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Drive-in, il cinema rinasce in auto nelle sale all’aperto

Drive-in, il cinema rinasce in auto nelle sale all’aperto

In America stanno riaprendo in tutti gli Stati. I parcheggi anni Cinquanta con il grande schermo potrebbero essere la salvezza di Hollywood. Una tendenza che sta «contagiando» anche l’Europa. E in Italia…


Il cinema sembrava morto? Il drive-in potrebbe rappresentare la sua rinascita. Lo dimostrano una serie di avvistamenti. A Dortmund, in Germania, di fronte a una ex fabbrica che aggiunge quel tocco apocalittico ne è stato appena inaugurato uno. Nuova apertura anche a Vilnius, Lituania, dove fino a una settimana fa, probabilmente, non ne avevano mai sentito parlare. Alla lista delle nuove sale all’aperto si aggiunge quella di Seoul in Corea del Sud. Pochi giorni fa, per la prima proiezione, hanno celebrato Bong Joon-ho, primo regista sudcoreano al mondo a vincere l’Oscar per miglior film straniero (Parasite). Ma il luogo da dove tutte le mode partono (o, come in questo caso ripartono) sono gli Stati Uniti: qui, un po’ ovunque nei 50 Stati, le sale dove si entra con l’auto e una montagna di popcorn stanno riaprendo i cancelli.

Possibile che i drive-in, spesso paragonati a dinosauri anacronistici in via di estinzione, possano rappresentare la soluzione immediata a una pandemia che ha fatto sprangare, e per chissà quanto tempo, tutti i cinema del pianeta, cancellando ogni possibile alternativa allo strapotere dello streaming? Negli States sono rispuntati perfino i cartelli «for sale», in vendita, come se il drive-in fosse l’occasione per un investimento da cogliere al volo, al pari di un supermarket o di un ristorante. Quindi, chi non ha problemi di liquidità non perda tempo: ha solo l’imbarazzo della scelta. Può comprarsi, per esempio, i quattro schermi anni Cinquanta dell’Hi-Way Drive-in, 600 posti auto a Coxsackie, New York (a 975 mila dollari, trattabili), o i quattro schermi, anni Quaranta, del The Weir’s Drive-in di Laconia, mille posti auto, uno dei tre soli superstiti nello Stato del New Hampshire (a 2,5 milioni di dollari). Ma la vera occasione è il Silver Drive-in di Johnstown, Pennsylvania, del 1950: un solo schermo ad appena 699 mila dollari, compreso il risparmio per la conversione alla proiezione digitale, già effettuata.

Che il drive-in sia una cosa seria, quasi sacra, non c’è bisogno di spiegarlo a quel maniaco di Quentin Tarantino: quando ha deciso di ricreare la Los Angeles del 1969 per il film C’era una volta a… Hollywood si è trovato nei guai. Aveva deciso che il coprotagonista Brad Pitt, nei panni di Cliff Booth, stuntman del divo d’azione Rick Dalton (Leonardo DiCaprio), dovesse romanticamente vivere col suo cane in una roulotte parcheggiata dietro il più famoso drive-in dell’epoca, il Van Nuys, nella San Fernando Valley, a poche miglia dal centro di Hollywood. Piccolo problema: costruito nel 1948, per 891 automobili, col murales di un cowboy a cavallo che lo distingueva da qualunque altro, era stato demolito nel 1996, dopo 48 anni di onorato servizio, per costruire una scuola.

Che diavolo fare, dunque? Tarantino non ha badato a inventiva né a spese, affidando al maestro John Dykstra (supervisore degli effetti speciali del primo Star Wars), la costruzione di un modellino in minatura con tanto di murales e modellini d’auto. In più ha cercato un altro impianto come sua controfigura, con auto vere e Brad Pitt al volante. L’ha trovato a 35 miglia di distanza, verso sud: il Paramount, costruito un anno prima del Van Nuys ma ancora in funzione. In tutto sono stati pochi secondi di girato, ma si capisce da questo dettaglio come mai l’oscar sia stato assegnato a Barbara Ling e Nancy Haigh, le due production designer di Tarantino. E probabilmente, mascherato per non farsi riconoscere, c’era anche lui dopo il tramonto in quelle sere intorno alla Pasqua 2020, quando il Paramount ha proiettato film impossibili da vedere altrove.

Il ricorso al drive-in è una delle ipotesi più serie allo studio anche in Italia. Ci si sta pensando a Bologna, per la rassegna estiva del cinema Sotto le stelle organizzata dalla Cineteca, a Pesaro per la Mostra internazionale del Nuovo cinema. Francesco Rutelli, presidente dell’Anica, supporta con entusiasmo l’idea. Quello a metà strada fra Roma e Ostia, a Casal Palocco, sulla Cristoforo Colombo, fu inaugurato il 19 agosto 1957 con il film Nonna Sabella di Dino Risi, protagonisti Tina Pica e Peppino De Filippo. Schermo 38 metri per 16, in un’area di 60 mila metri quadri, ospitava 750 auto che pagavano 300 lire, più 500 a persona. C’era spazio anche per 250 scooter. Fu il primo di tutta Europa, lo seguirono Stoccolma, Madrid, Tolone e Copenaghen. Chi l’ha frequentato non può aver dimenticato che al bar si vendevano canonici popcorn, gelati e hot dog, ma anche italianissimi supplì. La crisi del cinema e il ritorno delle sale all’aperto ha fatto tornare in auge anche Joe Bob Briggs, 67 anni, da quasi cinquanta critico ufficiale di drive-in, inventore di un estremo metodo di recensioni dei film basato sulla lettera B: tre grandi categorie, Blood, Breast e Beast, cioè sangue, tette e bestie. Le sue recensioni e soprattutto la lista delle riaperture sono cliccatissime su Joebobbriggs.com.

In questo revival manca ancora un nome: Richard Hollingshead jr, l’inventore del drive-in. Lavorava nell’impresa di famiglia, Whiz Auto Products, ricambi automobilistici, quando nel 1933 inaugurò a Camden, New Jersey, il primo Automobile Movie Theatre. Pensava di diventare ricco col franchising del suo brevetto, in realtà pochissimi dei suoi 5 mila imitatori pagarono il dovuto. E mr. Hollingshead jr, che era un bravo ragazzo («ho inventato qualcosa che permettesse a mia madre, alta 1,80 e larga di conseguenza, di superare il disagio di doversi incastrare nella striminzita poltrona di un cinema»), tornò alla Whiz. Per molti anni dopo la sua morte la fedele segretaria Laura continuò a scrivere all’Academy perché gli assegnasse un oscar postumo. Vogliamo scommettere che appena il cinema comincerà di nuovo a produrre, qualcuno dedicherà finalmente un film al suo genio preveggente?

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