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Lana Del Rey, Lust for life: lezioni di stile – Recensione

Lana Del Rey, Lust for life: lezioni di stile – Recensione

Dal rap alle citazioni dei Beatles (con Sean Lennon), passando per Stevie Nicks. Un album lontano anni luce dal pop plastificato di questi anni

Lana Del Rey, Lust for life: lezioni di stile – Recensione
(Photo by Christopher Polk/Getty Images for Spotify)

Lana Del Rey 2017, Spotify Event in California

Lana Del Rey, Lust for life: lezioni di stile – Recensione
Alberto E. Rodriguez/Getty Images for CBS Radio Inc.

Lana Del Rey live 2017

Lana Del Rey non è solo un’artista, ma un genere musicale. I suoi album vagano liberi mescolando suoni ed influenze, immersi in un gioco di rimandi e citazioni che evocano senza scadere mai nell’imitazione fine a se stessa.

Un esempio calzante è la brillante Tomorrow never came che inevitabilmente rimanda a Something dei Beatles (lo special guest del brano è guarda caso Sean Lennon). 

Non meno affascinante ed intensa Beautiful people beautiful con la vocalist dei Fleetwood Mac, Stevie Nicks. Gran pezzo. Niente male anche l’ipnotica Coachella- Woodstock in my mind. Tra le vette del disco, When the world was at war, we kept dancing, ovvero come regalarsi gioia e piacere nell’era di Donald Trump alla Casa Bianca. 

E poi, ancora, l’incursione rap di Summer Bummer con Asap Rocky e Playboi Carti e God Bless America – And all the beautiful women in it, la replica in musica a chi negli States vuol mettere in discussione i diritti civili. Tre le ballad vivamente consigliate, White Mustang, Groupie Love e Heroin. 

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