Il deejay francese scova refrain di pezzi memorabili e li trasforma in successi dance mondiali. «In questo modo cambio il passato in futuro».
Il futuro è il passato. Colpisce se a esprimere il concetto non è un navigato e nostalgico rocker settantenne, ma un deejay di fama mondiale come Bob Sinclar, un artista della consolle, un performer che ha fatto e fa ballare milioni di ragazzi in tutto il mondo. A modo suo, spingendo sull’acceleratore del ritmo e colorando con nuove sfumature sonore i refrain di pezzi memorabili, impressi nella memoria collettiva.
Perché ha deciso di remixare Ti sento dei Matia Bazar?
Da quando è uscito nel 1985 quel pezzo è diventato un inno della musica dance. La produzione era sensazionale e «avant garde» per l’epoca, molto «techno» nel feeling. All’inizio del 2023 ho realizzato una versione non ufficiale per proporla nel mio deejay set. Poi ho incontrato i Matia Bazar e quando l’hanno sentita abbiamo deciso insieme di ripubblicarla. Il mio obiettivo era aggiungere un tocco di «millennio», ma di mantenere la voce originale, perché nessuno può sostituire le vibrazioni di Antonella.
Parlando dello stato dell’arte della musica contemporanea, possiamo dire che c’è un crollo verticale della creatività?
Vengo da un’epoca in cui i dischi Hip Hop, House e Techno venivano pubblicati da piccole etichette indipendenti. Era quella la strada per far emergere la creatività dei giovani artisti underground. Oggi la musica è diventata un grande business dove la popolarità è più importante del talento e l’algoritmo governa il mondo. Per avere la chance di esporre la propria musica al grande pubblico è necessario apparire nelle playlist delle piattaforme streaming e queste sono controllate dalle major. I giovani di talento ci provano, cercano di pubblicare la loro musica e pregano di essere ascoltati per 15 secondi su TikTok. Per essere poi scritturati da una major…
Nei dance club la partecipazione emotiva è bassa perché la gente «gioca» con i social media sulla pista da ballo. Cosa ne pensa?
I social media non sono mai stati così forti. Le persone amano esporre la loro vita mostrando quanto sia eccitante. Quando si è dipendenti dai social, è necessario mostrare ai propri follower dove si è e con chi, e questo aspetto vale più che godersi il momento: molti preferiscono filmare l’istante per poi provare emozioni riguardandolo.
Il passato sembra regalarle molta ispirazione. Il futuro è il passato?
Ho scoperto la musica con il movimento hip hop alla fine degli anni Ottanta. Il mio obiettivo era giocare con l’energia ruvida e grezza delle drum machine e aggiungere campioni di soul, jazz e funk. Alla fine, tutto è riciclo, tutto è ispirazione. Il meglio della creatività musicale in termini di melodie e armonie va dal 1970 al 1986, 16 anni di magia con artisti come James Brown, David Bowie, Prince, George Clinton e molti altri. Dagli anni Ottanta abbiamo a disposizione strumenti e giocattoli per divertirci a riciclare e far nascere nuovi capolavori. In questi tempi difficili le persone si sentono al sicuro quando nei deejay set suono una canzone che erano soliti ascoltare nei momenti felici in famiglia.
La sua missione è scovare una manciata di secondi di musica in brani del passato che riescano a creare una sorta di ipnosi in chi li ascolta. Come si fa?
La musica di oggi è sempre più minimale. Negli anni Settanta le canzoni erano straordinariamente ricche di melodie e arrangiamenti. La mia passione è trovare quei pochi secondi in una canzone, magari vecchia e sconosciuta, che messi in loop creino un’ipnosi e inducano a ballare nei dancefloor di tutto il mondo. Mi piace fare questa operazione con tutti i tipi di musica, dall’Italo Disco al funk ai ritmi africani. L’Italia, alla fine dei Settanta, con artisti come La Bionda, D.D. Sound e Klein + M.B.O., è stata all’avanguardia, inventando una nuova forma di disco elettronica che è diventata l’essenza dell’house music.
Come sta evolvendo la figura del deejay pop star?
Siamo in un momento in cui il numero dei tuoi follower sui social è più importante delle tue capacità di deejay. Più sei popolare, più ti esibirai su un palco grande e importante anche se suoni senza alcuna creatività o non suoni nemmeno e il tuo deejay set è già pronto. La parola «star» è diventata totalmente falsa quando si parla di deejay. Un buon deejay dovrebbe suonare musica e far ballare la gente, non scattare selfie sul palco di un festival fingendo che la folla sia lì per lui.
In Italia il suo nome è fortemente legato a Raffaella Carrà. Quali sono i ricordi più belli della collaborazione con lei?
Come per tutti i miei lavori, ho iniziato a produrre la nuova versione di Far l’amore usando solo un campionamento dell’originale. Mi piaceva il feeling di quella parte che fa «Ah Ah ah ah, a far l’amore comincia tu» e l’ho usata come un formidabile ritornello per i miei beat. La reazione nei club è stata pazzesca: il mio sogno era creare un ponte tra due generazioni di musica dance e poi incidere il brano di nuovo con la voce originale. A Raffaella è piaciuta molto l’idea, abbiamo registrato la canzone in uno studio di Roma. Raffaella è una leggenda, con me è stata umile e meravigliosa, si è preoccupata per tutto il tempo di fare la cosa giusta per rilanciare il pezzo. La sua voce era pura come quella di trent’anni prima: è stato un momento incredibile nella mia carriera. Adoro i momenti di condivisione con gli artisti leggendari.
È vero che lo pseudonimo Bob Sinclar (il suo nome è Christophe Le Friant) deriva dal personaggio di un film?
Sì, la pellicola in questione era intitolata Le Magnifique ed era interpretata da Jean-Paul Belmondo e Jacqueline Bisset. La produzione del film, uscito nel 1973, era franco-italiana. La trama girava intorno al ruolo di uno scrittore, autore di molti libri su Bob Saint Clair, un super agente segreto, un James Bond «alla francese». Il suo sogno era quello di viaggiare accompagnato da belle donne. Quando ero giovane, sognavo di essere un deejay, di esibirmi in giro per il mondo circondato da belle ragazze che ballavano sulla mia musica. Ecco perché ho preso quel nome, che per me suonava molto «Disco».
