Con il suo largo sorriso d’ordinanza, la hostess si avvicina al nostro sedile. Non sta per servire snack e bibite, porge un casco per la realtà virtuale. Il tempo di fissarlo sul naso e siamo pronti per partire sul volo EK2071, che non decolla da un aeroporto: viene fatto vivere, in maniera interattiva, ai visitatori del padiglione Emirates dell’Expo di Dubai. Il numero che lo identifica, il 2071, indica un anno: mostra come si trasformerà l’esperienza offerta in quota dalla compagnia. Svela le evoluzioni che arriveranno un po’ alla volta, nel prossimo mezzo secolo. Panorama le ha provate: è salito sull’aereo del futuro.
La prima sorpresa sono i finestrini: non esistono, sono sostituiti da un vetro ampio che mostra generose porzioni dell’esterno. La sensazione, abbastanza bizzarra, è di fluttuare sospesi nel vuoto. Un incubo per chi soffre di vertigini, basta però premere un paio di pulsanti per sostituire il paesaggio con l’oceano, un centro cittadino, altri rassicuranti altrove. A sorpresa, infatti, l’oblò di taglia extra large è un display curvo.
Più che su un velivolo, pare di essere su un’astronave, con una plancia di controllo a portata di dita: grazie a una connessione a internet stabile e fulminea, gli stakanovisti possono continuare a lavorare tra le nuvole, vedendo presentazioni, calendario degli appuntamenti e riunioni sfilare sull’enorme schermo laterale e su quello di fronte sé. Un doppio spazio nel quale immergersi e godersi, meglio che al cinema, film e serie televisive in quantità. O fare videochiamate con amici, partner, parenti.
Non ci sono cuffie, l’audio avvolgente arriva dagli altoparlanti piazzati in posizioni strategiche accanto alle orecchie, sulla poltrona. Che oltre ai dialoghi dei programmi d’intrattenimento, diffonde playlist ad hoc per concentrarsi, rilassarsi, addormentarsi. Un’ipnosi in formato musica. Il sedile è il fulcro di tutto, in quanto funziona come un vigile scrupoloso, una versione ciclopica di uno smartwatch: monitora i parametri vitali del passeggero, si accorge se ha carenze di nutrienti, trasmette un ordine alla cucina qualche fila più avanti, che prepara un piatto su misura in grado di reintegrare le proteine e le vitamine mancanti.
A servirlo provvede un simpatico robottino, con un vassoio estraibile all’altezza della pancia. Sul sapore non possiamo pronunciarci, è pur sempre una simulazione in realtà virtuale. Nessuna novità da esibire circa i bagni, per quelli pare non esserci automatismo o mirabile intuizione che tenga. Dovremo continuare ad arrangiarci alla vecchia maniera. «È vero, il 2071 può sembrare un traguardo remoto, ma anche il tempo vola» dice a Panorama Nuha Hassan, la manager del padiglione Emirates: «L’aereo di domani sarà come una lounge dei cieli, migliore di un albergo a cinque stelle». Una prospettiva che fa sembrare la First class attuale una scomoda, superata, archeologia alata. «Al di là del comfort» continua Hassan «gli elementi centrali della nostra visione chiamano in causa la velocità e la sostenibilità. Arriveremo a un impatto nullo del trasporto in quota e i tempi di percorrenza saranno estremamente ridotti rispetto a oggi».
Grazie a motori di nuova generazione e materiali leggerissimi per la fusoliera dei velivoli, si potrà andare da Dubai a Roma in meno di due ore. Oggi occorre il triplo del tempo. Quella di Emirates è una traiettoria sovrapponibile alla direzione presa dall’intera industria, a riprova che non sarà la prerogativa di una singola compagnia: i costruttori stanno lavorando per renderla disponibile su larga scala, trasformandola nella normalità.
Airbus, il leader mondiale nel settore civile, vuole introdurre entro il 2050 innovazioni in cabina simili a quelle descritte sin qui. Inoltre, si è dato il 2035 come obiettivo per sviluppare il primo aereo commerciale a emissioni nulle. Il progetto si chiama «ZEROe» e usa l’idrogeno come carburante. Start-up come l’americana Wright electric vogliono invece realizzare ciò che il nome suggerisce: costruire un aereo alimentato a batterie, con grandi benefici anche sul piano della riduzione dell’inquinamento acustico. Si comincerà pare nel 2026, con tratte a corto raggio, con l’intento di coprire alcune delle rotte più affollate del pianeta, come Londra-Parigi o New York-Washington. I mezzi saranno tutt’altro che minuscoli: disporranno di 100 posti.
Nel medio-lungo periodo, l’attesa è alta per i voli ipersonici, in grado di viaggiare molto più rapidamente della velocità del suono. La cinese Space transportation sta sviluppando quello che definisce, senza eufemismi, «un razzo con le ali», capace di collegare Londra con New York in circa un’ora (anziché 8). O scortare i passeggeri in brevi gite nello spazio, così come il modello svelato a gennaio dalla Boeing, l’altro costruttore di riferimento dell’industria civile.
Perché oltre a farci trascorrere meglio le parentesi di vita tra le nuvole, a sdoganare il pendolarismo intercontinentale, l’aviazione del futuro mira a condurci lontanissimo. Verso le stelle.




