Un paio di scarpe e una babbuccia trovate in casa Buonarroti, a Firenze, potrebbero appartenere al genio dell’arte. E gli studiosi, grazie a tecniche sofisticate di bioantropologia, cercano ora di chiarire i misteri intorno alla sua figura.
Un paio di scarpe in cuoio e una misera pantofola conservate in Casa Buonarroti, a Firenze, e che si ritiene fossero quelle indossate dal genio rinascimentale Michelangelo, ne svelano oggi statura e corporatura. A eseguire le analisi, a distanza di quasi 500 anni sono stati il paleopatologo Francesco M. Galassi e la bioantropologa forense Elena Varotto del Fapab Research Center di Avola, in provincia di Siracusa. Le tre calzature racchiudevano molte notizie sull’aspetto dell’artista, di cui è stato ricostruito un (quasi) preciso identikit.
«Abbiamo effettuato analisi antropometriche sulle scarpe, di foggia maschile» spiega Varotto. Dalle loro dimensioni è stato possibile calcolare la statura del proprietario, attraverso un rapporto preciso di sei pollici e mezzo di altezza (circa 16 centimetri) per ogni pollice di lunghezza del piede (2 centimetri e 54). «Inizialmente sono state calcolate lunghezza e ampiezza delle babbucce per mezzo di un calibro. Poi, attraverso calcoli statistici di regressione lineare, si è potuta stimare l’altezza dell’artista» continua la vicedirettrice del Fapab.
Ossia, circa un metro e 60, qualche centimetro meno di una donna italiana del 21° secolo. Lo stato delle pantofole, modeste sia nella fattura sia nel design e molto usurate, ha amplificato la difficoltà delle analisi, costringendo a scegliere una strada meno invasiva per preservarle da qualsiasi danneggiamento. «Abbiamo evitato le analisi al carbonio 14, utilizzate nella datazione di materiali organici, per non metterne a rischio l’integrità» dice Galassi. La ricerca, pubblicata sulla rivista internazionale Anthropologie, ci restituisce l’immagine di un individuo minuto. Ma allora gli uomini non erano alti come oggi, quindi sarebbe inesatto sostenere che, per la sua epoca, il Buonarroti fosse particolarmente basso. Il risultato scientifico è stato confermato dall’esame condotto da Elisa Tosi Brandi dell’Università di Bologna, esperta di Storia del costume, che ha spiegato come stile e materiali delle calzature corrispondano perfettamente a quelle in uso nel Rinascimento. E l’aspetto fisico identificato grazie a esse è in linea con la descrizione storica che Giorgio Vasari, critico d’arte e amico di Michelangelo, fece di lui nella nota biografia Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, in cui l’artista viene raffigurato come un uomo «di statura mediocre, di spalle largo, ma ben proporzionato con tutto il resto del corpo».
Risultato tanto più importante in quanto sono davvero scarsi gli effetti personali di Michelangelo, gran parte dei quali trafugati nell’Ottocento. La pantofola, per esempio, è rimasta singola perché l’altra sparì nel 1873. Buonarroti morì quasi novantenne a Roma, il 18 febbraio 1564, nella sua abitazione di piazza Macel de’ Corvi, poi distrutta per fare spazio al Vittoriano. Come descritto da alcuni documenti, custoditi in Casa Buonarroti, la salma fu trasportata a Firenze dall’amato nipote Lionardo che lo fece seppellire in Santa Croce, accanto al monumento funebre progettato da Vasari.
Oggi, gli scienziati sono interessati a trovare le cause del decesso attraverso altre analisi di paleopatologia. Dalla rivelazione della statura ci si è quindi spostati verso il quadro clinico dello stato di salute di Michelangelo; il grande pittore e scultore soffriva di saturnismo, ovvero l’intossicazione provocata dall’esposizione al piombo presente nelle tempere. La malattia più invalidante per lui era però l’artrosi cronica alle mani, che gli provocava deformità e dolore.
Parallelamente alle indagini antropometriche e patologiche, storici dell’arte e bioantropologi hanno effettuato una revisione critica su tre dipinti d’epoca, che lo ritraggono in momenti diversi della vita, concludendo che la sua arte fu condizionata dalla degenerazione della cartilagine e dalla rigidità e ingrossamento delle articolazioni.
Le alterazioni furono accelerate dal prolungato uso di scalpelli e martelli, ma non avevano una natura infiammatoria, né rigonfiamenti articolari (dove si accumula acido urico nei pazienti che soffrono di gotta). È più probabile invece che i noduli siano stati la conseguenza di un’osteoartrite grave, ciò che gli fece perdere destrezza manuale negli anni della vecchiaia.
«Sicuramente un’autopsia sulle spoglie sarà utile per confermare tutto. Inoltre vogliamo rivolgere l’attenzione anche sugli aspetti antropologici della sua vita, ovvero il modo di comportarsi in società o ciò in cui credeva. La possibilità di identificare alcuni elementi biologici di Michelangelo, come tracce di Dna dalle sue spoglie, permetterà di rivelare importanti particolari riguardanti le sue capacità intellettive» conclude Galassi. E forse alcuni misteri sul genio dell’arte saranno svelati.
