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Più che una bambola, Barbie è un fenomeno musicale (progettato a tavolino)

Più che una bambola, Barbie è un fenomeno musicale  (progettato a tavolino)

La colonna sonora del film Barbie è lo stato dell’arte nel sincronizzare, in modo maniacale, brani e immagini. Ecco come il produttore Mark Ronson (sette Grammy, un Golden Globe e un Oscar) ha realizzato la soundtrack destinata a essere la più ascoltata al mondo.


C’era un obiettivo dichiarato dietro le «canzoni in rosa» che compongono la colonna sonora del film blockbuster Barbie: ridare alle soundtrack un ruolo di primo piano nelle classifiche di vendita e sulle piattaforme streaming dopo due decenni di quasi irrilevanza, in cui la musica da film, fatta eccezione per il brano Shallow di Lady Gaga, tema portante di A Star Is Born, è stata troppo spesso pura tappezzeria. Il «suono di Barbie» ha rotto l’incantesimo, e rimesso al centro il concept della colonna sonora che diventa evento cult alla pari della pellicola che la contiene.

La stella polare è quella delle canzoni dei Bee Gees nella La febbre del sabato sera o di Olivia Newton-John e della Electric Light Orchestra in Xanadu. Un grande prodotto pop, rock, dance adeguato alle sonorità di questo tempo, un’operazione su misura per inventare dal nulla un ambiente sonoro ideale per il regno del «think pink». Canzoni inedite a tema, non per pochi, ma per tutti (l’album ha totalizzato 380 milioni di clic complessivi su Spotify in 10 giorni). C’è un metodo di lavoro infallibile e consolidato dietro una grande colonna sonora: costruire le fondamenta perché tutta la «casa» possa poi stare in piedi. Ci vogliono i muri portanti, le due/tre canzoni che aggrediscono il mercato, che a macchia d’olio invadono la rete, i social e lo streaming.

Per andare in questa direzione George Drakoulias, il supervisore musicale dell’intero progetto Barbie, non poteva che ingaggiare il numero uno, il produttore e compositore londinese Mark Ronson, sette Grammy Award, un Oscar e un Golden Globe. Per averlo in squadra è bastato un messaggio Whatsapp: «Barbie?». «Yes» è stata la risposta. Qualche giorno dopo si è messo al lavoro in studio circondato da un esercito di Barbie e qualche Ken gentilmente forniti dalla Mattel. Così, per trarre un po’ di ispirazione. Il primo step, insieme a tutto il resto della produzione, è stato decidere come muoversi rispetto a Barbie Girl, il brano più famoso dedicato alla bambola, scritto dai danesi Aqua negli anni Novanta e diventato un caso giudiziario. Il gruppo venne infatti portato in tribunale dalla Mattel per aver utilizzato senza permesso l’immagine della bambola in un videoclip e per il testo troppo ironico/sexy. La vicenda venne chiusa da un giudice americano che nel nome del Primo emendamento respinse la richiesta di ritiro dai negozi di tutte le copie del singolo e dichiarò pienamente legittimo il tono parodistico della canzone.

A chiudere il cerchio e la vicenda, la scelta di inserire nella colonna sonora un versione remix di Barbie Girl interpretata da Nicki Minaj e Ice Spice. Quando si scrive musica per un brand leggendario è il brand che comanda, nient’altro. Non c’è posto per l’ego delle popstar, per le stravaganze artistiche, per le richieste bizzarre. E in questo specifico caso, ogni singola nota doveva essere funzionale al Barbie World. Per prima è arrivata la canzone interpretata da Dua Lipa, una «natural born hit», il perfetto incrocio tra la dance di oggi e le vibrazioni disco music degli anni Settanta che canta Dance the Night, poi la ballata epica, I’m Just Ken interpretata da Ryan Gosling. La colonna sonora di Barbie ha già un piede nella storia non solo per i milioni e milioni di clic in streaming e le decine di migliaia di vinili che sono già andati a ruba, ma perché rappresenta un passo avanti indiscutibile nell’arte di sincronizzare al limite della perfezione maniacale, musica e immagini.

Basta osservare con cura la simbiosi tra una scena e il brano di Due Lipa, nella sequenza in cui Margot Robbie (Barbie) si gode la sua giornata indimenticabile a Barbieland, in piscina, circondata da altre Barbie e coccolata da Ken con tanto di ballo di gruppo finale. Quella della sincronizzazione non è soltanto una tecnica per armonizzare immagini e suono, è una tecnica di comunicazione sempre più raffinata e richiesta nei film, ma anche negli advertising e nelle serie tv. Per ottenere il massimo risultato Mark Ronson e la regista Greta Gerwig hanno mostrato in anteprima a ciascun artista coinvolto nella soundtrack 20 minuti del film, specificando esattamente, all’interno di quei minuti, dove sarebbe andata a cadere la loro canzone. Tra i convocati anche Billie Eilish che dopo una discreta crisi creativa (come ha ammesso di recente) ha estratto dal cilindro una delle sue canzoni più belle di sempre, What Was I Made for? (30 milioni di clic in streaming in pochi giorni), un pezzo ispirato e intensissimo che è volato al primo posto nelle classifiche rock e alternative, dove nessuno avrebbe mai potuto immaginare la presenza di un brano dedicato alla Barbie. Quella della Eilish e Ryan Gosling sono tra le canzoni più lunghe dell’album: tre minuti e 43 secondi.

Quasi tutte le altre superano di poco i due minuti: canzoni «instant» che rispondono alle tendenze di ascolto della musica liquida, con gli utenti dello streaming che restano incollati allo stesso brano solo per qualche decina di secondi prima di skippare verso altro orizzonti sonori. Un’eresia sacrilega per i boomer, una pratica abituale per i millennial. C’è tutto nella colonna sonora di Barbie, ogni ingrediente calza con le immagini della pellicola e con i gusti del pubblico di oggi. Non manca nemmeno l’ironia, quella che fa Lizzo nel brano Pink, un’ode alle tinte pastellate del magico mondo della bambola più famosa del mondo. Dove «P» sta per pretty (carina), «I» per «intelligent», «N» per never sad (mai triste) e «K» per kool (alla moda). Che sarebbe con la «C», ma a Barbieland tutto deve sembrare eternamente perfetto. Figurarsi se ci si preoccupa di una consonante…

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