avere accesso a tecnologie ancora nuove per l’Europa, ma poi il mio studio, durato circa tre anni, è avvenuto a Parigi.

Ci può spiegare qual è la differenza tra una delle tante esperienze virtuali che si possono fare oggi e quella del suo Bal de Paris?

All’inizio, abbiamo cominciato con uno spettacolo di 20 ballerini che danzavano in una dimensione virtuale e gli spettatori potevano vederli mettendosi a loro volta un visore, ma per me questo non era abbastanza. Non era interessante. Eravamo tutti nello stesso mondo ma non potevamo interagire. Così ho avuto l’idea di lavorare proprio sull’aspetto interattivo tra le persone, ovvero tra i loro avatar. Desideravo che si potessero toccare e ballare insieme. Volevo che tutti fossimo fisicamente presenti in una realtà virtuale. Ho dovuto aspettare diversi anni prima che la tecnologia raggiungesse livelli tali da poter permettere che questo sogno si realizzasse. Ho studiato fianco a fianco con programmatori e tecnici geniali fino al risultato attuale.

Il Bal de Paris è in un certo senso un’esperienza democratica: tutti possono indossare un abito Chanel e partecipare a un gran ballo. C’è un messaggio politico in questo?

Io sono tra quelli che pensano che ogni azione sia politica. Sentirsi speciali, anche solo per 35 minuti, quanto dura il Bal, è una possibilità per tutti.È la condivisione di sentimento collettivo.

Come ha incontrato la maison Chanel?

Con Karl Lagerfeld che mi ha chiesto di posare per un ritratto. Da lì è iniziata una bella storia.

Aveva mai lavorato con la moda?

Ho iniziato a collaborare con Martin Margiela, anzi prima con Sybilla, poi con Alaïa, con Jean-Paul Gaultier. Mi piacciono le contaminazioni artistiche di ogni tipo.

Cosa ne pensa dell’Intelligenza artificiale?

Ne sono completamente affascinata, siamo nel pieno di una rivoluzione importante, come quella della scoperta dell’elettricità, o di internet per esempio. Influenzerà il nostro modo di vivere, pertanto bisogna essere preparati e capire cosa c’è di buono e cosa di perverso. L’intera umanità ne sarà coinvolta, per questo serve essere informati, senza pregiudizi e condizionamenti. L’Intelligenza artificiale potrà essere utile in campo medico, artistico, ma bisogna essere vigili sul suo impatto ambientale perché la tecnologia non è certo green.

Da giovani tutti amano ballare, poi da adulti si perde confidenza con la danza…

Certo, intanto perché si perde confidenza con il proprio corpo e con la spontaneità del movimento, e poi subentrano pregiudizi, il timore di non essere all’altezza, di essere giudicati. Si perde un po’ il ritmo giocoso della vita.

A teatro si va per la prosa, la lirica, forse il balletto classico, ma poco per la danza contemporanea.

È così. Il balletto classico è rassicurante perché rappresenta la tradizione, la danza contemporanea è libertà, i movimenti apparentemente scomposti possono forse depistare. Ci vuole un’educazione a questo tipo di linguaggio che però, pian piano, sta conquistando molte persone.

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