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(Ansa)
Cyber Security

Non per soldi, ma per denaro

La Rubrica - Cybersecurity Week

Strana gente gli europei. Costruiscono uno dei più rigorosi e garantisti sistemi per tutelare i dati dei cittadini, mettono in croce tutte le aziende e poi? Ci ripensano, ma senza fare tanto rumore, perché la notizia è rimasta relegata tra i professionisti di settore. Adesso vi starete domandando di cosa sto scrivendo.

Mi riferisco alla decisione della commissione europea che ha sancito l'adeguatezza delle norme di protezione dei dati personali assicurata dalle leggi statunitensi.

Chi avesse letto il mio commento su quanto accaduto al sistema scolastico di Minneapolis la settimana scorsa (questo il link), forse si starà facendo delle domande che senza dubbio meritano delle risposte. La prima immagino riguardi quale sia il tema del contendere tra due “storici alleati”. Ebbene tutto dipende da Max Schrems, avvocato e attivista austriaco, che con le sue azioni legali ha indotto la Corte di Giustizia dell’Unione Europea a invalidare i precedenti accordi tra le parti noti come Safe Harbour e Privacy Shield. L’organo giudicante europeo ha considerato che la facoltà di svolgere attività di una sorveglianza massiva e indiscriminata attribuita alle agenzie di intelligence statunitensi fosse incompatibile con quanto il diritto comunitario garantisce ai suoi cittadini. Detto questo, l’attuale amministrazione Biden, nello scorso ottobre, ha introdotto delle limitazioni per le strutture di intelligence, e su questa base la Commissione ha adottato la decisione di adeguatezza.

Non posso in queste poche righe fare la disamina sia dell’ordine esecutivo della Casa Bianca sia della scelta della Commissione, però vale la pena riportare quanto testualmente ha comunicato il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti. “Questo flusso di dati è alla base della relazione economica USA-UE da 7 trilioni di dollari e offre vantaggi vitali ai cittadini e alle imprese su entrambe le sponde dell'Atlantico, consentendo alle imprese di tutte le dimensioni di competere nei reciproci mercati”. Più prudente è stato il Dipartimento del Commercio statunitense dichiarando che “i flussi di dati transatlantici sono alla base di oltre 1 trilione di dollari di scambi e investimenti transfrontalieri all'anno…”. In entrambi i casi è chiaro che si tratta di una montagna di denaro e tanto basta. Mi limito a tre temi di discussione.

Il primo. Di tutti questi trilioni di dollari la Commissione ha valutato chi ne beneficerà in concreto? I cosiddetti Over the Top senza dubbio, e guarda caso sono tutti targati USA (Amazon, Google, Meta, Microsoft e Apple), agli altri forse qualcuno dovrebbe spiegarglielo, a meno di non limitarsi a sostenere che i servizi fornitigli a pagamento da questi cinque operatori saranno migliori.

Il secondo. Ma noi europei siamo veramente sicuri che la cultura in materia di protezione dei dati e soprattutto di tutela dei diritti degli interessati sia così sviluppata oltreoceano? Vedendo quanto accaduto a Minneapolis direi che avere qualche dubbio è ragionevole.

Il terzo. Qualcuno mi dirà che, in materia di sicurezza delle informazioni e cyber, gli Stati Uniti sono molto più avanti di noi europei. Concordo pienamente, ma la cyber security e la protezione dei dati personali spesso non coincidono. La ragione è semplice: i dati possono anche essere gli stessi, ma gli interessi da difendere sono non di rado profondamente diversi.

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Alessandro Curioni