Steve Sylvester: "Il mio Rock 'n' Roll Armaggeddon"
Musica

Steve Sylvester: "Il mio Rock 'n' Roll Armaggeddon"

Abbiamo intervistato il leader dei Death SS, la storica metal band italiana in attività da oltre quarant'anni

Hanno celebrato quarant’anni di carriera sul palco del Live di Trezzo d’Adda (MI) a settembre 2017, in occasione del Metalitalia Festival. All’Agglutination Metal Festival svoltosi a Chiaromonte (PZ) il 19 agosto 2018 il loro show è stato accusato di essere blasfemo….

Non è un novità, i Death SS da sempre sono nel mirino, d’altronde sono una band metal italiana, una delle prime con un'iconografia forte e caratterizzante. Nel panorama metal italiano sono un punto di riferimento, dei capostipiti del genere, per cui, fa parte della loro routine quotidiana essere al centro di piccoli scandali locali che puntualmente si sgonfiano per lasciare solo spazio alla loro musica. Ed è di quella che ci importa. Abbiamo raggiunto telefonicamente il leader e mente dei Death SS, Steve Sylvester per parlare dell’ultima fatica discografica, Rock ’N’ Roll Armageddon.

Sono passati cinque anni dalla pubblicazione del vostro ultimo album Resurrection, come mai è trascorso un periodo così lungo?

Non abbiamo vincoli contrattuali che ci obbligano a far uscire un nuovo disco in un determinato periodo. Per cui solo quando ho materiale che ritengo valido e che penso possa soddisfare i nostri fan allora pubblico, non abbiamo una scadenza vera e propria.

Qual è l’idea di fondo che sta alla base di Rock ’N’ Roll Armageddon?

Questo disco nasce in un periodo storico un po’ travagliato, pur non facendo politica, non aderendo a nessuna religione, né a qualche particolare filosofia, non possiamo non accorgerci che stiamo vivendo un momento storico davvero problematico. L’armageddon a cui ci riferiamo è la paura di una ventilata terza guerra mondiale, il dilagare di episodi di razzismo, xenofobia; una crisi politica e una crisi di valori… È questo il mood che ha permeato questo lavoro. Non è un concept, ogni canzone è a se stante, ma il trait d’union è questo sentore di apocalisse…

Dopo quarant’anni di carriera potete affermare di aver visto tutta l’epopea del metal, che sembra non tramontare mai. Ci sono generi che nascono e muoiono, invece il metal sembra essere una costante, condividi questa opinione?

Sì assolutamente, ho notato che questa coesione che ha la musica rock non è mai tramontata dagli anni Sessanta fino ad oggi. Ci sono ragazzi che hanno idee politiche diametralmente opposte eppure li vedi assieme sotto al palco nello stesso concerto. Io poi l’ho vissuta in prima persona perché dopo anni e anni di attività ho conosciuto diverse generazioni di fan, ho visto padri che hanno trasmesso ai propri figli l’amore per il rock, e l’ho riscontrato solo in questo ambiente. È qualcosa che va al di là delle divergenze, anzi, è qualcosa che unisce. La musica rock è sempre stata un collante, un messaggio positivo che può aiutare la crisi del mondo.

Esatto, è anche un movimento che unisce in maniera trasversale e che va a toccare tutti i paesi. Basti pensare alla scena metal che c’è in Medio Oriente…

È un linguaggio universale che non conosce barriere. Questo è un momento di grande confusione politica, sociale, economica, gli unici valori che vedo accomunano ancora un po’ tutti sono nella musica rock, ed è questo il senso di Rock ’N’ Roll Armageddon, una forza positiva nel rock contro l’Armageddon, la fine del mondo.

Qualche anno fa è uscita una tua biografia scritta con Gianni della Cioppa che ripercorre il percorso che ti ha portato a fondare i Death SS

Il Negromante del Rock è il titolo, è un libro che ha avuto un buon successo e racconta la genesi della band. Volevo che non fosse una sterile biografia, ma la storia di un ragazzino che a tredici anni aveva degli interessi un po’ fuori dagli schemi nell’Italia di fine anni Settanta. È una storia che può interessare anche chi non è fan della band. Fondare i Death SS non è stata una folgorazione, è stato un percorso lento, nell’ingenuità di un adolescente quale ero il mio obiettivo era quello di unire tutti i miei interessi in un’unica cosa, per vedere cosa sarebbe successo. La musica era soltanto una conseguenza. Eravamo una compagnia di ragazzi un po’ più strani degli altri e abbiamo iniziato così, quasi per gioco.

Oltre alla cultura dei film horror e dei fumetti che sono pietre miliari dell’universo Death SS, quanto è importante per voi il mondo del teatro visto che i vostri concerti sono veri e propri spettacoli?

È un mondo importantissimo perché non ci siamo mai limitati solo a suonare le nostre canzoni, ma a renderle il più multimediale possibile. Ogni canzone è accompagnata da un collage di immagini prese da cult movie della mia collezione privata, perché sono un collezionista di film horror di ogni genere, e immagini tratte dal mondo dell’occultismo e dell’esoterismo. E poi sul palco lo spettacolo si arricchisce con la presenza di performer, il tutto per dare una veste teatrale allo show. C’è il Grand Guignol, ma c’è anchemmolta autoironia, non lanciamo nessun proclama, semplicemente mettiamo in scena quello di cui parlano le canzoni. È un po’ come vedere e sentire un film dell’orrore, anche con un certo distacco perché principalmente l’obiettivo è l’intrattenimento.

Che opinione hai dei talent show come X Factor o The Voice nell’ultimo periodo ha fatto breccia anche il metal (in The Voice of Italy c'è Cristina Scabbia dei Lacuna Coil)...

Non sono la persona più indicata per rispondere a questo tipo di domanda per il semplice fatto che non guardo mai la televisione proprio per scelta. Non ho mai guardato nessuno di questi talent show. Ne sono a conoscenza perché non vivo chiaramente sulla luna! Ma non posso farmene un’idea precisa. Personalmente non mi interessano, però io sono un po’ all’antica e preferisco le band che si fanno le ossa sulla strada con i concerti. Ma se questo fenomeno serve a sdoganare il metal e farlo arrivare di più al pubblico ben venga! Se invece è soltanto business allora sinceramente non fa per me.

Essendo state sdoganate tante cose in questo periodo storico, perché secondo te ci sono posti anche nel nostro paese dove l’heavy metal fa ancora “paura”?

Il rock ha sempre fatto paura, è sempre stato un fenomeno di rottura, il fatto che nel 2018 faccia ancora paura è da interpretare come un segno vitale. Se il rock non facesse più paura a nessuno allora sarebbe diventato banale. Da un altro lato però mi chiedo come possa esistere ancora tanta ignoranza, persone che vogliono imporre le loro convinzioni e le loro idee agli altri. Come se volessero condurre ancora una crociata contro il rock come negli anni Ottanta, quando esisteva il PMRC (Parents Music Resource Center). Puntualmente ritorna…

I più letti

avatar-icon

Michela Vecchia