Fedez canta con Annalisa e Articolo 31, Mengoni con Elodie, Orietta Berti con Rovazzi. Vaggio ragionato nei ritmi (anni Ottanta) e nei testi (a tema disco) che saranno la colonna sonora di stagione.
Il tormentone non appartiene a nessun genere musicale perché è un genere a sé. In molti casi è l’arte del nonsense che diventa suggestione nazional popolare, colonna sonora di frammenti di vita d’estate, tra improbabili balli di gruppo, cocktail e chiringuito. Piace a tutti il tormentone, è inutile negarlo, anche ai più snob, che formalmente si dissociano, ma che poi, con i piedi nella sabbia, basculano intonando (si fa per dire) l’immortale Macarena.
La canzone-martello dell’estate non segue nessuna regola, è un abile patchwork di suoni, parole e danze dove vale tutto quello che non troverebbe spazio e senso in una canzone «normale». Provate a contare gli «Oh oh ooh ooh oh» che attraversano i tre minuti di Vamos a la playa dei leggendari Righeira o le frenetiche sovrapposizioni delle mani in uno dei balletti «on the beach» più popolari di sempre, sulle note di Aserejé delle spagnole Las Ketchup. Spopolano nei mesi caldi i tormentoni, per poi scomparire ai primi cenni dell’autunno e ripresentarsi con le sembianze dell’evergreen quando le spiagge si ripopolano. È così da sempre: per I Watussi di Edoardo Vianello, passando per Vamos a bailar di Paola e Chiara o Roma-Bangkok di Baby K con Giusy Ferreri.
Sono varie le peculiarità delle canzoni-martello: la prima è che se le hit che scalano le classifiche durante l’anno sono inesorabilmente legate ai trend musicali del momento, i tormentoni sono un abilissimo riciclo di quello che c’è già stato, attingendo a piene mani dagli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. Con qualche tocco di remix e un paio di strofe simil rap, l’attualizzazione del sound vintage è un gioco da ragazzi. Se per Valeria Rossi, all’inizio del nuovo Millennio, le tre parole chiave dell’estate erano «sole, cuore, amore», quest’anno la key word è «disco». A cominciare dall’inedito duo Fabio Rovazzi e Orietta Berti, che per lanciare il brano, La discoteca italiana, hanno scelto la strategia marketing dell’arrotino, ovvero un furgoncino Volkswagen anni Settanta che si aggira per le strade di Milano con i loro volti impressi sulla fiancata. A suggellare la campagna promozionale «old school», anche un messaggio audio stile arrotino che invita a rivolgersi ai due: «Sagre, cerimonie, ristoranti, battesimi, baby shower: La tua vita è noiosa? Ci pensiamo noi! La festa di compleanno di tuo figlio non è andata come speravi? Chiama il…».
Insomma, vale tutto. La sfida per il titolo di canzone dell’estate è iniziata e come già avviene da qualche anno la competizione non vede più contrapposti singoli artisti. Il nuovo approccio del music business è mettere in campo per il campionato estivo un team di famosi. La somma di due o tre legioni di fan, in termini di ascolti in streaming e condivisioni social, è un moltiplicatore formidabile. Se parliamo di «squadre», quella con più chance di stravincere in radio e piattaforme streaming è composta da Fedez, Annalisa e Articolo 31. Disco Paradise, scritta dai tre artisti con Paolo Antonacci (figlio di Biagio Antonacci e nipote di Gianni Morandi) e Davide Simonetta, è un frullato di dance anni Ottanta, rap e melodie 60’s. Un Frankestein musicale all’insegna del «più siamo meglio è», che sta già spopolando e che l’inedito ensemble ha presentato per la prima volta dal vivo a Milano durante uno show degli Articolo 31. Gli ingredienti del tormentone vincente ci sono proprio tutti, incluso il testo surreale che in uno dei momenti salienti fa proprio così: «È Disco Paradise, super bad. Due Mai Tai, faccio la pole dance. E dopo in hotel l’Oktoberfest con il degrado come special guest. All’entrata non ci sono guardie puoi entrare pure senza scarpe…».
È un evidente omaggio all’età dell’oro della dance italiana negli spensierati anni Ottanta, Italodisco dei The Kolors, ispirato ai fasti del genere inventato da Giorgio Moroder e alle hit dei Righeira citati peraltro nelle strofe: «Io sto distratto e tu sei seria. Ognuno tra i pensieri suoi, forse sì, forse no. Mi parte il basso dei Righeira se vado incontro agli occhi tuoi, oi-oi-oi…». Al club della «disco» si sono iscritti anche Francesca Michielin e gIANMARIA con Disco Dance, un brano da ballare, ma con un testo che va in direzione opposta rispetto al sound della canzone: «È arrivato un altro sabato. Mentre tutti gli altri ballano Viola sta nella sua stanza e continua a guardare il soffitto e pensare che è arrivato un altro sabato…». I piedi a mollo nel mare di Milano, l’Idroscalo, vecchie sdraio, antiche radioline a batteria e le immagini con i colori semisfuocati di una cinepresa anni Settanta che immortala il mood di un’estate di mezzo secolo fa sono i protagonisti del videoclip che accompagna Amore indiano, l’incontro tra l’attitudine mainstream di Tommaso Paradiso e il pop rock raffinato dei Baustelle. Una ballad intensa, non una canzone caciarona e rumorosa, uno di quei rari brani che coniugano orecchiabilità estiva e qualità musicale. Per i più giovani, il pezzo cult della stagione sarà Vetri neri che vede insieme Ava, Anna e Capo Plaza. E il trend del reggaeton? Ancora una volta è appannaggio di Elettra Lamborghini con Mani in alto.
Per tutti gli altri c’è l’incontro tra due che sanno cantare sul serio, Elodie e Mengoni, e hanno unito le forze in Pazza Musica, tra sfumature jazz, ritmi africani, gospel e atmosfere latine. Altro campionato per qualità della musica e delle voci. In pochi giorni la canzone è al secondo posto tra le più ascoltate nelle radio italiane. Ovvio che in questo periodo di pezzi che aspirano a diventare colonna sonora dell’estate ne escano a decine (almeno 70 finora), ma la gara in realtà è riservata a pochi. Per tanti motivi, il primo dei quali è che l’arte di parlare un linguaggio musicale che arriva a tutti, o almeno a molti, è molto più complessa di quanto sembri. Nella cucina degli chef della musica leggera gli ingredienti ritmici e melodici sono pochi e quasi sempre gli stessi. Solo che alcuni li sanno «cucinare» molto meglio degli altri. Per questo tanti aspiranti tormentoni, alla fine, sono solo canzoni mediocri.
