Entrambi over 50, faranno un tour estivo con tantissime date in tutta Italia. Con l’ironia e il disincanto di sempre sono protagonisti di un’intervista doppia che parte dal loro ultimo singolo, Il solito lido, sull’estate di un loro coetaneo. Ma poi le memoria spazia, con la nostalgia per le canzoni di una volta, per gli arrangiamenti tradizionali e i parolieri. Anni luce distanti «dalle rime parlate e storpiate dall’elettronica di oggi».
«No, non siamo ai primi posti su Spotify» racconta Nek. «Né mai lo saremo» chiosa Francesco Renga. Segue una fragorosa risata all’unisono che fotografa meglio di qualsiasi parola il loro stato d’animo.
Settant’anni di carriera in due (40 Renga, 30 Nek) un tour estivo insieme già praticamente sold out, un album di canzoni inedite scritte a quattro mani in uscita a settembre e un singolo, Il solito lido, che è l’antitesi delle canzoni estive da spiaggia di questo tempo.
«In mezzo ai tormentoni all’insegna del “baila, cocktail, gnocca” che sono i classici stereotipi da spiaggia, siamo arrivati noi con un pezzo che racconta l’estate dal punto di vista di un cinquantenne, una canzone che non scimmiotta nessuno e che volutamente ha un suono anni Ottanta, quello della nostra generazione» racconta Renga.
«Ci sono l’ironia e il disincanto di chi ha vissuto, di chi i colpi della vita li ha sentiti e ha anche imparato a pararli. E allora una camicia, le infradito, la fritturina e una birretta sono sufficienti a cambiare l’orizzonte di una giornata. Quando Francesco mi ha mandato il provino del pezzo gli ho detto subito che questa canzone andava registrata a ogni costo» spiega Nek. «Molti, nel nostro ambiente, non l’hanno capita perché non sono più abituati a due persone felici che ironizzano sulla vita e che si prendono in giro» conclude Renga.
Ironia, ma non solo: nelle parole de Il solito lido c’è anche la visione di due cinquantenni che sono cresciuti in un’era che non misurava ogni sospiro con il bilancino del politically correct: «E l’universo è contro di me/ pretende vendetta per quella cicca che distrattamente ho gettato per terra». Un modo scherzoso per dire che dietro ogni azione c’è il peso del giudizio universale. Non c’è limite, oggi non si può dire o fare niente senza che qualcuno non si senta offeso» rimarca Nek.
Figurarsi all’interno di una canzone, la loro, che a un certo punto fa: «Io voglio solamente commentare i fondoschiena/ scorretto come un film degli anni Ottanta di Vanzina».
«Diciamo la verità, il 99 per cento dei film che abbiamo guardato quando avevamo l’età dei nostri figli, oggi sarebbero improponibili, non arriverebbero nella sale. Di questi tempi, certi commenti uno se li tiene per sé, oppure li condivide al massimo con l’amico più fidato» dice Renga.
Sono entusiasti di quel che stanno facendo e continueranno nei prossimi mesi in un contesto musicale lontanissimo da quello dei loro esordi. Sia pur con stili diversi, il centro delle loro canzoni, dalle «ballad» a quelle più movimentate, sono sempre state l’armonia e la melodia. Oggi nel repertorio per giovani e giovanissimi che sbanca le piattaforme streaming vincono le rime parlate, le voci distorte dagli effetti speciali e una struttura dei brani sincopata fatta di frammenti di elettronica cuciti insieme nello stesso puzzle sonoro.
«La musica è una moda, fotografa dei momenti, mette a fuoco lo spirito del tempo presente e lascia tutto il resto come in un fondale indistinto. Ci sono stati cambiamenti davvero epocali negli ultimi tempi, a cominciare proprio dalla stesura delle canzoni. Questo non è il momento dei compositori e degli arrangiatori, è il tempo dei ragazzini che smanettano sul pc con i software per fare musica» sottolinea Nek.
«Mio figlio adolescente ascolta artisti di cui fatico a pronunciare il nome e di cui non conosco il volto» ammette Renga, «e in effetti è cambiato molto perché una volta la melodia era comunque un tratto comune al suono di ogni generazione. Quando facevo i viaggi in auto con mio padre, lui voleva ascoltare Mario Del Monaco, e io Renato Zero». «L’appeal melodico annulla le differenze di età» specifica Nek. «Due vite di Marco Mengoni (il brano che ha vinto l’ultimo Sanremo, ndr), ad esempio, è una canzone universale: la cantano gli adulti e i bambini» .
«Da quando è uscito Il solito lido ricevo telefonate di amici coetanei che si riconoscono in quelle strofe e che ci ringraziano per aver raccontato e messo in musica le immagini delle loro estati» racconta Renga.
«La musica ha il potere di ripetere in circolo i ricordi, anche quelli più lontani» prosegue. «Quando riascolto Zingaro di Umberto Tozzi, rivedo la pista degli autoscontri che ogni estate, nel mio quartiere di Brescia, veniva montata davanti al piazzale della chiesa. E io ero lì con la mia pila di gettoni di plastica per far partire le macchinine. Zingaro è stato il primo tormentone della mia vita. A seguire L’estate sta finendo dei Righeira. Indimenticabile e perfetta per limonare…» ricorda.
«Per me, invece, i mesi estivi sono Self control di Raf, la colonna sonora delle mie vacanze a Riccione. Un pezzo che è la quintessenza degli “Eighties”. All’inizio pensavo addirittura che Raf fosse un artista inglese…» fa eco Nek.
Sanno come godersela dopo decenni di carriera e routine discografico-promozionali e sanno anche, lo dicono i biglietti dei concerti venduti finora (la prima data il 2 luglio a Roma), «che il loro repertorio soddisfa una larghissima fetta di pubblico che non rappresenta il mercato dello streaming giovanile, ma che a vedere due artisti come loro ci va più che volentieri. Ci scambieremo le canzoni interpretando l’uno quelle dell’altro. Sarà una piacevole sorpresa, qualcosa che si fa non per calcolo ma per divertimento. Un progetto così lo possono portare avanti solo due amici innamorati della musica» spiegano.
«La prima volta che ho messo la bocca davanti un microfono ho capito qual era la mia strada. Non avevo un piano B quindi ho seguito l’istinto e la passione senza fermarmi mai. Il primo contratto discografico l’ho firmato da minorenne. Con i Timoria ho raggiunto il successo» ricorda Renga.
«Io ho iniziato con i White Lady» aggiunge Nek «solo che gli altri del gruppo avevano paura di fare il grande salto. Quando facemmo un provino da mandare a Pippo Baudo nel 1989, misero subito le mani avanti: uno voleva fare il commercialista, l’altro lavorare in azienda… A quel punto ho capito che era venuto il momento di metterci la faccia da solo».
