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Fricchettoni digitali

Fricchettoni digitali

Molti guru della Silicon Valley s’ispirano alla controcultura psichedelica. E alcuni non fanno mistero di utilizzare droghe per raggiungere «l’illuminazione». Tra potere e sregolatezza.


Suscitando generale sconcerto, il 31 luglio scorso il guru di Tesla, Elon Musk, ha scritto su Twitter che «le piramidi sono state costruite dagli alieni». Ovviamente le autorità egiziane si sono indignate, il celebre egittologo Zahi Hawass, trattenendo le risate, ha risposto che si tratta di una «totale allucinazione». In realtà, di fronte ad affermazioni simili non ci si dovrebbe affatto stupire.

In fondo, Elon Musk è lo stesso uomo che pensa di risolvere i problemi di traffico di Los Angeles scavando tunnel sotterranei ed è convinto di portare l’uomo su Marte, dunque perché scandalizzarsi per qualche uscita sugli alieni? Al netto dell’ironia, in ogni caso, le parole di Musk forniscono lo spunto per fare luce su un aspetto decisamente poco noto della Silicon Valley e dei suoi «visionari», come va di moda chiamarli. Un lato esoterico e psichedelico, che origina dalla saldatura fra la controcultura californiana degli anni Sessanta e i grandi innovatori tecnologici che, da un paio di decenni, stanno rimodellando il mondo.

A incarnare perfettamente questo legame è una figura poco nota al grande pubblico, ma estremamente rilevante come John Perry Barlow (morto a San Francisco nel febbraio 2018). Costui è stato uno dei pionieri dell’attivismo digitale e della «cyberculture». Nel 1996 fu l’autore di una Dichiarazione d’indipendenza del cyberspazio, un testo in cui – come ha scritto l’economista Andrea Fumagalli – «echeggiano i temi della libertà di espressione già rivendicati dal Free speech movement negli anni Sessanta».

Barlow era convinto che i computer e i supporti informatici potessero offrire «la possibilità alle donne e agli uomini di far parte di un mondo in grado di esaltare la propria identità e di favorire la cooperazione sociale». Sono le basi della stramba filosofia della Silicon Valley, in cui si fondono libertarismo e progressismo: «Una volta liberati dalle gerarchie imposte dal mondo materiale, gli individui dello spazio cibernetico di Barlow potranno immaginare una società non molto dissimile da quella auspicata dal Free speech movement, una società libera dalla burocrazia e dalle gerarchie».

L’aspetto curioso di tutta la faccenda è che Barlow fu anche paroliere per i Grateful Dead, forse la band più rappresentativa della cultura psichedelica statunitense, il filo rock che unisce le Beat generation e gli sperimentatori della Lsd come Timothy Leary. Ha scritto Enrico Beltramini in Hippie.com (Vita e pensiero) che lo spirito della controcultura californiana «è stato spesso associato al movimento Beat, agli anni Sessanta, all’estate dell’amore (1967), al movimento del Free speech, agli hippie, alle droghe. Tutte espressioni dello stesso sentimento di contestazione della cultura tradizionale americana».

Solo che i contestatori di allora oggi sono al potere. E stanno cambiando la cultura – americana e mondiale – basandosi proprio sui progetti di sovversione radicali emersi nei fioriti anni degli hippie. Senza la visione del mondo emersa in California a cavallo fra i Sessanta e i Settanta, l’attuale Era Informatica non sarebbe mai cominciata. È in quel periodo e in quei luoghi, infatti, che si è sviluppata una nuova concezione della scienza, la quale ha dato ad alcuni individui a modo loro geniali lo spunto per immaginare una realtà alternativa a quella data, magari virtuale.

Nei dintorni di Palo Alto, versante settentrionale della Silicon Valley, si trovano alcune sedi dell’Università di Stanford. Lì è nata la scuola di Psicoterapia di Palo Alto, sempre lì c’è l’Istituto americano di matematica, sempre lì si trova la sede di Facebook. A Paolo Alto operò Gregory Bateson, che Maurizio Macale, nel suo libro sui padri della New Age, definisce «grande esploratore del sistema-mente come un unico, grande tutto dove l’energia e la memoria svolgono un insostituibile ruolo di “spirituale” legante». Quest’idea ricorda molto da vicino la «magia naturale» del Rinascimento, e le dottrine ermetiche. Non per nulla, Hermes (da cui è scaturito l’Ermete Trismegisto adorato dagli alchimisti) era il dio dell’informazione. E la cibernetica, che oggi fiorisce nelle stesse valli californiane, veniva definita dal suo fondatore Norbert Wiener come «scienza dell’informazione e del controllo». Insomma, qualcosa di esoterico si è sempre aggirato in quei luoghi.

Non per nulla i primi grandi sperimentatori delle droghe psichedeliche, come il già citato psichiatra di Harvard Timothy Leary, andavano in cerca di una «illuminazione» spirituale, ottenuta però per via chimica ed estesa a tutto il mondo (a partire dai giovani studenti), cosa che suscitò la riprovazione della scrittrice Anaïs Nin. Tra i consumatori di Lsd va annoverato anche il grande profeta della Religione Digitale, ovvero Steve Jobs, il quale – come ricorda Michael Pollan – «diceva spesso che i suoi esperimenti con l’Lsd erano stati una delle due o tre esperienze più importanti della sua vita. Gli piaceva prendersi gioco di Bill Gates, accennando che “sarebbe di più ampie vedute se avesse frequentato un ashram da ragazzo” (in realtà, Gates ha detto di aver provato l’Lsd)».

Un altro grande protagonista della rivoluzione psichedelica, agli albori, fu Myron Stolaroff, ingegnere elettronico che ricopriva un ruolo di vertice alla Ampex, azienda pionieristica nello sviluppo di nastri magnetici per la registrazione di audio e dati, nonché uno dei primi colossi della Silicon Valley. La storia di Stolaroff la ricostruisce Mario Arturo Iannaccone in un libro splendido e documentatissimo appena uscito per Ares, intitolato Rivoluzione psichedelica. «Stolaroff è stato uno dei creatori delle cliniche dell’Lsd» dice Iannaccone a Panorama. «I luoghi in cui si sviluppò la rivoluzione psichedelica sono gli stessi in cui poi si è sviluppata la rivoluzione digitale. In un certo senso, gli animatori della rivoluzione digitale hanno creato una realtà allucinatoria, riproducendo le esperienze avute con le droghe. Nell’ideologia della rivoluzione psichedelica torna spesso l’idea di “superare i limiti”, di entrare tutti “in connessione”».

L’illuminazione raggiunta tramite le droghe, lo sviluppo della spiritualità «acquariana» della New Age, la nuova scienza «non cartesiana» e il libertarismo sessuale hanno prodotto una sorta di universo alternativo che i guru digitali hanno trasposto dalla teoria alla pratica tramite i computer. È stata l’ultima grande rivoluzione della modernità. E come quasi tutte le rivoluzioni, si è presto trasformata in una dittatura, solo un po’ più dolce e fricchettona.

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