Come fonti di ispirazione per scrivere La talpa, uno dei suoi romanzi più acclamati, John Le Carré ha preso spunto da alcune spie vissute realmente. Prima su tutte il celebre Kim Philby, che fece saltare la copertura di diversi agenti segreti fra cui Lé Carrè stesso. Ma non solo, c’è un personaggio meno conosciuto che merita invece una storia a parte. Un personaggio non letterario, ma realmente esistito, una delle «talpe» più brillanti del XX secolo. Parliamo di Richard Sorge. Di giorno giornalista tedesco stimato, di notte agente dell’intelligence sovietica. La sua esistenza attraversò il Novecento come una meteora incontrollabile, lasciando dietro di sé una scia di conquiste spionistiche, relazioni scandalose e verità sepolte. Owen Matthews, nel suo saggio La spia perfetta (Settecolori), scava negli archivi russi per restituirci non un mito ma un uomo in carne e ossa, con tutte le sue contraddizioni.
Pensate che Ian Fleming – il geniale creatore della figura di James Bond – lo definì «il più formidabile agente segreto della storia». Eppure, Sorge rimane una figura sfuggente, in bilico tra genialità e autodistruzione. Figlio di un ufficiale tedesco e di una madre russa, veterano della Prima Guerra Mondiale, comunista fervente e donnaiolo impenitente, Sorge incarnava tutte le ambiguità del suo secolo.
Tokyo: un palcoscenico pericoloso
Negli anni Trenta, Tokyo era il luogo meno adatto per una spia occidentale. Il Giappone imperialista viveva nel terrore della sovversione interna e guardava agli stranieri con diffidenza ossessiva. Eppure Sorge riuscì nell’impossibile. Sotto copertura come corrispondente della Frankfurter Zeitung, si infiltrò nell’élite tedesca e giapponese, diventando confidente del futuro ambasciatore nazista Eugen Ott. Non solo: intratteneva una relazione con sua moglie Helma, senza mai destare sospetti.
Il suo metodo era sorprendentemente moderno. Niente tecniche clandestine sofisticate, ma una profonda comprensione della psicologia umana. Persino il temibile colonnello nazista Josef Meisinger cadde sotto il suo incantesimo, durante le lunghe notti trascorse insieme tra bar e bordelli di Tokyo. Sorge costruiva relazioni autentiche, ispirava fiducia, seduceva con il carisma. Vi ricorda qualcuno? E perché proprio la spia britannica più amata della letteratura e del cinema?
Il segreto che avrebbe cambiato la guerra
Nel 1941, Sorge ottenne l’informazione più preziosa della Seconda Guerra Mondiale: i dettagli dell’Operazione Barbarossa, il piano tedesco per invadere l’Unione Sovietica in violazione del patto nazi-sovietico. Era il genere di intelligence in grado di salvare milioni di vite e cambiare le sorti del mondo.
Ma Stalin si dimostrò sordo. Il dittatore sovietico, prigioniero del proprio sistema fondato sulla paura e sulla deferenza cieca, preferì l’autoinganno alla verità scomoda. Considerava Sorge un «poco di buono» inaffidabile. Matthews evidenzia qui il paradosso tragico dell’intelligence: le informazioni hanno valore solo se chi le riceve è disposto ad accettare realtà sgradite. Il regime staliniano non poteva farlo. O meglio, non voleva.
La caduta dell’eroe (o forse antieroe) imperfetto
La fine di Sorge arrivò lentamente, un po’ come quella del povero Gregor Samsa, protagonista del meraviglioso e angosciante racconto di Franz Kafka, «La metamorfosi». La sorveglianza giapponese lo incastrò dopo mesi di pedinamenti meticolosi, smantellando la sua intera rete. Durante il processo, Sorge dimostrò una lucidità disarmante, consapevole che l’Unione Sovietica non avrebbe mosso un dito per salvarlo.
Fu impiccato nel carcere di Sugamo il 7 novembre 1944. Anche il procuratore Yoshikawa, che aveva chiesto la sua condanna, rimase impressionato: «In tutta la mia vita non ho mai incontrato un uomo di tale levatura». Un dettaglio racconta tutto di Sorge: nel 1938, dopo essersi schiantato in moto ubriaco, con la mascella fratturata e il cranio rotto, ordinò a un amico di svuotargli le tasche prima dell’arrivo dei medici. Dentro c’erano documenti che avrebbero compromesso l’intera rete sovietica di Tokyo.
Richard Sorge oltre il mito
Matthews riesce nell’impresa più difficile: sottrarre Sorge all’aura leggendaria per restituirlo alla storia. Non scrive un’agiografia del «James Bond sovietico», né un pamphlet contro il comunismo. Racconta un uomo che visse ogni istante sul filo della propria doppia identità, senza mai rinunciare al divertimento, ma anche alle sue responsabilità verso la causa.
La spia perfetta è una biografia esemplare perché parla di una vita e di un’intera epoca. Mostra come la verità, soprattutto quella capace di cambiare il mondo, venga troppo spesso ignorata da chi detiene il potere attraverso la paura e l’inganno. Sorge fu perfetto come spia, ma operò in un sistema (a dir poco) imperfetto che preferì il silenzio alla salvezza di uno dei suoi uomini migliori.
