Chip cerebrali di ultima generazione che fanno «dialogare» i neuroni con il corpo. Obiettivo, restituire autonomia ai pazienti con disabilità. Li sta sperimentando la start up Corticale dell’Istituto di Tecnologia di Genova. Più avanti, in questo settore, persino della celebre Neuralink di Elon Musk.
C’è un «algoritmo buono», che parla italiano, sperimentato con successo nel contrasto di varie malattie neurodegenerative: dall’Alzheimer all’ictus, con inediti benefici anche nel trattamento dei tumori. Per molti dei mali più diffusi e debilitanti, quindi, la cura potrebbe arrivare direttamente dai nostri neuroni, dalla cui attività nasconi pensieri, ricordi, sentimenti, azioni. Non caso una delle principali sfide scientifiche del prossimo decennio è «decifrare» il cervello umano, molto più di quanto si sia riusciti a fare finora. Tra i primi a lanciarsi nel «Decennio della mente» è stato, ovviamente, Elon Musk.
A fine maggio la sua società Neuralink ha ottenuto l’autorizzazione dalla Food and drug administration americana per sperimentare sull’uomo l’impianto di chip cerebrali di ultima generazione nei pazienti con gravi disabilità. Per i test clinici, Neuralink sta reclutando volontari affetti da paralisi, cecità, sordità o incapacità di parlare. I partecipanti dovranno indossare un dispositivo per la lettura del cervello basato sull’Intelligenza artificiale. Una tecnologia di interfaccia cervello-computer denominata «N1 Implant» che, secondo l’azienda, «potrebbe consentire ai pazienti di comunicare con i computer» allo scopo di riportarli alla loro autonomia. Grazie all’algoritmo sviluppato dall’A.I., queste neuroprotesi elaborano i segnali neurali all’interno del dispositivo, che poi trasmette le informazioni a un’app dedicata alla decodifica dei dati raccolti. Per descrivere il risultato di tali esperimenti, sono stati coniati i termini «hybrid minds» e «hybrid bodies», dal momento che i più avanzati dispositivi integrati sono in grado di influenzare la capacità motoria dell’individuo, ma anche il pensiero e le emozioni.
Certo Musk non è l’unico interessato a scandagliare le incredibili potenzialità racchiuse nella mente umana. In Italia, a Genova, c’è chi è riuscito a fare prima e meglio del tycoon nel settore delle neuroscienze e nanotecnologie. E oggi è leader nel campo delle interfacce impiantabili ad alta densità, sottili come un capello. «Tutto quello che facciamo, azioni, pensieri e ricordi, non è altro che flussi elettrici che i neuroni si scambiano tra di loro» spiega Giuseppe Santella, presidente della start-up Corticale. «Quindi a un determinato flusso elettrico corrisponde un’intenzione o un comportamento specifico di un arto, una mano, un dito».
Nata nel 2021 come spin-off dell’Istituto italiano di Tecnologia (Iit), Corticale detiene la licenza esclusiva di SiNaps: un sistema rivoluzionario che consente di «ascoltare» il cervello e studiarne il funzionamento. «Possediamo la tecnologia più evoluta al mondo, anche rispetto a quella utilizzata da Musk, che ci ha citati in uno dei suoi “white paper” di Neuralink. Oggi siamo in grado di registrare la stessa attività bioelettrica di oltre mille neuroni con un singolo dispositivo, laddove i nostri competitor necessitano di decine di impianti, necessariamente più invasivi». Un altro distinguo rispetto a Musk sta nell’uso dei dati processati dall’attività bioelettrica dei neuroni: «La sperimentazione di Neuralink, anche se si candida per un uso medico-terapeutico, mira all’incremento cognitivo e alla possibilità, attraverso l’interfaccia uomo-macchina, di collegare il cervello umano ad apparecchiature esterne, calcolatori piuttosto che altri dispositivi, per incrementarne le capacità e le abilità cognitive. Questo è un fine che noi abbiamo escluso dal nostro statuto perché non vogliamo creare il “cyber uomo”. A noi interessa solo migliorare la qualità di vita delle persone con malattie neurodegenerative croniche».
Alzheimer, Parkinson, sclerosi multipla, ictus colpiscono centinaia di milioni di individui nel mondo. Con quasi nove milioni di decessi l’anno, sono la seconda causa di morte a livello globale. E la tendenza è in aumento, di pari passo all’invecchiamento della popolazione, con un impatto rilevantissimo sul piano economico e sociale. Inoltre, molti disturbi del sistema nervoso sono ancora non diagnosticati e non trattati, ed è qui che la neuroscienza potrebbe giocare un ruolo chiave. Come nel caso dell’epilessia, che affligge oltre 50 milioni di persone al mondo. «I nostri dispositivi di Brain computer interface possono aprire nuove possibilità nella cura, permettendoci di individuare, per la rimozione chirurgica, la sede precisa dei focolai epilettici, la cui localizzazione oggi sfugge in oltre il 40 per cento dei casi» aggiunge Santella. «Potranno essere utili non solo nel sistema nervoso centrale, ma anche nel sistema nervoso periferico, in patologie di tipo neuromotorio causate da traumi e ictus». Nella tecnologia di Corticale, utilizzata ancora in fase preclinica ma che punta ai test sull’uomo entro un biennio, l’imprenditore ha investito due milioni di euro. Molto per gli standard italiani, ma nulla se paragonati ai 280 milioni di dollari raccolti sul mercato da Neuralink.
Le interfacce, inoltre, promettono di essere strategiche nel misurare il perimetro di una massa tumorale da rimuovere, sfruttandone le diverse proprietà elettriche rispetto a quelle sane: «Una volta autorizzate, le nostre sonde neurali diventeranno di uso corrente nella clinica diagnostica e operatoria» auspica il manager. Sono svariate le collaborazioni: con l’ospedale San Martino di Genova su pazienti ipovedenti per malattie degenerative della retina, e in fase di attivazione con l’Istituto Mario Negri di Milano e l’ospedale pediatrico romano Bambino Gesù sull’epilessia; mentre la loro neurotecnologia è in fase di sperimentazione presso centri di ricerca internazionali, tra cui la Harvard Medical School di Boston (sui roditori) e l’Università inglese di Newcastle (sui primati).
Molto promettente è anche la sinergia avviata con il team di Alessandro Del Vecchio, che all’Università bavarese Friedrich-Alexander di Erlangen ha la cattedra di Fisiologia neuromuscolare e Interfaccia neurale nel dipartimento di Intelligenza artificiale in Ingegneria biomedica. «Stiamo sperimentando su otto pazienti tetraplegici l’elettromiografia con altre tecniche che prendono a bersaglio il muscolo e non il cervello» racconta il 35enne neuroscienziato (originario di Eboli), da tre anni in Germania. Dove ha ottenuto un finanziamento di due milioni di euro dall’ateneo per la sua ricerca sulla paralisi muscolare parziale o totale. «Tutti i nervi del muscolo emettono un segnale e noi lo decodifichiamo grazie all’algoritmo che, in tempo reale, lo trasmette a una mano virtuale o a un esoscheletro» spiega Del Vecchio. La partnership con Corticale è stata avviata «perché in futuro vorremmo realizzare un’interfaccia ibrida corticospinale. «Ovvero, inserire gli elettrodi a livello del muscolo nelle persone paralizzate per avere ancora più informazioni riguardo alle intenzioni di movimento dell’individuo» aggiunge.
Oggi tutti gli otto volontari del suo progetto Grasp Again – vincitore di uno Starting Grant del Consiglio europeo della ricerca (Cer) da 1,5 milioni di euro – hanno la possibilità di muovere la mano con un esoscheletro, anche se, al momento, solo in laboratorio. Ma Del Vecchio ha un traguardo più ambizioso: «La neuroscienza ci ha permesso di scoprire che tutti i nostri pazienti, quando li mettiamo in comunicazione con una mano virtuale, riescono a controllarla anche dopo 15 anni di paralisi. Vorrei che entro cinque anni tutte le persone immobilizzate possano usare a casa questo esoscheletro, che è un’interfaccia neurale, e che tutti possano tornare in possesso nuovamente delle mani e riacquisire la funzione tattile. È il mio sogno e l’obiettivo del laboratorio».