Con uno scarno comunicato da parte del ministero dei Trasporti sudcoreano, l’11 gennaio scorso si è appreso che le scatole nere del Boeing 737 di Jeju Air precipitato il 29 dicembre scorso, sia il Digital Flight Data Recorder (Dfdr, che registra eventi e parametri di volo), sia il Cockpit Voice Recorder (Dcvr, che registra le voci in cabina), avrebbero smesso di registrare circa quattro minuti prima dello schianto sulla pista di Muan. Un lasso di tempo poco comprensibile perché molto esteso e non compatibile con un evento come quello dichiarato dall’equipaggio, di aver subito un impatto contro degli uccelli, che sarebbe avvenuto due minuti dopo l’avvertimento da parte dei controllori di volo. Un’emergenza che in sé non giustifica una totale perdita di controllo dell’aeroplano né, tantomeno, quella di tutte le fonti di energia elettrica di bordo, che sono diverse, ovvero derivano dai generatori dei due motori turbofan ma anche dall’Apu (unità di potenza ausiliaria), attivabile senza problemi a quella quota, ormai bassa. Il registratore vocale (Dcvr) è stato inizialmente analizzato in Corea del Sud e, quando si è scoperto che i dati mancavano, è stato inviato a un laboratorio del National Transportation Safety Board degli Stati Uniti, che ha confermato la situazione.
La dinamica dell’evento tragico era stata questa: l’aeroplano arrivò a toccare la pista strisciando a una velocità eccessiva (dal filmato circa 190 nodi, circa 350 km/h), ed era finito oltre la soglia fino a urtare contro il terrapieno di una struttura in cemento, dove esplose. Tutti gli analisti internazionali che hanno rilasciato commenti sull’accaduto sono stati concordi con l’affermare che l’analisi dei dati di volo sarebbe stata fondamentale per scoprire le cause dell’incidente nel quale sono morte 179 persone, ma se questo oggi è stato escluso, le indagini dovranno quindi prendere in considerazione la causa dell’interruzione della registrazione dei registratori di bordo, a cominciare da come sia stata inizialmente gestita l’emergenza da parte dell’equipaggio fino al momento in cui la memoria digitale dei due apparati è stata incisa. A suffragio di una totale perdita di energia c’è la mancata configurazione dell’aeroplano, che è arrivato a toccare la pista senza aver esteso le superfici mobili flap e slat (ai bordi posteriori e anteriori dell’ala), e neppure il carrello. Sim Jai-dong, un ex investigatore di incidenti del ministero dei trasporti, ha affermato che la scoperta di dati mancanti dagli ultimi minuti di volo del Boeing 737-800 suggerisce che tutta l’alimentazione elettrica, inclusa quella di riserva dell’Apu, potrebbe essere stata interrotta, ma si tratterebbe di un evento davvero poco probabile.
Restano da analizzare altri dati, come quelli che potrebbero essere rimasti leggibili nel registratore degli eventi manutentivi (Qar) e nella memoria dei computer volo, che comprendono parametri di volo ma non registrano la sequenza dei comandi impartiti dall’equipaggio. Se almeno uno dei motori era in funzione al momento dell’atterraggio, il suo generatore avrebbe dovuto essere attivo, ma soprattutto anche se entrambi i generatori principali fossero inattivi, i registratori di bordo avrebbero comunque dovuto rimanere alimentati, almeno lo Dfdr, perché collegato al “Transfer Bus 1”, che se perde potenza significa che a cedere è stata anche la batteria, la quale dovrebbe invece garantire almeno trenta minuti d’energia. Quanto ai registratori di volo, essi devono avere batterie proprie soltanto se costruiti dopo il 2010, ma l’aereo della Jeju fu prodotto nel 2009. Ed è da chiarire se l’esemplare in questione fosse o meno aggiornato, seppure non fosse obbligatorio farlo. Resta quindi fondamentale comprendere come i piloti abbiano gestito l’inizio dell’emergenza e per poterci riuscire sarà importantissimo quanto gli investigatori riusciranno a desumere dalle due persone sopravvissute.
Quanto all’esperienza del comandante, secondo il ministero dei Trasporti sudcoreano, il capitano “Han”, ex pilota dell’aeronautica militare passato alla Jeju Air nel 2014 e promosso comandante nel marzo 2019, ha una reputazione di persona equilibrata e disciplinata che rispettava rigorosamente le normative e le procedure e non scendeva mai a compromessi quando si trattava di sicurezza. Un secondo ramo dell’indagine riguarda invece il muro contro il quale si è schiantato l’aeroplano, costruito per supportare parte dell’impianto di radioguida dell’aeroporto, ovvero le antenne del cosiddetto “localizzatore”, una delle due trasmissioni radio che consentono l’avvicinamento strumentale agli aeroporti. Ciò che ci si chiede è perché, nonostante le raccomandazioni dell’Annesso 14 dell’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile, che definisce i requisiti per la costruzione degli impianti aeroportuali, quelle antenne fossero installate su una costruzione non frangibile.